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Gli iporchemi di Pindaro, commento linguistico e metrico dei frr. 105-117 Sn.-M.

La tesi è un commento, essenzialmente linguistico e metrico, ai frammenti iporchematici di Pindaro. Prima dell’analisi dei versi è presente un capitolo introduttivo, volto alla classificazione del genere; le poche testimonianze sopravvissute al naufragio della tradizione vengono analizzate con lo scopo di ricostruire le peculiarità del canto e l’intimo legame che intercorre tra questo e la danza. Le prime pagine sono dunque interamente imperniate su tale rapporto, esaminato in una dimensione diacronica: l’evoluzione del ritmo e dei contesti, che ha portato l’iporchema (annoverato da Fozio tra i canti sacri per Apollo) ad una progressiva corruzione dei suoi motivi originari fino a provocare una commistione con altri generi lirici. Sono state dunque evidenziate tre diverse fasi evolutive del canto iporchematico: una arcaica (IX-VIII sec. a. C.), probabilmente cretese, in cui canto e danza erano indistinguibili e finalizzati all’esaltazione del culto apollineo; una mediana (VII- IV sec. a.C.), in cui il genere viene importato nella Grecia peninsulare, canto e ballo vengono svolti da due gruppi distinti e si assiste ad una velocizzazione dei ritmi e ad una progressiva laicizzazione del canto: nel IV secolo, con Platone, si ha il primo riconoscimento eidografico. Da questo momento in poi inizia la terza fase (IV sec. a.C.- III sec. d.C.) che vede una corruzione dei motivi originari fino ad arrivare ad un uso assolutamente improprio del termine iporchematico, utilizzato anche per etichettare degli stasimi sofoclei.
Il corpo centrale del lavoro è strutturato invece con la successione dei frr. 105- 117 Sn.–M. analizzati singolarmente. Per ciascun frammento l’impostazione dello studio è stata così suddivisa: testo e apparato, traduzione, tradizione filologica del testo, commento linguistico e commento metrico. Le traduzioni proposte sono state eseguite alla luce di quanto emerso dal commento linguistico, che è stato sviluppato a partire da questioni morfologiche, sintattiche e semantiche interessanti per la comprensione generale dell’intero frammento. Il commento metrico nasce invece dall’assetto colometrico di Maehler, ma se ne allontana in diversi punti singolarmente analizzati.
Nei tredici frammenti conservati affiora quello che ho definito il plurilinguismo e pluristilismo pindarico. In ogni frammento, infatti, la tematica cambia e con essa cambiano anche il lessico, che è sempre specialistico e settorializzato; lo stile che si innalza e/o si abbassa a seconda delle circostanze e la metrica, che è spesso necessaria per comprendere i punti centrali del dettato pindarico. In fatto di scelte dialettali bisogna precisare che la lingua della lirica corale è una Kunstsprache di base dorica, con frequenti elementi eolici ed epici. Questa commistione di dialetti concorre alla formazione di una lingua assolutamente letteraria e condivisa anche negli iporchemi di Pindaro. Si rilevano infatti:
- un dativo eolico in -εσσι esteso a partire dai temi in -ες/ος- a νομαδ- (fr. 105 b);
- desinenza di genitivo “omerico” in -οιο (fr. 106: Ταϋγέτοιο);
- mancanza di contrazione (fr. 107: μίμεο);
- mancanza di assibilazione e conservazione del nesso -ντ- (fr. 107: καλέοντι);
- conservazione di ᾱ e mancanza di palatalizzazione (fr. 108: ἀρετὰν, ἁμέρας);
- pronome maschile di 3° persona singolare (fr. 109: νιν);
- dativi plurali lunghi (fr. 109: ἀπείροισιν)
Da un punto di vista metrico le numerose lacune invalidano in maniera importante l’analisi. Si nota certamente una conservazione di cretici che è il metro caratterizzante dell’iporchema fin dalle origini. Spiccano anche con una certa frequenza delle sequenze di metra aeolica, con una chiara prevalenza di giambi. Da questi prende impropriamente il nome la categoria dei metra ex iambis orta, che vengono così definiti a motivo della grande versatilità del metro giambico.
I frammenti iporchematici di Pindaro, dunque, rappresentano un chiaro esempio dell’elasticità lessicale, stilistica e metrica del poeta. Fare un discorso polivalente nel caso degli iporchemi pindarici sminuisce le peculiarità e l’originalità di ogni singolo frammento, che è stato invece analizzato nella sua specificità.

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8 1 Per l’idea di τέθμoς si veda anche Od .8. 88; 29; Pind. I. 6.20; P. Pae. 6. 57. 2 Rossi 1971. 3 Rossi 1971, p. 75. 4 Giannotti 1975, p. 121-22; L ’ IPOR C HE MA τὰ μα κ ρὰ δ᾽ ἐ ξε νέ π ε ιν ἐ ρύκ ε ι με τε θμòς ὧρα ί τ᾽ ἐ π ε ιγ όμε να ι. (Pind . N . 4. 33-34) In diversi passi della produzione pindarica è presente l’idea di “τέ θμoς ” 1 , che sarebbe esagerato rendere con la concezione odierna di “legge” quanto piuttosto con quella di “tendenza”, di modus operandi imposto dal costume degli antichi e unanimemente osservato, che si inserirebbe in quel complesso di “leggi non scritte, ma rispettate” 2 preso in considerazione sia da parte del poeta nell’atto compositivo che, soprattutto, dalle aspettative del pubblico. “D'altra parte, anche in mancanza di opere tecniche specifiche, tacere delle leggi non si può: ogni opera che le ignori è condannata all'insuccesso, esse sono l'espressione più chiara del legame col pubblico.” 3 Pindaro si ribella tacitamente a tutto ciò; è consapevole infatti che il compito del poeta sia quello di scovare nel mare magnum del “già composto” una propria modalità di sviluppo e nei temi e negli stili, talvolta con innovazioni strutturali profonde; “Pindaro nelle sue opere fa spesso riferimento all’immagine della ‘via’, che presenta un carattere ambivalente, mentre serve a ricordare il carattere convenzionale del genere letterario della lirica corale, anche serve a dare rilievo alla personalità del cantore nel momento in cui attua le sue scelte poetiche. Questo ha spinto a parlare di autonomia ed eteronomia presente in tutta l’opera pindarica, e che, paradossalmente le conferisce unità” 4 . Esempio di ciò si ha con gli iporchemi, principale oggetto di trattazione in questo lavoro; la maestria di Pindaro è quella di riprendere generi letterari di antichità remota, per adattarli alle proprie esigenze poetiche e a quelle del committente. Nel frammento 105 Sn.- M. il poeta indirizza l’iporchema non più ad Apollo o ad una qualsiasi divinità ma a Ierone di Siracusa. Nel farlo trasgredisce quindi al τε θμός che gli antichi gli avevano affidato,

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Informazioni tesi

  Autore: Anastasia Di Giuseppe
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2019-20
  Università: Università degli Studi di Roma Tor Vergata
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Archeologia, Filologia, Letterature e Storie dell'Antichità
  Relatore: Emanuele Dettori
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 202

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Parole chiave

pindaro
frammenti
iporchemi
metrica pindarica
danza nella grecia antica
lirica corale
linguistica greca

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