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Ragioni dell'attuazione del Trattato teologico-politico di Spinoza

In una lettera Spinoza annunciava all’amico Oldenburg le ragioni che lo spingevano all’attuazione del progetto:


1. I pregiudizi dei teologi;
2. L’opinione che ha di me la gente, che non cessa di accusarmi di ateismo;
3. La libertà di filosofare e di esprimere ciò che si pensa, libertà che io sento il desiderio profondo di affermare e difendere in ogni modo e che è qui ostacolata dall’autorità e dall’insolenza dei predicatori.


Prefazione del Trattato teologico-politico


Se gli uomini fossero in grado di governare secondo un preciso disegno tutte le circostanze della loro vita, o se la fortuna fosse loro sempre favorevole, essi non sarebbero schiavi della superstizione. Se poi con grande loro stupore assistono ad un fatto insolito, credono che si tratti di un prodigio che sta a manifestare l’ira degli dei e, schiavi della superstizione ed ostili alla vera religiosità come sono, ritengono empietà il non cercare di placarla con sacrifici e con voti. E così s’immaginano un’infinità di cose e danno strane interpretazioni dei fatti naturali come se la natura nella sua totalità fosse pazza come loro. Essi scambiano per divini responsi i deliri dell’immaginazione, i sogni e puerili inezie di tal genere. È dunque il timore la causa che genera, mantiene ed alimenta la superstizione. 
Gli uomini si trovano avvolti nella superstizione soprattutto nei momenti di paura; gli indovini trionfarono soprattutto tra il popolino nei momenti di massima difficoltà per lo Stato. Tutti gli uomini sono per natura soggetti alla superstizione. Questa è sostenuta esclusivamente dalla speranza, dall’odio, dall’ira e dall’inganno, dato che essa trae la sua origine non dalla ragione, ma dalla sola sensibilità. Tuttavia nessun  mezzo è più efficace della superstizione al governo della moltitudine. Ma è completamente in contrasto con la pubblica libertà soffocare coi pregiudizi il libero giudizio del singolo. La libertà se concessa, non pregiudica il sentimento religioso e la pace civile, ma anzi, se soppressa, provoca con la propria rovina la rovina della pace civile e del sentimento religioso stesso. 
Questa è la tesi principale che mi sono proposto di dimostrare in questo trattato.
Dell’antica religione non è rimasto che il culto esteriore e la fede si è ridotta ormai a credulità e pregiudizi. E che pregiudizi! Essi rendono gli uomini bruti, da esseri razionali quali erano, impedendo completamente all’individuo il libero uso del proprio giudizio e la distinzione del vero dal falso. Proprio coloro che dispregiano la ragione, godono a fama, ingiusta quant’altra mai, di possedere l’illuminazione divina. 
Il lume naturale è tenuto in dispregio e anzi da molti persino condannato come fonte di empietà, le suggestioni umane son ritenute insegnamenti divini e la credulità è presa per fede. Ho fermamente deciso di sottoporre la Scrittura ad un nuovo esame e di non accettare come suo insegnamento nulla di cui non potessi avere dal testo una prova più che evidente. 
Ho voluto indagare se la religione universale si diversifichi da quella insegnata a sua volta dal lume naturale. In realtà negli insegnamenti chiaramente espressi dalla Scrittura non ho trovato nulla che non fosse in accordo con l’intelletto e nulla che con esso fosse in contrasto. La scrittura lascia assolutamente libera la ragione e non ha nulla in comune con la filosofia, appoggiandosi tanto l’una quanto l’alta su propri fondamenti. A ciascuno si deve lasciare la libertà di interpretare i principi fondamentali della fede secondo le tendenze della propria personalità. 
La libertà non si può sopprimere senza grande pericolo per la pace e senza danno per l’intera comunità. Si conceda ad ognuno la libertà di pensiero e la libertà di espressione. A quelli che non sono filosofi non raccomando nemmeno questo trattato, non nutrendo speranza alcuna che esso sarà loro in qualche modo gradi.

Tratto da TRATTATO TEOLOGICO-POLITICO DI SPINOZA di Valentina Ducceschi
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