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I servizi pubblici essenziali e la Commissione di garanzia sullo sciopero: il caso Alitalia del Giugno 2003: malattia di massa o protesta collettiva?

Il diritto al lavoro è un valore centrale del nostro ordinamento giuridico ed è oggetto di talune specifiche disposizioni della Carta Fondamentale (artt. 35 - 40) che ne costituiscono la prima ed inderogabile forma di tutela, essendo esse il parametro della legittimità della legislazione ordinaria.
Tuttavia, il lavoratore gode non solo di tali forme eterologhe di tutela del proprio diritto, ma è altresì legittimato ad azionare quella peculiare forma di autotutela che è lo sciopero, previsto nell'art. 40 della Costituzione.
Esso, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, conferma e consolida il principio lavorista costituendo l'esercizio di un diritto informato alla tutela delle condizioni contrattuali già acquisite e al miglioramento di quelle oggetto di concertazione.
Il riconoscimento tanto della libertà di sciopero quanto del diritto allo sciopero comporta conseguenze rilevanti sia in ambito giuridico che sociale: mentre il riconoscimento della mera libertà di sciopero limita i suoi effetti all’esclusione di sanzioni penali o disciplinari, il diritto di sciopero comporta che il lavoratore non incorra in conseguenze di tipo civilistico (quale – ad esempio – il licenziamento o la rifusione dei danni).
Quanto appena esposto ci consente di trattare il diritto allo sciopero non come mero fenomeno sociale, bensì giuridico: oltre alla espressa previsione nell'art. 40 Cost., vi sono specifiche norme di comportamento che ne regolamentano le modalità i termini e le condizioni di esercizio, ponendo dei limiti al diritto di sciopero solo a fronte di diritti di pari dignità (ad esempio quelli degli utenti dei servizi pubblici essenziali).
Particolari problemi ha creato in passato e crea anche oggi la posizione dei pubblici dipendenti e dei dipendenti di enti o aziende che gestiscono servizi di pubblica utilità. A causa del vuoto legislativo durato parecchi decenni, la giurisprudenza ha oscillato tra l’applicazione dell’articolo 330 del codice penale che originariamente considerava l’astensione dal lavoro da parte di questa categoria di lavoratori un reato punibile con la reclusione fino a due anni, aumentabile per “i capi e i promotori” da due a cinque anni, e un’interpretazione che ammette, anche per questi lavoratori l’esercizio del diritto di sciopero, purché tale esercizio “non comprometta funzioni e servizi pubblici essenziali, aventi carattere di preminente interesse generale”.
Ed è quest’ultima l’interpretazione prevalente.
Tuttavia, da regolamentato istituto giuridico, sembra che lo sciopero si stia trasformando in un fenomeno sociale, permeandosi esso della costante inosservanza della normativa posta a presidio del corretto esercizio di tale diritto.
In una economia sempre più forgiata nella globalizzazione di beni e servizi, l'astensione dal lavoro in un settore economico involge inevitabilmente altri settori ad esso connessi, con l'effetto di paralizzare una intera realtà socio economica e comprometterne i relativi traffici. Lo sciopero può assurgere, dunque, a strumento di ricatto nei confronti di una compagine governativa: il lavoratore è anche elettore e il sospetto che l'uso del diritto di sciopero si traduca in un abuso è sintomatico nel reiterarsi di astensioni imprevedibili e durature, nell'effetto di emulazione da parte di lavoratori di altri e diversi settori economici.
L'abuso del diritto, seppur non espressamente sanzionato nel nostro ordinamento, trova un avallo normativo nell'art. 2 Cost che sottolinea, a fronte del riconoscimento dei diritti, altresì l'osservanza dei doveri di solidarietà politica, economica e sociale da parte di tutti i consociati: lo sciopero "selvaggio", allora, non è esercizio di un diritto, ma arbitrio individuale e disconoscimento di ogni autorità di legge.
Partendo da queste considerazioni,ho voluto analizzare in maniera approfondita (per quanto una tesina possa permettere) un caso particolare, una forma di protesta dei controllori di volo Alitalia, che mi ha consentito di partire analizzando quelli che sono i principi generali sullo sciopero, i principi applicabili nei servizi pubblici essenziali, il ruolo fondamentale della Commissione di Garanzia sullo sciopero.
Queste, in estrema sintesi, sono le questioni generali attinenti al diritto di sciopero che costituiranno il tema principale del presente lavoro.

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3 INTRODUZIONE Il diritto al lavoro è un valore centrale del nostro ordinamento giuridico ed è oggetto di talune specifiche disposizioni della Carta Fondamentale (artt. 35 - 40) che ne costituiscono la prima ed inderogabile forma di tutela, essendo esse il parametro della legittimità della legislazione ordinaria. Tuttavia, il lavoratore gode non solo di tali forme eterologhe di tutela del proprio diritto, ma è altresì legittimato ad azionare quella peculiare forma di autotutela che è lo sciopero, previsto nell'art. 40 della Costituzione. Esso, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, conferma e consolida il principio lavorista costituendo l'esercizio di un diritto informato alla tutela delle condizioni contrattuali già acquisite e al miglioramento di quelle oggetto di concertazione. Il riconoscimento tanto della libertà di sciopero quanto del diritto allo sciopero comporta conseguenze rilevanti sia in ambito giuridico che sociale: mentre il riconoscimento della mera libertà di sciopero limita i suoi effetti all’esclusione di sanzioni penali o disciplinari, il diritto di sciopero comporta che il lavoratore non incorra in conseguenze di tipo civilistico (quale – ad esempio – il licenziamento o la rifusione dei danni). Quanto appena esposto ci consente di trattare il diritto allo sciopero non come mero fenomeno sociale, bensì giuridico: oltre alla espressa previsione nell'art. 40 Cost., vi sono specifiche norme di comportamento che ne regolamentano le modalità i termini e le condizioni di esercizio, ponendo dei limiti al diritto di sciopero solo a fronte di diritti di pari dignità (ad esempio quelli degli utenti dei servizi pubblici essenziali). Particolari problemi ha creato in passato e crea anche oggi la posizione dei pubblici dipendenti e dei dipendenti di enti o aziende che gestiscono servizi di pubblica utilità. A causa del vuoto legislativo durato parecchi decenni, la giurisprudenza ha oscillato tra l’applicazione dell’articolo 330 del codice penale che originariamente considerava

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Informazioni tesi

  Autore: Marco Baldi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2007-08
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Scienze dei servizi giuridici
  Relatore: Giovanni Orlandini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 64

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