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Registi anni '80. Amelio, Tornatore e Salvatores


A partire dagli anni ottanta arriva una sorta di attesa messianica a cui in controparte di oppone il crescente disinteresse per il cinema italiano. Si assiste all’esordio registico di Zavattini con la veritààà girato con spirito ed emozione da esordiente per la tv.
Gianni Amelio sarà la grande figura esordiente che si concentrerà sul rapporto familiare tra padri e figli, fratelli di età diverse. Il suo primo film destinato al cinema è scritto con Cerami è Colpire al cuore 1983 è una delle prime opere che affrontano il tema del terrorismo e la comunicazione difficile tra padre e figlio è scritto con Cerami. Il film con cui i registra la maggior ascesa del suo successo è Ladro di bambini 1992 storia di un carabiniere che deve condurre due fratelli in un orfanotrofio del sud; amaro viaggio lungo in Italia degradata. Giuseppe Bertolucci sarà la scrittore che stringerà un sodalizio con Benigni e consentirà più di tutti di esaltare le sue doti attoriali, il suo primo film con Benign è il suo esordio ed il risultato è ottimo Berlinguer Ti voglio bene 1977.
L’esordio di Giuseppe Tornatore richiama  non subito il consenso e l’attenzione della critica. Esordisce nel 1986 con Il camorrista mostrando da subito la sua formazione attenta sui vari livelli di lavorazione del prodotti finale. Con l’uscita di Nuovo Cinema Paradiso non riscuote grandi successi, finchè grazie ad un ampio taglio voluto dal produttore il film si alleggerisce e conduce il registi ad ottenere l’oscar. Con Stanno tutti bene 1989 un padre di famiglia percorre l’Italia per vedere i cinque figli che vivono in  cinque luoghi diversi dell’Italia proponendo la rivisitazione dei grandi luoghi del dopoguerra, da notare che la sceneggiatura di questo film è scritta da Tonino Guerra. Si confronterà con il grande cinema internazione con Una pura formalità (1993) grazie anche alle interpretazioni eccezionali di Gerard Depardied e Roman Polanski, e nuovamente con La leggenda del pianista sull’oceano e Malena.
Francesca Archibugi L’albero delle pere, Verso sera, Il grande cocomero, annulla la presenza registica e riesce ad assumere in modo naturale il punto di vista dei protagonisti alla ricerca della propria identità incerta.
Gabriele Salvatores si concentra sulla rappresentazioni delle illusioni e della cancellazione delle speranze. Racconta bene storie di gruppo riferendosi ai legami di amicizia e alle delusioni che ne derivano. Mediterraneo ottiene l’oscar per la sua capacità di mantenere i legami con la tradizione del dopoguerra mescolando epopea e comicità. Con Nirvana, Denti e Amnesia si avvicina al cinema americano, trascinandoci nei territori del fantastico.
Daniele Lucchetti  mostra di saper raccontare in modo nuovo e originale la difficoltà dei giovani di maturare; ma il maggiore successo lo otterrà con Il portaborse 1990 che mostrerà i sotterfugi della corruzione politica dilagante.

Tratto da STORIA DEL CINEMA ITALIANO di Asia Marta Muci
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