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L'invecchiamento cognitivo e l'esercizio fisico

Dalla seconda metà del secolo scorso abbiamo assistito ad un forte aumento del numero di anziani nella popolazione dei paesi occidentali. In Italia la percentuale di anziani negli ultimi cento anni si è quasi triplicata passando dal 6.1% al 17.7% e secondo le previsioni aumenterà ancora fino al 34% nell’arco di cinquant’anni.
Il declino cognitivo, strettamente legato all’invecchiamento, è destinato a diventare un rilevante problema sanitario, economico e sociale. La presenza di declino cognitivo risulta essere fortemente associata al rischio di demenza, la quale rappresenta una vera e propria emergenza sanitaria, con elevati costi economici destinati ad aumentare nei prossimi anni.
Poiché gli strumenti terapeutici volti alla cura di declino cognitivo e patologie neurodegenerative si sono dimostrati di efficacia limitata, si pone l’esigenza di ricercare e attuare tecniche preventive in grado di svolgere una funzione protettiva nei confronti del deterioramento cognitivo e delle patologie neurodegenerative.
Da tempo sono note le influenze positive dell’attività fisica sull’organismo. L’esercizio fisico infatti migliora l’attività cardiovascolare, riduce il peso corporeo, aumenta la resistenza e le capacità prestazionali dell’organismo e ha un ruolo nella riduzione del rischio di patologie quali ipertensione, diabete di tipo II, osteoporosi e nella diminuzione della probabilità di infarto. Inoltre il praticare un’attività fisica migliora il tono dell’umore e ha effetti positivi su ansia, depressione e autostima.
Negli ultimi venti anni sono stati condotti numerosi studi volti ad indagare la relazione tra esercizio fisico e invecchiamento cognitivo. I primi studi condotti su tale argomento, di tipo trasversale, evidenziarono un’associazione positiva tra punteggi ottenuti a test cognitivi e lo svolgimento di una regolare attività fisica. Il dato interessante fu che il semplice camminare per almeno un’ora e mezzo a settimana si tradusse in un miglioramento dei punteggi al Mini Mental State Examination. Tali risultati furono confermati negli studi successivi di tipo longitudinale, tenendo sotto controllo anche possibili variabili confondenti come età, livello d’istruzione, stato socioeconomico e di salute.
In egual modo, per quanto riguarda l’associazione tra rischio di demenza e esercizio fisico, la letteratura evidenzia un benefico effetto di quest’ultimo. In particolare è stato preso in considerazione il genotipo APOE, annoverato tra i fattori di rischio certi per l’insorgenza di malattie neurodegenerative, ed è stata riscontrata un’associazione inversa tra attività fisica e rischio di demenza per i portatori di tale allele.
Con l’intento di superare le limitazioni legate al disegno osservazionale che non consente di stabilire una relazione causale tra esercizio fisico, declino cognitivo e demenza, vari ricercatori si sono adoperati per condurre studi sperimentali nei quali vengono messi a confronto due gruppi, uno di controllo e uno sperimentale, di cui solo quest’ultimo riceve il trattamento. Gli anziani che sono stati sottoposti a programmi di esercizi di intensità moderata hanno riscontrato miglioramenti delle funzioni neurocognitive. Tali benefici effetti sono stati riscontrati non solo tra gli anziani cognitivamente sani, ma anche tra quelli patologici.
L’esercizio fisico sembrerebbe in grado di attenuare deleterie conseguenze dell’invecchiamento quali l’atrofia della corteccia e dell’ippocampo e il declino delle funzioni di memoria.
In conclusione, sebbene l’esercizio fisico non possa bloccare il processo di invecchiamento cognitivo, il praticare regolarmente attività fisica di intensità moderata può aumentare l’aspettativa di vita, diminuendo il rischio di sviluppo di patologie neurodegenerative. Alla luce di quanto è stato detto ne deriva l’importanza di incoraggiare gli anziani a praticare esercizio fisico per riuscire a raggiungere il traguardo del "successful aging".

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5 Introduzione In generale viene definito “anziano” colui che ha un’età superiore ai 65 anni, un limite di età fissato arbitrariamente sulla base di politiche sociali. Secondo i gerontologi la popolazione al di sopra dei 65 anni può essere divisa in tre fasce: i “giovani anziani” che comprende i soggetti dai 65 ai 74 anni; gli “anziani anziani” che va dai 75 agli 84 anni; e gli “ultra anziani”, dagli 84 in poi (Kring, 2008). L’invecchiamento è un processo che interessa tutti gli organismi viventi che sono soggetti a uno sviluppo e a una maturazione fino all’inevitabile progressiva senescenza. Il destino biologico dell’essere umano è associato ad altre modificazioni di eguale importanza come l’aspetto psicologico e il contesto sociale. Invecchiare è un processo ineluttabile, anche se diverso per ogni individuo. L'aumento della popolazione anziana rappresenta un fenomeno importante e preoccupante della società contemporanea. La popolazione anziana nei paesi industrializzati è in continua crescita rispetto al resto della popolazione, mentre si assiste a una riduzione delle nascite che ha determinato in Italia un punto di crescita della popolazione uguale a zero (Tammaro, 2000). Stiamo assistendo ad una sorta di rivoluzione demografica: nel 2000, nel mondo c’erano circa 600 milioni di persone con più di 60 anni, nel 2025 ce ne saranno 1,2 miliardi e 2 miliardi nel 2050. In Europa, come in molti altre regioni ricche, una persona su 5 ha più di 60 anni (http://www.epicentro.iss.it/problemi/anziani/anziani.asp).

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Informazioni tesi

  Autore: Giulia Breschi
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2012-13
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Psicologia
  Relatore: Nicoletta Berardi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 97

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Parole chiave

anziani
invecchiamento
alzheimer
demenza
modelli animali
esercizio fisico
mild cognitive impairment
declino cognitivo
riserva cognitiva
prevenzione demenze

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