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Marx interprete di Democrito e di Epicuro

Il filosofo in cui Marx si rispecchia è Epicuro: è il suo pensiero il vero materialismo. Questa preferenza spinge il filosofo tedesco, nella pagina conclusiva della sua tesi di laurea, a descrivere Epicuro come “il più grande illuminista greco”: egli loda il fatto che la sua filosofia ha avuto il merito di emancipare l’uomo dalle false credenze che gli impedivano di trascorrere una vita tranquilla.
Come Epicuro voleva eliminare tutte le vuote ideologie intorno alla dottrina dei corpi celesti, così Marx, seguendo il suo esempio, cerca di cogliere la vera realtà storica presente al di là di ogni falsa rappresentazione.
Nel campo dell’astratta congettura rientra l’atomismo di Democrito: questa osservazione traspare dalle righe conclusive della dissertazione di Marx. Dopo aver elogiato l’atomismo epicureo come “scienza naturale dell’autocoscienza”, egli nota come per Democrito l’atomo sia “solo l’espressione generale obbiettiva della stessa indagine empirica della natura. Di conseguenza l’atomo rimane per lui pura ed astratta categoria, ipotesi, che dell’esperienza è il risultato, non il principio energetico, e che perciò rimane inattuata, così come l’indagine naturalistica positiva non è più da essa determinata”.
All’atomismo materialistico di Epicuro si oppone l’atomismo epistemologico di Democrito: quest’ultimo, concependo l’atomo come ιδέα, ha spianato il sentiero alla speculazione platonica prima, con il suo dualismo e il suo idealismo, e a quella kantiana poi, nel suo fondamento dicotomico fenomeno/noumeno.
Il materialismo di Epicuro è senza alcun dubbio più consapevole rispetto a quello di Democrito: esso è, infatti, un aggiustamento finalizzato a scopi pratici. Già il fatto che egli lo abbia riproposto dopo la vastissima parentesi platonica dell’idealismo conferisce a questa dottrina altri significati, nuove mete. Epicuro vuole contrastare le false ideologie, e lo fa proponendone una persuasiva: il giardino, nucleo centrale del suo pensiero, diventa così la metafora della sua ideologia. Lo stesso discorso vale anche per Marx: il pensiero che egli vuole opporre alla tradizione tedesca finisce con il costituire una propria nuova ideologia. Questo ci può far capire che, se paradossalmente ci trovassimo di fronte ad una situazione invertita e potessimo così avere un Epicuro interprete di Marx, i suoi commenti e le sue osservazioni sarebbero le stesse del filosofo tedesco. Entrambi scelgono il materialismo per combattere qualcosa che ad esso si contrappone, come ad esempio la religione del volgo. L’ateismo di Marx è l’estrema conseguenza della concezione che Epicuro ha della divinità: la condanna che quest’ultimo aveva fatto alla superstizione e alle credenze popolari riguardo agli dei viene ora dal filosofo tedesco estesa alla religione tutta. Agli occhi di Marx, Epicuro diventa il portabandiera di questa “prometeica” spedizione contro le divinità: per descrivere questo sentimento non ci sono parole più chiare e affascinanti di quelle che lo stesso Marx utilizza nella Prefazione della sua tesi di laurea, e che non si può fare a meno di riportare come conclusione di questo lavoro: “la filosofia, fintanto che una goccia di sangue ancora pulserà nel suo cuore assolutamente libero, dominatore dell’universo, griderà sempre agli avversari con Epicuro: ασεβής δέ ουχ ο τούς των πολλων θεούς αναιρων, αλλ’ο τάς των πολλων δόξας θεοις προσάπτων («empio non è colui che nega gli dèi del volgo, ma colui che attribuisce agli dèi i sentimenti del volgo»). La filosofia non fa mistero di ciò. La confessione di Prometeo: απλω λόγω τούς πάντας εχθαίρω θεούς («a dirti in breve, io tutti aborro i numi») è la sua propria confessione, la sentenza sua propria contro tutte le divinità celesti e terrestri che non riconoscono come suprema divinità l’autocoscienza umana. Nessuno può starle a fianco. Alle tristi lepri marzoline, che gioiscono della apparentemente peggiorata condizione civile della filosofia, essa replica quanto Prometeo replica al servo degli dèi Ermete: «…io, t’assecura, / non cangerei la mia misera sorte con la tua servitù. / Meglio d’assai lo star qui ligio a questa rupe io stimo, / che fedel messaggero esser di Giove». Prometeo è il più grande santo e martire del calendario filosofico”.

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4 INTRODUZIONE “Il sole sembra grande a Democrito, perchØ egli è uno scienziato ed ha una compiuta conoscenza della geometria; della grandezza di circa due piedi ad Epicuro, perchØ egli pensa che esso è grande tanto quanto appare" (Cicerone, De finibus, I 6, 20) L’obiettivo che questo lavoro si propone di conseguire è quello di studiare l’interpretazione che dà K. Marx di due filosofi greci apparentemente molto simili, ma in realtà tra loro molto distanti: Democrito ed Epicuro. Prima di arrivare a questo traguardo, però, il percorso tracciato in queste pagine passa per due tappe fondamentali. I primi due capitoli, infatti, sono dedicati rispettivamente al filosofo di Abdera e al filosofo di Samo: soltanto dopo aver analizzato entrambi i pensieri - in tutti i loro punti di contatto e di contrasto - si arriva, nell’ultimo capitolo, all’analisi di Marx. Il filosofo tedesco affronta questo argomento nella sua dissertazione per il dottorato discussa a Jena il 15 aprile 1845, dal titolo Differenza tra la filosofia della natura di Democrito e quella di Epicuro. In questa sua tesi Marx discute una situazione che, ai suoi occhi, si sta riproponendo anche negli anni in cui lui stesso vive: la filosofia post-hegeliana, infatti, può benissimo essere interpretata attraverso un’attenta lettura delle filosofie ellenistiche - in questo caso l’epicureismo - nate dopo la metafisica platonica e quella aristotelica. La ripresa che Epicuro attua, dopo Platone, del pensiero atomistico democriteo, anche se -

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Informazioni tesi

  Autore: Andrea Pompei
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2005-06
  Università: Università degli Studi di Perugia
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Filosofia
  Relatore: Massimo Mangiabene
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 99

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