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Emarginazione grave. Una riflessione sociologica sul fenomeno dei senza fissa dimora

La presente tesi si prefigge lo scopo di approfondire il fenomeno delle persone senza fissa dimora, mettendo a fuoco la condizione di quegli uomini e quelle donne ritenuti socialmente improduttivi, che vivono ai margini estremi della società tanto da essere definiti tal volta cittadini invisibili.
Nel primo capitolo si è affrontato in generale il tema dell’emarginazione, cercando di darne una definizione, e individuarne le cause. Per fare questo si è ritenuto utile ripercorrerne brevemente la storia, che risulta essere intimamente legata a quella della politica assistenziale. È spesso infatti analizzando le risposte che nel corso della storia si sono date agli emarginati, che è possibile ricavare delle informazioni seppur indirette sulle condizioni di vita di questi.
Si è visto inoltre come nella società contemporanea, basata su valori quali l’affermazione personale, il successo, la produzione e il cambiamento, emergono delle nuove forme di emarginazione che sono il frutto di una vita tanto frenetica.
Si è ritenuto per consentire una migliore comprensione del fenomeno di dover approfondire i concetti di normalità, anormalità, differenza e diversità.

Il secondo capitolo ruota su alcuni importanti interrogativi a cui si cerca di dare una risposta: come si genera e come si perpetua la realtà di chi si trova ad essere gravemente emarginato, senza reddito né casa, sempre più “barbone” e sempre meno cittadino? il barbone è un campione di libero individualismo o una vittima rassegnata in attesa di aiuto?
Molti hanno ancora delle persone senza fissa dimora, un'immagine o di clochard che hanno scelto una vita libera lontana dagli schemi che la società ci impone, o di fannulloni che sfuggono alle responsabilità di una vita normale accontentandosi di vivere alla giornata.
Si è voluto evidenziare nel presente capitolo come tale immagine del barbone sia estremamente riduttiva, se si considera che queste persone hanno pressanti problemi nel soddisfacimento dei loro bisogni primari.
Rimanere senza casa non significa soltanto non avere un tetto sotto il quale ripararsi; significa soprattutto, essere privati della propria "dimora" che è molto di più dell’abitare: è quello spazio di relazioni, di rapporti interpersonali che consentono alla persona di "vivere" un territorio, di sentirsene parte integrante e vitale; è lo spazio, per così dire, "antropologico" dove la persona, la famiglia o il gruppo vivono le loro relazioni, la loro storia e si sentono parte di quel luogo. Essere senza casa significa, per molte persone, non essere più neppure "dimora a se stessi"? perdendo così la propria identità.
Si è dimostrato inoltre come la mancanza della residenza anagrafica renda particolarmente difficile l’accostamento di queste persone ai servizi, anche se assai frequentemente i senza dimora sono detentori di bisogni primari plurimi (alimentazione, alloggio, salute) cui si dà generalmente risposta attraverso i servizi del privato-sociale cosiddetti "a bassa soglia"(Dormitori,Mense,...).
Nel medesimo capitolo si è dedicato un paragrafo al volontariato perché se è vero che la società da una parte stigmatizza, alimenta stereotipi vecchi e nuovi, è anche vero che dall’altra si mostra solidale creando delle “task force” di volontari pronti a rispondere alle mille esigenze di coloro che essa stessa ha escluso.
Si è voluto nel terzo capitolo presentare la storia e le attività della Missione di Speranza e Carità poiché la sua esistenza è la dimostrazione che gli stessi senza fissa dimora, possono, qualora gliene venga data l’occasione, uscire dall’isolamento, ricostruire la propria identità e riconquistare quella progettualità interiore che molto spesso mostrano di aver perso.

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1 INTRODUZIONE Di tanto in tanto la cronaca ci narra di situazioni disperate, vite al limite della sopravvivenza, eventi drammatici o straordinari, tutti riconducibili a quel mondo dai contorni indefiniti che è quello dei senza fissa dimora. Ma chi sono queste persone? Cosa sappiamo realmente di loro? A volte sembra che nei confronti di questi soggetti l'indifferenza prenda il sopravvento, i 'barboni' sono diventati soprammobili che non si notano più, fanno parte di un arredamento e la gente spesso sembrerebbe accorgersi della loro esistenza solamente quando pensa che il tale dal corpo malconcio deturpa l'ambiente cittadino. La nuova povertà è costituita da persone che, probabilmente, prima erano ragionieri, commercianti, camionisti, magazzinieri, operai ecc., in poche parole, “persone nomali”. Forse non si sarebbero mai immaginate di arrivare a tal punto. Eppure succede! Può succedere a tutti se si verificano determinate rotture che innescano un circuito spesso senza ritorno. Forse troppi hanno ancora, delle persone senza fissa dimora, un'immagine o di clochard che hanno scelto una vita libera lontana dagli schemi che la società ci impone, o di fannulloni che non hanno voglia di fare nulla e si accontentano di vivere alla giornata. Alcune ricerche hanno invece evidenziato che le persone senza dimora sono coloro che hanno perduto nel corso del tempo i legami sociali significativi, che si trovano in precarie condizioni materiali di esistenza e che hanno abbandonato l'uso prevalente dell'abitazione. Rotture biografiche più o meno grandi hanno contraddistinto l'esistenza di queste persone: dalla morte di un figlio alla separazione coniugale, dal vizio del gioco a quello dell'alcool e della

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Informazioni tesi

  Autore: Francesco Biondo
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2002-03
  Università: Libera Univ. degli Studi Maria SS.Assunta-(LUMSA) di Roma
  Facoltà: Scienze della Formazione
  Corso: Scienze del servizio sociale
  Relatore: Angelo Livreri
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 92

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