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La sostanza individuale

È difficile distinguere le azioni di Dio da quelle delle creature, ma poiché le azioni appartengono alle sostanze individuali, Leibniz spiega cosa si debba intendere per sostanza individuale: «quando si attribuiscono più predicati a uno stesso soggetto, e questo non viene attribuito più a nessun altro, il soggetto si chiama sostanza individuale». In altre parole, la sostanza individuale è l’elemento ultimo, lo hypokeimenon, il soggetto rispetto al quale si può predicare qualcosa, ma che non può essere predicato di altro. Ma la natura di una sostanza individuale è di avere una nozione talmente perfetta che basta conoscere questa nozione per dedurre da essa tutti i predicati che sono attribuibili alla sostanza individuale in quanto soggetto. Tuttavia esistono predicati che sembrano non essere contenuti nel soggetto. Ad esempio, è implicito nella definizione di “triangolo” che “la somma degli angoli interni è 180°”: analizzando semplicemente il soggetto “triangolo”, ne ricavo il predicato appena enunciato; inoltre è lo stesso predicato a rimandarmi al soggetto, per cui non appena penso a quella figura che ha “la somma degli angoli interni uguale a 180°”, penso al “triangolo”. Ma se prendo in considerazione il soggetto “Alessandro Magno”, posso sicuramente ricavare da esso il predicato “re”, se sono a conoscenza delle vicende di Alessandro Magno, ma il predicato “re” è un po’ troppo generico per condurre il mio pensiero automaticamente al soggetto “Alessandro Magno”. Tale predicato è un po’ troppo generico per risolvere l’individualità di questo soggetto. Come risponde Leibniz a questo problema?
Innanzitutto distinguendo le “proposizioni identiche” dalle “proposizioni non-identiche”. Una proposizione identica è una proposizione del primo tipo: “Il triangolo ha la somma degli angoli interni di 180°” è una proposizione identica perché il predicato è inerente al soggetto per identità certa e necessaria. Le proposizioni identiche, infatti, esprimono verità matematiche, ossia verità eternamente valide in qualunque degli infiniti mondi possibili; esse sono proposizioni apodittiche il cui contrario implica contraddizione. Una proposizione non-identica è una proposizione del secondo tipo: “Alessandro Magno è un re” è una proposizione non-identica in quanto il predicato è solo virtualmente contenuto nel soggetto perché è certo, ma non necessario. Il predicato, in questo caso, è un “accidente” riferibile al soggetto solo nel mondo che, tra gli infiniti mondi possibili, Dio ha deciso di portare all’esistenza. Tale accidente è certo perché in questo mondo Alessandro Magno è stato un re, ma non è necessario, perché, negli infiniti mondi possibili non realizzati, non è detto che di Alessandro Magno sia lecito predicare l’essere re.
Dio conosce le sostanze individuali a priori, a differenza dell’uomo che può conoscerle solo a posteriori: «Dio, vedendo la nozione individuale […] di Alessandro, vi vede al tempo stesso il fondamento e la ragione di tutti i predicati che gli si possono attribuire con verità (ad esempio, che vincerà Dario a Poro): al punto da conoscervi a priori (e non per esperienza) se è morto di morte naturale o di veleno, cosa che noi possiamo sapere solo dalla storia. Inoltre, quando si consideri bene la connessione delle cose, si può dire che in ogni tempo si trovano nell’anima di Alessandro i resti di tutto ciò che gli è accaduto, e i segni di tutto ciò che gli accadrà, e perfino tracce di tutto ciò che avviene nell’universo: sebbene Dio solo sia in grado di riconoscerle tutte».

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