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Caratterizzazione in vitro della sensibilità di Miscanthus x giganteus a elevate concentrazioni di azoto nel terreno

Grazie all'elevato ritmo di accrescimento e alla considerevole capacità produttiva in termini di biomassa per unità di superficie, Miscanthus x giganteus è divenuto oggetto di numerose ricerche atte a verificare la possibilità di una sua utilizzazione industriale quale fonte alternativa di materiale ligneo cellulosico per impieghi energetici o cartari. Questa coltura, dotata di grande adattabilità e facilità di gestione con costi moderati, potrebbe utilmente coniugare la produzione di biomasse a scopo energetico con il raggiungimento di finalità di carattere ambientale ed ecologico. Una buona tolleranza della pianta a elevate concentrazioni di azoto nel substrato permetterebbe ad esempio di ipotizzarne l’impiego nella depurazione di terreni vulnerabili, suoli caratterizzati da alto tenore di nitrati, favorendo in questo modo una riduzione delle perdite per lisciviazione, che andrebbero altrimenti a contaminare le acque di falda. Di grande interesse potrebbe in tal caso risultare la sua coltivazione in vicinanza di aziende agricole e zootecniche, ma anche in prossimità di industrie. Scopo del presente lavoro è stato quello di analizzare in vitro la risposta di Miscanthus x giganteus all’aggiunta al terreno di coltura di concentrazioni crescenti di azoto.
La sperimentazione è stata eseguita nel laboratorio di micropropagazione dell’Istituto agrario Strozzi di Palidano (Mn), valutando la crescita di plantule di miscanto dopo aggiunta al substrato di 5 diverse concentrazioni di ammonio e nitrato. Per separare l’effetto della variabile sulla crescita da quello sulla radicazione, si è inizialmente proceduto all’ottenimento di un numero elevato di vasi con plantule radicate, esenti da contaminazioni. Raggiunta la radicazione, sono stati selezionati 33 vasi in cui le plantule erano di sviluppo uniforme, e queste sono state poste in presenza di diversi livelli di KNO3 e NH4NO3, prendendo come riferimento le dosi ottimali incluse nel terreno di coltura di Murashige e Skoog. A tempi crescenti, 10 e 20 giorni dopo l’aggiunta dell’azoto, tre vasi per ogni trattamento sono stati impiegati per la determinazione della biomassa.
Anche in considerazione dell'elevato numero di piantine richieste per la prova, la variabilità all'interno dei diversi trattamenti è risultata piuttosto elevata già al tempo 0. Al fine di ottenere informazioni relative alla significatività delle differenze riscontrate tra i vari trattamenti e poter interpretare i dati raccolti, si è scelto di eseguire una appropriata analisi statistica, e in modo particolare un’ANOVA a 2 vie. I due fattori considerati sono la concentrazione di azoto nel terreno e il tempo trascorso dopo l’aggiunta, dei quali si è voluta controllare l’influenza nei confronti della variabile considerata, la massa secca delle plantule.

In relazione ai risultati ottenuti, sono state avanzate le seguenti conclusioni.
• Miscanthus x giganteus sembra una specie che ben si adatta a concentrazioni medio-elevate di azoto totale nei terreni. A livelli superiori a 150 mM se ne determina invece un arresto nella crescita, e una probabile morte conseguente.
• Il fabbisogno di azoto di questa pianta sembra d'altra parte piuttosto elevato, visto l’incremento nella rapidità di accrescimento al crescere delle concentrazioni di azoto da 0,5X a 1,5X. Appare pertanto opportuno aumentare i livelli di nitrato e ammonio di norma utilizzati nei terreni per la micropropagazione in vitro di questa specie.
Ai fini del proseguimento di questo studio, si configura ora opportuna un’analoga prova di sensibilità all'azoto in campo, con lo scopo di confermare i dati in condizioni meno omogenee e controllate. Ancora, una prova in pieno campo seguita da una successiva analisi del terreno potrebbe permettere d'altra parte di conoscere le quantità di azoto asportate annualmente da questa pianta. Se fosse confermato che essa richiede quantitativi di azoto piuttosto elevati, la sua coltivazione potrebbe rappresentare una soluzione alternativa a quelle già adottate per la riduzione delle perdite per lisciviazione dei terreni caratterizzati da eccesso di nitrati, o anche nel trattamento di reflui in uscita da aziende o industrie. Rimanendo al di sotto delle concentrazioni risultate tossiche, Miscanthus x giganteus potrebbe infine essere impiegato in terreni nei quali è avvenuto un forte spandimento di letame e liquami, caratteristica frequente in molte aziende agricole del basso Mantovano, allo scopo di riportare le dotazioni di azoto totale a livelli accettabili o valutando la destinazione di questo tipo di terreni alla coltivazione di questa pianta per la produzione di biomassa come fonte di energia rinnovabile.

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3 1. INTRODUZIONE 1.1 Le tecniche di propagazione clonale in vitro Il termine “clone” sta a indicare un gruppo di individui geneticamente identici tra loro, originatisi dalla stessa pianta madre e riprodotti vegetativamente. Uno dei vantaggi più importanti che le tecniche di propagazione clonale offrono è sicuramente la possibilità di produrre da uno stesso espianto un numero elevato di piantine in tempi e spazi più ridotti rispetto agli altri metodi. Questa possibilità assume grande importanza per la moltiplicazione di nuove varietà, che necessitano di rapida diffusione. Rispetto ai metodi tradizionali di propagazione (talea, propaggine, margotta), la coltura in vitro può assumere carattere competitivo quando sono interessate cultivar economicamente importanti e richieste dal mercato. È infatti possibile in questo modo effettuare il prelievo degli espianti durante tutto l’anno, anziché limitarlo solo ad alcune stagioni. L’isolamento favorisce inoltre la massima resa delle colture, in quanto il materiale in vitro è esente da attacchi parassitari e permane nelle condizioni sanitarie in cui era al momento dell’inizio della coltura. L’uso della coltura in vitro può risultare utile anche a scopo di miglioramento genetico. Quando si ha rigenerazione di piantine da colture di cellule cresciute per un certo periodo di tempo allo stadio indifferenziato, si verifica infatti un’elevata variabilità genetica. Questo fenomeno è noto come variazione somaclonale. Nuovi sistemi si basano inoltre sulla coltura di antere e protoplasti e sulla possibilità di trasferire materiale genetico in cellule vegetali attraverso l’introduzione di geni specifici mediante tecniche di ingegneria genetica. I principali metodi di propagazione in vitro sono tre: 1) Propagazione per germogli ascellari 2) Propagazione per gemme avventizie e/o embrioni somatici, che può avvenire a) direttamente da tessuti od organi b) indirettamente da callo ottenuto dalla proliferazione cellulare dell’espianto 3) Il microinnesto. 1.1.1 Propagazione per germogli ascellari È il sistema più diffuso e si basa sulla stimolazione delle gemme ascellari che sviluppandosi danno origine a nuovi germogli. Può essere effettuato mediante coltura di germogli o coltura di singoli nodi.

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Informazioni tesi

  Autore: Nicola Carra
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2007-08
  Università: Università degli Studi di Ferrara
  Facoltà: Scienze Biotecnologiche
  Corso: Scienze biologiche
  Relatore: Giuseppe Forlani
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 33

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Parole chiave

ambiente
azoto
ecologia
emissioni co2
fisiologia vegetale
inquinamento
miscanthus x giganteus
miscanto
nitrati
risorse rinnovabili
sviluppo sostenibile

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