II
In tale contesto, la formazione costituisce un anello di congiunzione tra 
l’azienda e la forza lavoro in quanto tesa a valorizzare il personale (vera 
Risorsa strategica per lo sviluppo dell’impresa) e ad allinearne le 
competenze rispetto alle sfide poste dal contesto e nello scenario, in 
riferimento alla mission e alla strategia aziendale. 
 “Il paradigma essenziale di un nuovo modello di formazione professionale 
dipende dalla sua capacità di adattare  le risposte alla individualità ed allo 
stile di apprendimento dei singoli utenti attraverso una diversificazione dei 
percorsi formativi.” in questo senso “[…] L’attività di assessment risulta 
essere una leva importante per la personalizzazione e individualizzazione 
delle attività formative” (Bresciani, Callini, 2004 ) 
L’Assessment rappresenta una sistema di valutazione o misurazione del 
potenziale, delle competenze e delle performance degli individui, in 
genere con riferimento a un contesto organizzativo e di ruolo specifico. 
Per la sua completezza e in ragione della validità che ha saputo 
dimostrare, offre numerose applicazioni operative che soddisfano le 
esigenze di trasparenza e obiettività oggi richieste da molte realtà 
aziendali. 
Dall’originario utilizzo per l’attività di selezione, infatti, è divenuto nel tempo 
uno strumento di valutazione del potenziale ed anche di orientamento, fino 
ad arrivare ai nostri giorni, dove il suo impiego è  spesso finalizzato alla 
formazione di Risorse umane. 
  
 
 
 
III
“Avvicinare valutazione e formazione, sino ad arrivare a saldare la 
diagnosi e l’apprendimento, è un’operazione di ampia portata nell’ambito 
dello sviluppo delle risorse umane, con implicazioni rilevanti su prassi 
organizzative, processi formativi e metodologie didattiche.” [Capizzi M., 
Migliori V., Oggioni E., 2005] 
Occorrono, dunque, nuovi investimenti in formazione: la formazione delle 
persone che operano in situazioni organizzative complesse non può 
limitarsi all’apprendimento delle tecniche professionali, certo necessarie, 
ma non più sufficienti a garantire il successo organizzativo. E’ necessario 
che gli attori siano in grado di diagnosticare i problemi e sappiano 
elaborare strategie efficaci, che si abituino a decidere in situazioni di 
cooperazione e di conflitto; che soprattutto prendano coscienza del fatto 
che operano in situazioni organizzative dove la ricerca di una razionalità 
“assoluta” si scontra con processi operativi governati da logiche di tipo 
diverso. 
Ma le aziende sono pronte a tradurre tutto questo in realtà operativa, sul 
campo?  
Quelle che appaiono acquisizioni ormai condivise sul piano teorico, quanto 
lo sono nella pratica dei comportamenti aziendali? 
Nonostante il percorso da compiere appaia ancora lontano dall’essere 
completato, nel corso degli ultimi anni sembra essere cresciuta 
l’attenzione per la ricerca e lo sviluppo (in ambito formativo) di nuovi 
  
 
 
 
IV
approcci, metodi, esperienze e soluzioni; coerentemente con questa 
impostazione, le argomentazioni qui proposte tentano di individuare uno 
specifico ambito nel quale valutazione e formazione, teoria e pratica si 
incontrino in un’ottica di sviluppo: l’assessment center. 
 
Il percorso di ricerca 
Nel primo capitolo verrà inquadrato il contesto odierno del mercato del 
lavoro e del fabbisogno di risorse umane, evidenziando l’importanza che 
queste rivestono ai fini dello sviluppo delle organizzazioni. Si porrà, poi, 
l’accento sul concetto di competenze e sui principali oggetti di valutazione 
nelle aziende: posizioni, prestazioni e potenziale. 
Nel secondo capitolo saranno delineati i passaggi storici essenziali 
attraverso cui la metodologia dell’Assessment si è evoluta, con riferimento 
ai presupposti teorici e culturali che ne favorirono la nascita e lo sviluppo. 
Verranno quindi presentate e classificate le diverse tecniche 
comunemente utilizzate nella realizzazione di questo modello di intervento 
ed il loro possibile impiego per scopi di selezione, orientamento, 
valutazione del potenziale e formazione/sviluppo. 
Nel terzo capitolo  sarà posta particolare attenzione sull’uso 
dell’Assessment per la valutazione del potenziale,  sulle fasi della sua 
progettazione  ed in particolare sull’utilizzo dei risultati ottenuti. 
  
 
 
 
V
Si cercherà, inoltre, di rendere ragione del diffondersi di dispositivi che 
possono essere complessivamente collocate nell’ambito della definizione 
di Development Center (es. General Mapping; Development Center 
“focalizzati”; ecc.) rappresentanti una rielaborazione ed evoluzione 
relativamente recente dell’Assessment Center in una prospettiva di 
sviluppo personale ( ad esempio mediante l’introduzione di colloqui 
formativi). 
Nel quarto capitolo si fornirà una sintetica panoramica del multiforme 
mondo della formazione, cercando di delineare un quadro delle differenti 
accezioni che essa assume in riferimento ai contesti di applicazione e alle 
classi di soggetti ai quali si rivolge, analizzando in particolare il campo 
della formazione professionale. 
Verrà, quindi, illustrato il processo di programmazione della formazione 
attraverso un insieme di steps operativi, identificati adottando 
un’articolazione per fasi, condivisa da molti autori. Inoltre, si cercherà di 
evidenziare l’obiettivo di un intervento di Assessment in ambito formativo e 
le diverse metodologie che a seguito di tale intervento possono essere 
adottate per lo sviluppo delle competenze. 
La scelta di fondo della tesi e quella di fornire una panoramica sintetica 
degli elementi di maggiore interesse che le diverse esperienze hanno 
permesso di evidenziare, e la cui validità si offre come importante 
occasione per possibili pratiche di trasferimento. 
 1
 
 
 
 
 
 
 
CAPITOLO 1 
Il mercato delle Risorse Umane 
 
 
 2
1. L'importanza delle Risorse umane 
“Nulla di importante è mai stato compiuto senza passione”. 
Già oltre centocinquanta anni fa Hegel, il grande filosofo tedesco, 
predicava l'importanza delle passioni nel fare umano, e le aziende 
d’oggi si trovano a doverne tenere conto. 
Il successo che una volta dipendeva dalle tecnologie, oggi dipende 
prevalentemente dagli uomini che “fanno” l'organizzazione, dal loro 
coinvolgimento e consenso; le nuove tecnologie sono alla portata di tutti 
e la competitività si stabilisce in base alle modalità dell'organizzazione 
del personale. 
In che modo si è creata una situazione di questo tipo? 
La risposta a questa domanda è mostrata in un secolo di profonde 
mutazioni del lavoro, sia in termini di contesto e di mercato, sia in 
termini di condizioni e di qualità e ancora in termini di una molteplicità di 
variabili che formano il nostro “complesso” vivere quotidiano. 
Il lavoro è da sempre il principale prodotto d'espressione dell'uomo, dal 
lavoro rurale e artigiano di ottomila anni fa, alla rivoluzione introdotta 
dall'industria, sino a giungere, una trentina d’anni fa,secondo diversi 
autori al passaggio ad “una società in cui al centro non c'é più la 
produzione manifatturiera di beni materiali in grandi serie, ma c'é la 
produzione, non manifatturiera ma intellettuale, di beni immateriali in 
grandi serie, di valori, di simboli, di estetica”. [De Masi D., 1995] 
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De Masi e altri autori definiscono questa particolare era che stiamo 
vivendo, “società del post-industriale”; l'uomo fatica ad appropriarsi dei 
vari significati, stenta a padroneggiare le nuove e molteplici possibilità a 
sua disposizione. La capillarizzazione dei mezzi informatici e delle 
comunicazioni a livello globale, e gli scambi sempre più competitivi 
dell'economia e della politica fanno si che l'uomo di oggi sia immerso in 
un turbinio di cambiamenti di relazioni e valori: 
“Lo spazio si restringe, il tempo si fa più compresso. Gli altri con cui 
abbiamo a che fare sono sempre di più, le relazioni aumentano 
quantitativamente, poiché i mezzi di comunicazione sono sempre più 
sofisticati e veloci, ma la qualità delle stesse peggiora, si impoverisce 
tende a «burocratizzarsi» o ad assumere connotazioni selvagge, 
disumanizzate, esageratamente effimere. La qualità tanto 
propagandata e ricercata si trasforma in quantità. [...] La conflittualità si 
esaspera, la sua gestione si fa più complessa”. [Marocci, G., 1996] 
In quest’ottica, le aziende non hanno più l'imperativo d’inizio secolo di 
aumentare sempre più l'efficienza e la produttività, per colmare il 
dislivello esistente nel rapporto domanda-offerta. 
Ford, ad esempio, poteva permettersi uno slogan del tipo: “Gli 
americani possono scegliere automobili di qualsiasi colore, purché le 
scelgano nere!” [De Masi D., 1995] poichè in ogni caso milioni di 
persone erano pronte a comprare un prodotto “dato”, vista l’inesistente 
 4
o scarsa concorrenza di mercato. 
A quell’epoca, quindi, i modelli organizzativi erano per lo più orientati 
alla produzione; era il periodo del taylorismo.  
Nel corso degli anni i sistemi produttivi hanno raggiunto comuni risultati 
di efficienza e dunque la competizione tra le aziende si è spostata 
sull'efficacia e sulla qualità.  
La ricerca della qualità ha assunto nel tempo diversi significati, 
concentrando dapprima l'attenzione sul prodotto, poi sulla 
soddisfazione del cliente; oggi la qualità costituisce una funzione 
essenziale per la competizione economica globale. 
Il lungo processo che ha portato all’avvento di una società 
postindustriale implica, quindi, una rivisitazione strutturale dei sistemi 
professionali, delle modalità di organizzazione del lavoro, delle prassi di 
governo e sviluppo delle persone. 
Introdurre nuove tecnologie, azionare leve finanziarie, organizzative, di 
qualità, di marketing e di logistica può non avere valore in termini di 
competitività se non si riconosce la centralità del capitale umano nei 
contesti organizzativi. 
Mentre le risorse di tipo tecnologico, quali impianti, macchinari e 
attrezzature, possono essere più facilmente reperiti o imitati da parte 
dei concorrenti, le Risorse umane ed il sistema sperimentato per 
gestirle, alla stregua di invisible assets (risorse intangibili) o strategic 
 5
assets (risorse strategiche), sono quelle che maggiormente creano 
valore e, quindi, contribuiscono alla generazione di vantaggio a favore 
dell’impresa. 
Essere competitivi oggi, significa affrontare la complessità, trovare 
soluzioni per gestirla, scoprire nuovi spazi relazionali e dilatare i piccoli 
luoghi temporali creati dal “post-moderno”, grazie a percorsi di sviluppo 
e riappropiazione di consapevolezza delle capacità, dei modi di 
pensiero e della grande potenzialità e creatività delle risorse umane. 
Per far ciò, è necessario iniziare a mettere a punto sistemi di 
pianificazione e sviluppo del personale, mirati a valorizzare la risorsa 
umana non solo nella sua dimensione “produttiva”. 
Aumenta per le aziende l'esigenza di possedere un quadro chiaro ed 
analitico delle potenzialità individuali delle risorse disponibili, al fine di 
rispondere il più adeguatamente possibile alle continue richieste di 
cambiamento e d’innovazione del mercato. 
 
 
 
 
 
 
 
 6
2. Le competenze, un patrimonio aziendale 
La letteratura sulle competenze propone un’ampia panoramica di 
definizioni e di approcci. 
Competenza, capacità, capability, competency sono termini che a volte 
si sovrappongono o hanno comuni aree di descrizione; in questo 
dibattito si creano neologismi e in taluni casi si propongono vecchie 
definizioni con nuove terminologie. In italiano con "competenza" (dal 
latino competentia, cum-petere chiedere, dirigersi a) si intende la piena 
capacità di orientarsi in determinati campi, la legittima autorità di 
esprimere un mandato, specie in ambito giudiziario. È insito, 
comunque, nel verbo competere il rimando ad aspetti connessi alla 
sfida, alla competizione. In molti casi, poi, si ritiene inscindibile il 
rapporto tra competenza e prestazione. 
Trattare di competenze significa anche tenere in considerazione alcuni 
elementi quali la possibilità di riconoscimento, di apprezzamento, di 
espressione, di autostima, di interazione tra persone, tra situazioni 
differenti. 
Il termine competenza ha, infatti, sostituito le precedenti nozioni di 
attitudine, di capacità e di qualificazione, "integrando in essa l'idea di 
mobilitazione, di motivazione" [Claude Lemoine, 2002]. 
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Un riferimento obbligato per chi si interessa al tema delle competenze, 
sembra essere la definizione (proposta inizialmente da Klemp,1980 e  
ripresa da Boyatzis,1982)  formulata da Spencer e Spencer (1993). 
Questa definizione si compone di due parti, la prima individua che cosa 
la competenza è: “una caratteristica intrinseca di un individuo 
causalmente collegata ad una performance efficace o superiore in una 
mansione o in una situazione, e misurata sulla base di un criterio 
prestabilito”. 
In primo luogo la competenza è dunque una caratteristica intrinseca 
individuale in quanto è una parte integrante e duratura della personalità 
di un individuo, del quale può predire il comportamento in un’ampia 
gamma di situazioni e di comportamenti di lavoro. In questo senso 
vengono identificati cinque tipi di caratteristiche di competenza che 
possono essere esemplificate nel cosiddetto “modello iceberg”, 
presente nella figura 1.  
Come si può notare i tipi di competenza sono suddivisi in due categorie, 
una nella parte “emersa” dell’iceberg ed un’altra nella parte 
“sommersa”. 
Le prime, caratteristiche osservabili e relativamente superficiali, sono 
definite come skills (saper fare) e  conoscenze (sapere).