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INTRODUZIONE 
Dopo la pace di Cateau Cambrèsis del 1559, che pose fine al conflitto tra gli 
Asburgo e la Francia, si venne a costituire un nuovo equilibrio in Italia. Le mire 
espansionistiche francesi, che dal 1494 devastavano l’Italia, ebbero fine da allora. I 
francesi dovettero abbandonare tutti i loro possedimenti italiani e un nuovo rapporto 
di forze si venne a costituire sulla penisola. Protagonisti assoluti divennero gli 
spagnoli, i quali, direttamente o indirettamente, controllavano l’Italia per intero. Il 
Sud era completamente sotto influenza spagnola, e vi rimase pressochè fino al ‘700. I 
francesi mantenevano in Italia il Marchesato di Saluzzo e i rapporti con il Ducato di 
Savoia che alla fine passò dalla parte francese per estendere la propria influenza. La 
Repubblica di Venezia, sebbene attaccata sotto tutti i fronti durante la guerra, 
mantenne tutti i suoi possedimenti marittimi e rimase sostanzialmente neutrale. 
Posizione che formalmente ebbe sino al 1797 quando col trattato di Campoformio 
vide ridimensionata per sempre la sua influenza politico-economica nel 
Mediterraneo. Lo Stato della Chiesa rimase molto arretrato e legato all’influenza 
spagnola.  
Il Ducato di Toscana, invece, grazie all’abilità dei suoi Granduchi, riuscì a 
ritagliarsi uno spazio importante nell’economia delle relazioni geopolitiche del 
tempo. Uno dei sovrani senz’altro più lungimiranti fu Ferdinando I, quinto figlio 
maschio di Cosimo de Medici ed Eleonora di Toledo. Divenne cardinale all’età di 13 
anni e tolse la porpora solo quando convolò a nozze con Cristina di Lorena nel 1589. 
Succedette al trono nel 1587; si distinse da subito come abile stratega, curando  
rapporti diplomatici del Granducato in modo tale da mantenere la sua autonomia 
politica. Spalleggiò le campagne di Filippo III e quelle del Sacro Romano Impero e 
appoggiò Enrico IV di Francia che stava lottando contro la Lega Cattolica. Tutte 
queste relazioni diplomatiche si inserirono nell’ambizioso progetto da parte del
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Granduca di rendere Firenze militarmente ed economicamente indipendente dalle 
altre potenze.  
In politica interna infatti diede particolare impulso alle arti: durante il suo 
periodo di reggenza è ben noto il mecenatismo alla sua corte, incoraggiando la 
costruzione di notevoli opere pubbliche (A lui si deve la costruzione di Villa 
Medici). Promosse una riforma fiscale che incoraggiò i traffici commerciali e 
riorganizzò l’apparato burocratico. Notevole fu lo sviluppo del porto franco di 
Livorno, il quale divenne un rifugio sicuro per esuli ed espulsi provenienti soprattutto 
da Spagna e Inghilterra. Fu proprio da questo periodo che Livorno divenne un 
importante centro marittimo ed economico, punto di approdo di genti dalle più 
diverse culture nel Ducato. La città si trasformò da piccolo centro di provincia a 
importante porto snodo del Mediterraneo. Era inglese il capitano, Robert Thornton,  
della spedizione che Ferdinando progettò di compiere nei primi del 600’ e che 
prevedeva la fondazione di una colonia nelle Americhe. Thornton era un ufficiale 
della marina inglese con un passato da corsaro, che fu costretto ad abbandonare 
l’Inghilterra a causa delle persecuzioni religiose che imperversavano durante quel 
periodo. Stessa sorte per il navigatore e cartografo Robert Dudley, stimatissimo dal 
Granduca, autore del primo atlante marittimo a stampa pubblicato nel 1646, dal titolo 
“dell’Arcano del Mare”. Dudley e Thornton furono la mente e il braccio del progetto 
coloniale di Ferdinando, il quale era fortemente interessato alla creazione di una 
colonia per assicurare futuri possedimenti oltre confine per i figli. Il progetto iniziale 
però non prevedeva una missione in Sudamerica.  
Il granduca tentò attraverso le sue abilità diplomatiche a strappare un 
possedimento in Africa, soprattutto per i minori costi che l’operazione avrebbe 
comportato. I re dei mari del tempo, prima dell’avvento di Inghilterra, Olanda e 
Francia come potenze coloniali, erano Spagna e Portogallo. Questi ultimi, in 
particolare, furono i primi a costruire avamposti commerciali che permisero loro il 
controllo costante dei mercati e il predominio sulle rotte, prima nel Mediterraneo e 
poi sull’Atlantico. Nel 1494 il Trattato di Tordesillas, sancito con la bolla papale 
Inter Caetera da Alessandro VI Borgia, divideva sostanzialmente il mondo 
extraeuropeo in un duopolio gestito dall’impero portoghese e da quello spagnolo. Il 
Ducato di Firenze poco poteva offrire in cambio a delle potenze che controllavano
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per mari e per terra il mondo. In più Spagna e Portogallo si configuravano come due 
imperi sostanzialmente differenti: il primo aveva impostato una politica coloniale 
aggressiva, fondata sulla conquista militare e sullo sfruttamento massiccio delle 
risorse economiche che garantivano lucrosi proventi alla Corona spagnola. I 
Portoghesi fondavano la loro forza su un impero commerciale imponente, con la 
fondazione di avamposti strategici sulle coste africane e indiane. Furono i primi ad 
entrare in contatto con i giapponesi e scalzarono i veneziani nel commercio delle 
spezie, bene di lusso delle società dell’epoca. A Ferdinando non restava che trovare 
un territorio ancora libero dall’influenza di qualcun altro in cui poter finalmente dar 
vita al proprio progetto coloniale. La soluzione ricadde quindi aldilà dell’Atlantico. 
E’ bene sottolineare che non tutti i progetti di colonizzazione andavano a buon fine: i 
costi da sostenere per la creazione e il pagamento dell’equipaggio erano spesso 
insostenibili, e non sempre gli investimenti davano i propri frutti. Inoltre bisogna 
considerare che nel mezzo di una traversata atlantica i pericoli da fronteggiare per 
terra e soprattutto per mare erano notevoli: tempeste, carenze di cibo, malattie, 
attacchi di navi pirata. Inoltre, una volta acquisita militarmente la colonia, questa 
necessitava di forza lavoro e di ingenti risorse per i coloni, i quali dovevano 
contribuire alla creazione e alla crescita della stessa. Ferdinando però credeva 
tantissimo nel suo progetto e l’idea di creare un possedimento coloniale extra italiano 
lo stuzzicava soprattutto per la possibilità di rendere il suo Ducato una potenza 
economica e militare al pari di quelle spagnola e portoghese. La scelta ricadde su un 
territorio riconducibile adesso a quello della Guyana, poi diventata francese, e l’idea 
originaria era quella di impiantarvi coloni provenienti da Lucca e Livorno. Dudley 
aveva già visitato l’Amazzonia nel 1595 e il progetto di Ferdinando divenne realtà 
quando nel 1608 decise di armare una caravella e di organizzare una spedizione nel 
Brasile settentrionale e nelle Guiane che partì da Livorno. Insieme a Thornton 
decisero di visitare l’area del Rio delle Amazzoni e dell’Orinoco, alla ricerca di oro. 
L’obiettivo, almeno inizialmente, era quello di fondare un avamposto commerciale 
da base per le future spedizioni. A bordo del galeone Santa Lucia, navigarono per 
conto di Ferdinando per quasi un anno, facendo tappa a Trinidad e alla Caienna. 
Thornton rientrò a Firenze il 7 febbraio dell’anno seguente, con a bordo animali 
tropicali e qualche aborigeno locale. Sfortunatamente, però, Ferdinando morì qualche
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mese prima del suo arrivo e  il navigatore inglese non ebbe mai il piacere di riferire 
al Granduca riguardo le sue scoperte. Gli successe Cosimo II de Medici che decise di 
non dare seguito agli investimenti coloniali del suo predecessore. La situazione 
geopolitica divenne ancora più pressante e il piccolo Ducato tentò di destreggiarsi 
con varie difficoltà all’interno del mosaico di schieramenti che continuamente si 
fronteggiavano per l’egemonia sull’Europa: per il bilancio statale diventava 
impossibile investire così tante risorse per l’espansione militare.  
Da lì in avanti, la priorità fu quella della difesa dei confini nazionali e 
dell’investimento in politica interna. Probabilmente se Ferdinando fosse stato ancora 
vivo al ritorno del capitano inglese, la colonia si sarebbe costituita e nel cuore del 
Sudamerica, forse, ancora oggi, avremmo uno Stato di origine italiana.  
Nella stesura del lavoro divido la trattazione in tre capitoli. Il primo 
costituisce un’analisi sulla situazione geopolitica italiana post 1559, influenzata 
fortemente dall’esito dalla pace di Cateau Cambrèsis. Accanto ad una fotografia 
degli Stati territoriali italiani, vi è uno studio sulle politiche coloniali degli spagnoli e 
dei portoghesi, assoluti protagonisti in tutto il Cinquecento delle spedizioni 
marittime.  
Il secondo capitolo riguarda l’origine, lo sviluppo e il progetto di 
colonialismo del Granducato di Toscana. Vi è un iniziale trattazione della famiglia 
Medici, assoluta protagonista delle vicende fiorentine. Nella seconda parte analizzo, 
sulla base delle fonti consultate, il viaggio del 1608 compiuto da Dudley e da 
Thornton.  
Nel terzo capitolo invece tratto la colonia brasiliana e il modo in cui 
prosperò sotto la giurisdizione portoghese. Inoltre, riporto alcuni mercanti 
indipendenti italiani che nella colonia riuscirono a produrre notevoli profitti da 
semplici investitori privati.
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CAPITOLO 1 
L’EQUILIBRIO GEOPOLITICO DOPO CATEAU 
CAMBRÈSIS E LE POLITICHE COLONIALI DEGLI 
STATI EUROPEI 
 “La disgratia mia vuole che in me si trovino tre cose: l’una è la molta e 
lunga servitù, ch’io porto a Nostro Signore; l’altra l’obligo et la pietà ch’io ho alla 
calamità del re e di quella madre; la terza, la rovina d’Italia, la quale m’è sempre 
dinanzi agli occhi, e non posso patire che la procuriamo, essendo il poter nostro il 
schifarla”
1
 
1.1 Lo scenario geopolitico: L’Italia dopo la pace di Cateau 
Cambrèsis 
 
Il 3 aprile 1559 con la firma della pace di Cateau-Cambrèsis
2
 si conclusero 
le guerre italiane e i sessantacinque anni di conflitto quasi permanente tra Francia e 
 
1
   In una lettera senza destinatario, l’ambasciatore italiano Canossa, per conto dei Valois, scriveva 
amaramente queste parole, senza rassegnarsi all’irrilevanza politica delle èlites italiane all’interno 
della penisola. Teatro degli scontri tra Francia e Spagna, l’Italia da fine Quattrocento venne sconvolta 
dalle guerre d’Italia. Pierre Nevejans e Guillaume Alonge , cit. da Ambasciatori: diplomazia e politica 
nella Venezia del Rinascimento. Prefazione di Sergio Luzzatto, 276. Roma, Donzelli Editore, 2019, pp 
25-26. Per ulteriori informazioni sull’argomento, si veda Laurent Baggioni, Antoine Franzini, La 
Corse du XVe siècle. Politique et société. 1433-1483, 2008, pp. 247-252.   
2
   Le Cateau Cambrésis, che poneva fine alla guerra (una ripresa del conflitto tra Francia e Asburgo) 
tra il 1557 e il 1559, che aveva impegnato Enrico II di Francia contro Filippo II di Spagna, alleato 
all'Inghilterra. Due furono i trattati che siglarono la pace: il primo (12 marzo-2 aprile) tra i 
rappresentanti del re di Francia, Enrico II, e quelli della regina d'Inghilterra, Elisabetta; il secondo tra 
la Francia e il re di Spagna, Filippo II (3 aprile). Emanuele Filiberto di Savoia riprendeva il suo Stato 
di Savoia. La Spagna conservava i propri domini in Italia, acquistava alcune piazzeforti come quella 
in Maremma e controllò direttamente e indirettamente tutta la penisola. Per un approfondimento 
riguardo i trattati della pace, si veda Haan Bertrand, Une paix pour l'éternité: la négociation du traité 
du Cateau-Cambrésis, Casa de Velázquez, 2017. Álvarez, M. F., La Paz de Cateau-Cambresis. 
Hispania, 1977, p. 530.
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Asburgo, iniziata con Carlo V e Francesco I nel 1521
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. Nel trattato siglato tra Filippo 
II di Spagna e Enrico II di Francia, veniva decretato il ritiro di tutte le truppe francesi 
dalla Toscana e si definiva la fine della Repubblica Senese con l’ultimo atto della 
resa di Montalcino: la città toscana venne inglobata nei possedimenti del Ducato di 
Toscana sotto Cosimo I.
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 Fu l’inizio della dominazione spagnola in Italia. Prima 
della pace definitiva furono stipulati vari trattati di pace o di tregua, a Madrid, a 
Cambrai e a Vaucelles, ma non definitivi. La famosa battaglia finale di San Quintino 
decise la guerra, nella quale l’esercito di Emanuele Filiberto la spuntò contro i 
francesi.
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 A circa sessanta chilometri da Madrid possiamo ammirare ancora oggi il 
palazzo dell’Escorial, il quale fu costruito da Filippo II proprio per commemorare la 
vittoria. Il complesso, formato dalla basilica, monastero, palazzo e biblioteca, è 
ancora oggi sede della corte e da Carlo V i sovrani spagnoli vengono sepolti qui dopo 
la loro morte.
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 L’Escorial, nella cultura di massa dell’epoca, si ergeva soprattutto a 
 
3
  Le ostilità tra imperiali e francesi iniziarono nel 1521, fino al febbraio 1525, quando a Pavia 
l’esercito imperiale sconfisse i francesi. Lo stesso Francesco I, che partecipava alla battaglia, fu fatto 
prigioniero e condotto a Madrid, dove dovette firmare la pace di Madrid (1526). Con la resa la Francia 
rinunciava a tutti i territori italiani. Dopo la sconfitta Francesco si preoccupò di riprendere le ostilità e 
di riguadagnare i territori perduti. Clemente VII, preoccupato da Carlo V e dalle sue mire 
espansionistiche sull’Italia, temeva anche un’invasione nello Stato della Chiesa. Decise di costituire 
un’alleanza antispagnola (la lega di Cognac), a cui aderirono la Francia e gli altri stati italiani (Milano, 
Venezia, Firenze, Genova), preoccupati dalla forza dell’impero spagnolo. Nel 1527 Carlo V inviò 
dunque in Italia, contro le truppe della Lega di Cognac, un esercito di circa 18 mila mercenari, tra cui i 
famosi lanzichenecchi. Essi misero a ferro e fuoco Roma: fu l’episodio del Sacco di Roma. I soldati si 
lasciarono andare ad una serie di soprusi e nefandezze ai danni della popolazione. Il Sacco di Roma 
spinse il popolo di Firenze all’insurrezione: i Medici furono nuovamente cacciati e venne restaurata la 
repubblica (1527). A Genova  fu deposto il doge filo-spagnolo in carica; l’ammiraglio genovese 
Andrea Doria, alleato di Francesco I, occupò la città (1527), mettendo a disposizione della Francia 
navi e capitali. L’anno seguente, però, Andrea Doria passò dalla parte spagnola. La pace, necessaria 
per gli altissimi costi economici e umani, fu sancita a Cambrai (estate del 1529): la Francia rinunciava 
a tutti i territori in Italia: conservava solo la Borgogna e l’Artois. Nel 1530 papa Clemente VII 
consegnò la corona imperiale a Carlo. In cambio, chiese il ritorno della signoria dei Medici (di cui il 
pontefice faceva parte) a Firenze, impegno che le truppe imperiali mantennero nello stesso 1530. Per 
un approfondimento sulla battaglia di Pavia, si veda Paolo Pintacuda, La battaglia di Pavia: nei 
pliegos poetici e nei romanceros, M. Baroni, 1997. Per approfondimenti sul Sacco di Roma, si veda 
Robert Weiss, Lineamenti per una storia degli studi antiquari in Italia dal dodicesimo secolo al sacco 
di Roma del 1527, Rinascimento, 1958, p.141. 
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    Sulla resa di Montalcino, si veda Guido Falorsi, Progetto di Piero di Niccolò Machiavelli al Duca 
Cosimo de' Medici per cacciare di Toscana Francesi e Spagnuoli e per instituire una Armata toscana 
(1560), 1913, pp. 143-146. 
5
   Sulla battaglia, si veda Ermanno Ferrero, Una nuova Storia di Filippo II, Histoire de Philippe II. 
Tomes III et IV, 1883, pp.405-421.  
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   Sul palazzo dell’Escorial: e sul progetto architettonico, si veda de Tudela,  Marmi e pietre dure    
nella decorazione della basilica dell’Escorial sotto Filippo II. Edizione Splendor Marmoris. Grégoire 
Extermann e Ariana Varela Braga, I colori del marmo tra Roma e L’Europa, da Paolo III a