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Competitività e diritti: nuove forme del lavoro e rappresentanza sindacale in un call-center

Non occorre essere addetti ai lavori per poter constatare che, negli ultimi venti anni almeno, tutto è cambiato attorno al sindacato.
Il suo mondo è altro, il lavoro ha tutt’altra definizione, soprattutto in realtà come l’Italia, lo scenario politico è diverso, anche se forse quest’ultimo lo è meno di altre cose, ma soprattutto le persone, i lavoratori sono altro da allora.
Siamo più istruiti, abbiamo soddisfatto, almeno i più, i bisogni primari, le nostre famiglie sono meno numerose, vi entrano più redditi, ci sono i nonni in veste di protagonisti attivi, ma poi ci sono gli “stranieri”, questa “entità” a volte tanto materiale, altre volte nascosta, quasi il colore della pelle della maggior parte di loro li agevoli nel mimetismo sociale, poi ci sono le donne, di più ma sempre, come sempre, discriminate, sottopagate, con la costanza di una difficile convivenza tra lavoro e famiglia, sì, proprio così, proprio come sempre, poi ci sono i giovani………..
Già i giovani, non meno di una volta soltanto perché si è “allargato” il confine dell’aggettivo, oggi siamo giovani almeno fino a quarant’anni, per poi virare rapidamente nel limbo, nella terra di nessuno dei non più giovani ma non ancora pensionandi, già, i giovani ci sono ancora, e loro lo sanno di esserci !
Anche il legislatore si è accorto di loro e, non gli sembrava vero, si è “scatenato” aprendo per loro le porte del nuovo mondo del lavoro, un mondo come loro, giovane, irrequieto, privo di certezze ma pieno di potenziali nuove e diverse esperienze, attenzione, senza dimenticare che oggi non si può pensare di stare, in questo nuovo mondo del lavoro, senza conoscere l’inglese, ed allora pronto lo staff-leasing, lo job-sharing, lo job on-call, l’attività nei call-center, ma senza dimenticare gli studi classici, quindi pronti al tuffo nel Devoto-Olli per il lavoro interinale, gli associati in partecipazione e………Wow, cosa c’è di più moderno, di più evocativo, di più coinvolgente del lavoro a progetto ?
Che vita dura ragazzi !
Quindi ?
Quindi ci dobbiamo adeguare, dobbiamo mettere da parte le burle e guardare in faccia, meglio, nel profondo degli occhi, questo nuovo mostro.
E’ lo scopo di questo lavoro: una agile guida al lavoro del terzo millennio, in Italia, ma sapendo che siamo stati buoni ultimi nel percorrere certe strade rispetto agli altri G8, e, salto mortale, il tentativo di capire come il sindacato si stia rapportando a questo mondo nuovo. Approccio pragmatico, quindi dalle parole ai fatti, e passiamo a “sezionare” la realtà paradigmatica per eccellenza di queste novità: i call-center.
Non ci mancherà al fondo materiale interessante per tirare le fila, e certo non sarà un finale scontato, ma non abbiate fretta, non andate subito a leggere l’ultima pagina, come ogni giallo che si rispetti tutti ne devono rispettare i tempi, sia chi lo scrive che chi lo legge, dunque buona lettura !


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3 Introduzione Le crisi economiche succedutesi a partire dagli anni ’80 che hanno coinvolto soprattutto le cosiddette “società mature” hanno avuto pesanti ripercussioni sul mondo del lavoro, sia direttamente, accentuando le spinte alla destrutturazione del rapporto di lavoro, alla ricerca di maggiori spazi di flessibilità sia in ingresso che in uscita dalle aziende, sia indirettamente, con la riduzione, a volte davvero drastica, dei sistemi di welfare di ogni Paese. Il contesto europeo ha vissuto in pieno questi passaggi, accentuati dalle scelte che verso la fine del secolo hanno contraddistinto la Comunità Europea, la quale nel suo percorso di integrazione ha puntato con particolare forza alla moneta unica ed alla stabilità delle politiche di bilancio ed antinflazionistiche, ponendo in secondo piano le problematiche sociali e del mondo del lavoro; la sola Agenda di Lisbona 1 , per quanto di essa oggi sopravviva, ha fornito indicazioni su queste tematiche, peraltro tanto poco seguite, appunto per precise scelte politiche, da poterle considerare superate dai fatti. In questo scenario il percorso del nostro Paese è stato particolarmente travagliato, partendo da situazioni di grosso ritardo rispetto agli altri partner europei, ma riuscendo a centrare il difficile obiettivo dell’adesione alla moneta unica, l’Euro. Anche in Italia il prezzo è stato pagato con un deciso ridimensionamento del welfare, attuato principalmente con interventi sulle pensioni (succedutisi dal 1992 ad oggi) 2 , e con il tentativo del rilancio delle attività economiche attraverso il contenimento dei costi per le imprese, soprattutto con politiche concertative tra gli attori sociali (vedi accordo luglio 1993) 3 , e con la creazione di maggiori spazi di flessibilità nella gestione del rapporto di lavoro 4 . 1) Agenda di Lisbona: 24/03/2000 2) La Legge 8/8/1995 n° 335 in particolare, in attuazione della delega del 1992, ha riformato sia i criteri per accedere alla pensione che il sistema di calcolo del relativo assegno: si è passati dal sistema a ripartizione – solidaristico con calcolo retributivo, ad un sistema ancora a ripartizone e calcolo contributivo, retributivo o misto (quest’ultimo previsto per un periodo transitorio). Gli interventi successivi, fino al cosiddetto “Decreto Maroni” del 2005 ne stanno completando il percorso. 3) Accordo Interconfederale Governo – Parti sociali del 23 luglio 1993 titolato: Protocollo sulla politica dei redditi e dell’occupazione, sugli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno al sistema produttivo. 4) Si intende il percorso che , partendo dalla Legge 863/84 che introdusse i Contratti di Formazione e Lavoro, ha visto quali tappe fondamentali, in periodi a noi più prossimi, il cosiddetto “pacchetto Treu” , Legge 24/6/1997 n° 1996, il libro bianco del Prof. Marco Biagi dell’ottobre 2001, fino alla Legge 30/2003.

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Informazioni tesi

  Autore: Stefano Sala
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2004-05
  Università: Università degli Studi di Milano
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze Politiche
  Relatore: Gabriele Ballarino
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 130

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