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Jean Renoir e Orson Welles


Renoir e Orson Welles sono considerati i registi che aprono le porte al cinema moderno.

Jean Renoir nasce a Parigi nel 1894 dal grande pittore tardo impressionista Pierre-Auguste Renoir. La sua attività da regista comincia con adattamenti cinematografici di opere letterarie e si protrae dagli anni '20 fino alla fine degli anni '60, lavorando in Francia ma anche negli Stati Uniti e in India.
Egli riesce a rimanere indipendente dalle case produttrici sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista ideologico, decidendo lui in gran parte delle occasioni quali film dirigere, dove e come farlo.
Nei suoi film è evidente la sua apertura alle influenze esterne: Renoir si faceva permeare da tutto ciò che lo circondava ma soprattutto dal rapporto con i suoi collaboratori e attori, ai quali chiedeva di partecipare attivamente alla lavorazione del film. I film assumevano così la connotazione di “happening” cioè di film in continua elaborazione.
Soprattutto negli anni '20 e '30 Renoir è attento agli aspetti che riguardano la vita sociale, mentre negli anni'50 predomina uno stile più filosofico.
Egli è strettamente legato al realismo poetico francese, tendenza che si diffonde in Francia tra gli anni '30 e '40, anni in cui vengono realizzati film con una forte connotazione realistica soprattutto nella definizione degli ambienti sociali.
Ne derivano film caratterizzati da personaggi umili, emarginati, di classi sociali economicamente sfavorite, figli delle periferie cittadine, che riescono a riscattarsi compiendo atti a loro modo eroici o attraverso un legame sentimentale.

Nel 1939, Renoir dirige “La regola del gioco”, che esce alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale.
A causa della censura e delle limitazioni poste a causa della guerra, il film non riesce ad avere la stessa distribuzione degli altri e la prima proiezione si rivela un disastro. La reazione violenta del pubblico spinge il regista a modificare il montaggio e l'andamento di alcune vicende.  Per la sua lavorazione “La regola del gioco” dispone di un budget imponente per l'epoca, ma fu comunque travagliata anche a causa di problemi derivanti dal maltempo.
La versione definitiva esce nel 1959 in occasione della Biennale di Venezia, ottenendo un grande successo.
Il film non ha protagonisti, ma è a tutti gli effetti un film corale: i personaggi non sono caratterizzati da un sistema valoriale ben definito e nessuno è connotato in maniera esclusivamente positiva o negativa; tutti risultano simpatici e tutti sembrano avere buone ragioni che giustificano il loro comportamento.

Pur non potendo individuare dei protagonisti all'interno del film, si possono però individuare tre blocchi di personaggi:
• I padroni, cioè la classe sociale dominante
• I domestici
• Tre personaggi non riconducibili a nessuno dei gruppi precedenti, quindi l'aviatore, l'amico dell'aviatore e il bracconiere.
Tutti i personaggi sono caratterizzati dall'essere coinvolti in una serie infinita di relazioni di natura sessuale/amorosa e tutti indossano una maschera, non facendo mai ciò che avevano detto.
Quest'ipocrisia di fondo nella quale i personaggi sembrano immersi rappresenta lo stato di decomposizione a cui stava andando incontro la società mondiale alla viglia della Seconda Guerra Mondiale.
Emergono quindi due temi cardine, cioè la guerra e la morte, di cui all'interno del film non mancano i riferimenti.
Per quanto riguarda l'aspetto tecnico, la prima parte del film si caratterizza per la presenza di segni di interpunzione classici, come la dissolvenza in chiusura e apertura, mentre dalla parte centrale questi verranno abbandonati in favore di una sensazione di continuità tra le inquadrature.
Frequente è anche la profondità di campo, quindi quell'inquadratura in cui tutto ciò che sta davanti alla macchina da presa è a fuoco.
Spesso i movimenti della macchina da presa sono molto frenetici allo scopo di simboleggiare la mutevolezza delle relazioni.
Le scene in questione sono caratterizzate da giochi di luci e dal dialogo tra campo e fuori campo.

Orson Welles nasce nel 1915, vive un'infanzia da bambino prodigio, appassionandosi alla letteratura e viaggiando.
Prima di esordire nel cinema, lavora prima in radio e poi in teatro.
Come cronista radiofonico, nella notte di Halloween del 1939, decide di curare l'adattamento radiofonico dell'opera “La guerra dei mondi” di H.G. Welles, la quale risulta così avvincente e realistica da convincere gli ascoltatori che fosse una telecronaca dell'invasione degli Stati Uniti da parte degli alieni. Come commediografo cura invece molti adattamenti delle opere di Shakespeare, come “Otello” e “Macbeth”.

Nel 1941 esordisce nel lungometraggio con “Quarto potere”, l'unico film del cinema classico per la cui lavorazione si è lasciata la completa libertà al regista.
“Quarto potere” è considerato un film totale, cioè un film per cui è possibile procedere attraverso una lettura storica, sociale ma anche psicologica, ma Truffaut l'ha definito anche film radiofonico, in quanto ogni scena è pensata in funzione di un'idea legata alla colonna sonora.
La vicenda raccontata ruota intorno alla morte del cittadino Kane, un magnate della stampa, di cui un cinegiornale vuole raccontare la vita.
In particolare, assegna a un suo giornalista il compito di scoprire il significato di “rosabella”, parola che Kane pronuncia poco prima di morire.
Il giornalista inizierà quindi un'inchiesta, raccogliendo le testimonianze di coloro che conoscevano Kane, tra i quali la sua seconda moglie.
Il film è quindi interamente basato su un flashback: mentre nel cinema classico il flashback, che comunque costituisce una rarità, ha la funzione di chiarire i fatti, in “Quarto potere” in realtà non chiarisce né il significato di “rosabella” né l'esistenza di Kane, ma sembra più che altro riflettere sull'impossibilità di capire il senso ultimo dell'esistenza.
Alla fine del film lo spettatore scopre che “rosabella” è il nome della slitta che Kane possedeva da bambino prima di essere dato in affidamento al tutore, mentre i personaggi del film non lo sapranno mai.

Caratteristica principale di “Quarto potere” è il suo legame con tendenze cinematografiche quali l' espressionismo, il cinema horror, il cinema di attualità ma anche il cinema di fantascienza.
L'espressionismo e l'horror sono presenti in particolare nella sequenza iniziale, quando ci viene presentata la dimora di Kane, prima l'esterno poi l'interno, ricca di elementi gotici e misteriosi.
L'attualità domina invece l'inchiesta del giornalista che raccoglie le testimonianze per giungere al significato di “rosabella”.
Sono frequenti nel film piani sequenza accompagnati dalla profondità di campo, scelta che conferisce grande realismo alle scene proposte, come se lo spettatore guardasse il film come guarda una scena nella vita reale.
Particolare è la scelta di Welles di trasgredire alla convenzione hollywoodiana che stabilisce che nei film non debbano mai essere mostrati i soffitti, cioè i punti dove solitamente stavano i proiettori.
Interessante l'uso di obiettivi grandangolari che danno l'effetto di distorsione delle immagini e il ricorso ad effetti sonori come l'eco.

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