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Consumatori e grande distribuzione di fronte alla crisi ambientale

Il piacere sottile ed infantile che proviamo nell’acquistare e nel consumare beni e prodotti si sta trasformando in un incubo. I disastri ambientali, i divari abissali di tenore di vita provocati dall’accaparramento delle risorse mondiali da parte dei paesi avanzati, le guerre indotte da freddi calcoli economici sono la causa scatenante di un progressivo e diffuso sentimento di malessere, senso di colpa e impotenza individuale di fronte alla dimensione e alla complessità dei fenomeni che l’umanità ha innescato senza riflettere sulle conseguenze.
Sempre più voci autorevoli affermano che stiamo arrivando al punto di non ritorno: le risorse si stanno esaurendo, l’uomo sta pregiudicando il suo ambiente vitale.
Se il sistema economico e politico mondiale non inverte rotta frenando per tempo la sua enorme inerzia, se non si ridefiniscono concetti di sviluppo e civiltà, se non si riduce drasticamente l’impatto delle attività umane sull’ambiente, il prossimo futuro del mondo rischierà di corrispondere ai lugubri scenari descritti dai visionari della fantascienza.
Dai Movimenti per la difesa dell’ambiente ai partiti Verdi di tutto il mondo viene diffusa l’idea che sia il sistema capitalistico del Laissez faire ad essere colpevole del degrado ambientale. In questa tesi si cercherà di motivare questa valutazione, fornendo un prospetto utile a sottolineare come lo sviluppo economico presente sia oramai insostenibile.
Una frase di Gandhi, formulata nel 1928, ha anticipato il dramma che sta segnando il nostro secolo:

«Dio proibisca che l’India reclami un’industrializzazione secondo il modello Occidentale. L’imperialismo di una sola minuscola isola oggi tiene in catene il mondo. Se un’intera Nazione di trecento milioni di abitanti ambisse a un simile sfruttamento, il mondo sarebbe divorato come da un flagello di cavallette». [Gallino, 2005, 255]

Questa constatazione oggigiorno è cresciuta di importanza: i limiti biofisici della terra sono sempre più evidenti, e in questo contesto di un pianeta limitato sarà facile vedere sorgere nuovi conflitti: al diminuire dei tesori della natura corrisponderà una crescente avidità da parte delle grandi potenze mondiali nello spartirsi le risorse più importanti.
In una situazione del genere aumenterà la rivalità e di conseguenza l’ingiustizia sociale, con un conseguente decadimento della qualità della vita: i potenti incrementeranno la loro tendenza nel prendersi tutto quello che possono mentre ai deboli resteranno solo le briciole.
L’ambizione è dunque quella di fare vedere il “rovescio della medaglia” di un modello economico che ha nel raggiungimento della Bottom line (il fine ultimo, ossia l’aumento del profitto) il suo unico obiettivo.

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Consumatori e Grande Distribuzione di fronte alla crisi ambientale Andrea Petito 3 INTRODUZIONE Il piacere sottile ed infantile che proviamo nell’acquistare e nel consumare beni e prodotti si sta trasformando in un incubo. I disastri ambientali, i divari abissali di tenore di vita provocati dall’accaparramento delle risorse mondiali da parte dei paesi avanzati, le guerre indotte da freddi calcoli economici sono la causa scatenante di un progressivo e diffuso sentimento di malessere, senso di colpa e impotenza individuale di fronte alla dimensione e alla complessità dei fenomeni che l’umanità ha innescato senza riflettere sulle conseguenze. Sempre più voci autorevoli affermano che stiamo arrivando al punto di non ritorno: le risorse si stanno esaurendo, l’uomo sta pregiudicando il suo ambiente vitale. Se il sistema economico e politico mondiale non inverte rotta frenando per tempo la sua enorme inerzia, se non si ridefiniscono concetti di sviluppo e civiltà, se non si riduce drasticamente l’impatto delle attività umane sull’ambiente, il prossimo futuro del mondo rischierà di corrispondere ai lugubri scenari descritti dai visionari della fantascienza. Dai Movimenti per la difesa dell’ambiente ai partiti Verdi di tutto il mondo viene diffusa l’idea che sia il sistema capitalistico del Laissez faire ad essere colpevole del degrado ambientale. In questa tesi si cercherà di motivare questa valutazione, fornendo un prospetto utile a sottolineare come lo sviluppo economico presente sia oramai insostenibile. Una frase di Gandhi, formulata nel 1928, ha anticipato il dramma che sta segnando il nostro secolo: «Dio proibisca che l’India reclami un’industrializzazione secondo il modello Occidentale. L’imperialismo di una sola minuscola isola oggi tiene in catene il mondo. Se un’intera Nazione di trecento milioni di abitanti ambisse a un simile sfruttamento, il mondo sarebbe divorato come da un flagello di cavallette». [Gallino, 2005, 255] Questa constatazione oggigiorno è cresciuta di importanza: i limiti biofisici della terra sono sempre più evidenti, e in questo contesto di un pianeta limitato sarà facile vedere sorgere nuovi conflitti: al diminuire dei tesori della natura corrisponderà una crescente avidità da parte delle grandi potenze mondiali nello spartirsi le risorse più importanti. In una situazione del genere aumenterà la rivalità e di conseguenza l’ingiustizia sociale, con un conseguente decadimento della qualità della vita: i potenti incrementeranno la loro tendenza nel prendersi tutto quello che possono mentre ai deboli resteranno solo le briciole.

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Informazioni tesi

  Autore: Andrea Petito
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2006-07
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Scienze della comunicazione
  Relatore: Dario Padovan
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 79

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