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Le elezioni italiane del 1958


LE ELEZIONI DEL 1958, LA NASCITA DEI DOROTEI, IL GOVERNO TAMBRONI, IL LUGLIO 1960. Le elezioni del 1958 testimoniarono la fondamentale stabilità dell'elettorato italiano, con leggerissimi aumenti delle percentuali della DC, del PSI e, in misura minore, del PCI e descrescite percentuali dell'MSI e del partito monarchico.
Eppure le cose all'interno della DC non andavano per niente lisce. Amintore Fanfani dopo la tornata elettorale del 1958 era diventato il padrone assoluto d'Italia e del partito, essendo non solo Presidente del Consiglio ma anche ministro degli Esteri e segretario nazionale del partito. Una concentrazione di poteri ampiamente mal tollerata dai suoi stessi accoliti. La goccia che fece traboccare il vaso fu la sua proposta di apertura a sinistra del governo: un'alleanza governativa con il PSI – diceva Fanfani – avrebbe permesso non solo di aprire la strada a riforme sociali, economiche e di intervento maggiormente condivise dal popolo ma avrebbe anche isolato di misura il PCI; un'alleanza, beninteso, capeggiata e pilotata da Fanfani stesso.
La prospettiva di una apertura a sinistra e di un ulteriore aumento del potere fanfaniano preoccupò non poco l'ala più conservatrice del partito, guidata da Mario Scelba; Azione Cattolica e Vaticano, del resto, esprimevano la medesima preoccupazione. Nel 1959 si aprì la sfiducia al governo Fanfani, a cui seguirono le sue dimissioni da segretario del partito.
Nel contempo un gruppo di leader DC interni al movimento fanfaniano di Iniziativa Democratica, ormai in rotta con lui, si riunirono nel Convento di Santa Dorotea fondando una nuova corrente di partito: i dorotei. I leader del movimento erano Mariano Rumor, Carlo Russo, Emilio Colombo e Paolo Emilio Taviani. I dorotei mostrarono da subito la loro forza, durante il VII congresso nazionale DC a Firenze, quando, dopo una infinità di lotte e scontri – anche fisici – riuscirono a fare eleggere come nuovo segretario del partito un giovane quarantenne, professore di diritto, barese e fervente cattolico: Aldo Moro. Una decisione appoggiata a destra da Andreotti e Scelba. Aldo Moro aveva alle spalle una rapidissima carriera: deputato a trent'anni, sottosegretario agli Esteri a trentadue, presidente del gruppo DC alla Camera a trentasette. Uomo dotato intellettualmente, era un impareggiabile mediatore anche se si dimostrerà più in là eccessivamente meticoloso e incapace di decisioni rapide.
La segreteria Moro non mollò l'idea fanfaniana di apertura a sinistra ma giudicò i tempi non maturi, erroneamente. Proprio quando il Financial Times conferiva all'Italia l'oscar della valuta, essendo la lira la moneta più stabile del 1959, un grande processo di riforme condivise a sinistra sarebbe stato possibile e auspicabile, ma la DC non ne approfittò, impantanandosi nell'attendismo.

Tratto da STORIA CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
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