INTRODUZIONE 
Analizzare l’omosessualità nel Musical Theatre da un punto di vista teatrale 
e non sociologico è l’obiettivo che mi sono posto e che mi ha spinto a scrivere 
questo elaborato.  
Il testo si divide in quattro capitoli. Il primo è un breve excursus sulla storia 
del Musical sin dalle sue prime manifestazioni fino ai tempi recenti. Uno sguardo 
alle sue origini e ai molteplici generi che hanno contribuito alla sua nascita, tra i 
quali, l’operetta e il minstrel show a cavallo tra XIX e XX secolo, permette di 
tratteggiare meglio la tipologia spettacolare del musical che deve divertire un 
pubblico multietnico come quello americano. Musical come Show Boat (Oscar 
Hammerstein II e Jerome Kern, 1927) e Porgy and Bess (George e Ira Gershwin, 
1935) contribuiranno allo sviluppo del genere verso la sua forma moderna che 
troverà il suo primo esempio in Oklahoma! (1943) ad opera della coppia Rodger e 
Hammerstein. Da Oklahoma!, infatti, prenderà sempre più piede, nella struttura 
dei musicals, l’integrazione dell’azione drammatica nella danza e nel canto e si 
tratteranno anche temi seri e più complessi che porteranno poi a musicals come 
West Side story (Sondheim, Bernstein, Laurents a Robbins, 1957), Hair (Galt 
MacDermot, James Rado e Gerome Ragni, 1967), The Phantom of the Opera 
(Webber, Hart, Stilgoe e Lerner, 1986) e lo stesso Rent. 
Il secondo capitolo tratta gli elementi basilari del genere: forma e struttura, 
con riferimento anche alle forme della tradizione operistica da cui il musical 
attinge a piene mani, a cominciare dall’alternanza tra arie e recitativi. Di norma in 
due atti dalla durata complessiva di due ore, due ore e mezzo, la struttura di uno 
show prosegue attraverso numeri e generi di varia natura, la cui distribuzione non 
segue uno schema fisso e rigido, ma varia da musical a musical. Possiamo 
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comunque rintracciare delle costanti, come ad esempio, l’impiego di brani corali 
alla fine del primo e del secondo atto.  
Nel terzo capitolo invece mi sono concentrato a fornire una storia dei 
musicals a tematica omosessuale. Tanti i titoli che vanno in scena in teatri minori 
e spesso fuori dal circuito newyorkese per via dell’argomento trattato che solo sul 
finire degli anni sessanta comparirà sui palcoscenici di Broadway: dapprima, in 
ruoli d’antagonista o comprimari come in Coco, Applause, A Chorus Line. Solo 
con La Cage Aux Folles (1983) i protagonisti George e Albin sono omosessuali. 
Nell’ultimo trentennio poi si assiste a uno sviluppo di titoli che affrontano 
l’AIDS, la bisessualità, la transessualità, l’omosessualità in un ambiente cattolico. 
Si mettono in scena quindi tematiche ritenute scottanti e il personaggio 
omosessuale acquista molte sfumature che ne arricchiscono la figura.  
Il caso certamente più noto è Rent a cui dedico il quarto capitolo, 
soffermandomi in particolare sui personaggi gay. Jonathan Larson, l’autore, crea 
un musical dove l’omosessualità è vista in più di un solo aspetto e ne è uno dei 
temi principali. L’ampia diffusione e il successo che Rent ha ottenuto nel mondo 
inoltre ha aperto la strada ad altri titoli come il recente Priscilla e ha 
definitivamente sdoganato l’argomento, segnando una tappa fondamentale nel 
panorama del musical a tematica gay. Rent, trasposizione moderna de La Bohème 
di Giacomo Puccini, racconta le vicende di un gruppo di artisti spiantati nella New 
York degli anni ottanta. I disagi della loro condizione, il rapporto conflittuale con 
la società americana del periodo e in particolare con la classe medio-alta, la forza 
di ribellarsi alle istituzioni, lo spettro dell’AIDS e la convivenza con la malattia 
sono temi che vengono sapientemente distribuiti lungo la partitura, priva di parti 
recitate e composta da soli numeri musicali dalle forti sonorità rock. Ad argomenti 
più generali s’intrecciano i sogni e i desideri dei personaggi che cercano di vivere 
ogni attimo della loro vita al pieno delle loro forze perché potrebbero morire da un 
momento all’altro, essendo tutti sieropositivi ad eccezione di Mark, che in virtù 
della sua differenza, acquista il ruolo di narratore della vicenda; il suo duplice 
ruolo, di personaggio e narratore, è sottolineato dal suo lavoro: Mark gira un 
documentario sulla vita dei suoi amici. Tra i protagonisti quattro sono i 
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personaggi omosessuali: il professore di filosofia Tom Collins, la drag queen 
Angel, L’avvocata Joanne e l’attrice Maureen.  
Ho quindi analizzato Rent facendo riferimento a uno spettacolo preciso di 
Broadway: quello della chiusura dell’allestimento durato dodici anni avvenuta il 7 
settembre 2008. La costante che caratterizza questa messinscena è l’essenzialità di 
scenografia, costumi e coreografie a favore dei temi narrati e dei sentimenti dei 
personaggi che tengono agganciato lo spettatore per tutta la durata dello show. 
Spazio ai singoli quindi e alla sapiente caratterizzazione, anche psicologica, del 
personaggio che viene colto in diverse sfumature, sia nel testo, sia nella 
recitazione. 
Rent attualmente è di nuovo in scena a New York, con nuovi interpreti e una 
nuova veste, a testimonianza del grande successo ottenuto e del valore artistico 
dell’opera scritta da Larson. 
 
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I 
IL MUSICAL THEATRE: BREVI CENNI STORICI 
 
Il Musical Theatre, o più semplicemente Musical, è espressione 
culturale del mondo anglosassone, in particolare degli Stati Uniti. È 
impossibile ripercorrere in poche righe la sua storia. Mi limiterò perciò a 
porre un riflettore su alcuni punti fermi del genere.  
Il Musical affonda le sue radici in un nutrito numero di generi: il 
repertorio operistico, in particolare Operetta e Opéra-comique, spesso 
filtrato dalle traduzioni in lingua inglese per i teatri londinesi
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; il 
Vaudeville, la Pantomima, il Burlesque (derivante a sua volta dal genere 
Extravaganza); i minstrel shows dove persone truccate di nero e con i 
lineamenti esagerati, caricaturali, imitano tipologie divenute poi standard di 
afroamericani. Nel XIX e almeno nella prima metà del XX secolo il 
Musical Theatre era sovrapponibile, se non interamente in larga parte, ai 
generi succitati. In questo periodo i musicals erano spesso paragonabili a 
riviste, con poca integrazione tra testo e musiche. Il libretto e la trama erano 
relegati in secondo piano, con una maggiore attenzione all’aspetto 
spettacolare e, in particolar modo negli anni della depressione, alle 
frivolezze e ai costumi sontuosi, proprio per venire incontro al desiderio di 
evasione del pubblico dalla cruda realtà, spesso ambientando le storie in 
                                                           
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 A fianco del teatro in lingua inglese negli Usa, grazie alla multiculturalità del paese, si 
rappresentano generi teatrali in altre lingue e questo vale anche per il teatro musicale, 
soprattutto per le opere e le operette in italiano, francese e tedesco. 
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ambienti lontani, esotici. Due titoli si distaccano dall’andamento generale 
del periodo: Show Boat e Porgy & Bess. 
Show Boat, con libretto di Oscar Hammerstein II (1895-1960) e 
musiche di Jerome Kern (1855-1946), apre allo Ziegfeld Theatre di New 
York il 27 dicembre del 1927. Una maggior integrazione tra libretto e 
partitura, l’attenzione ai dialoghi, la cura del movimento e delle coreografie, 
i temi drammatici affrontati ne fanno una pietra miliare del genere. Altre 
novità sono la caratterizzazione dell’afroamericano – non più una caricatura 
ma un personaggio in grado di sostenere ruoli drammatici – e soprattutto la 
sua contestualizzazione nella storia, con riferimenti alla sua situazione e al 
razzismo di cui è vittima. 
Porgy and Bess, di George (1898-1937) e Ira Gershwin (1896-1983), 
è datato 1935. In bilico tra Opera e musical
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 è considerato padre 
dell’Operatic Musical, sottogenere di cui fanno parte titoli come West Side 
Story e The Phantom of the Opera. Anche qui la tematica razziale è trattata 
con un realismo sconosciuto per l’epoca. 
Sicuramente è la coppia Rodger e Hammerstein ad avere condizionato 
di più il Musical Theatre. Autori di grandi successi come South Pacific 
(1949), The King & I (1951), The Sound of Music (1959), è con Oklahoma! 
(1943) che la rivoluzione iniziata da Show Boat trova eco e si sviluppa 
ulteriormente. Ambientato nell’Ovest di inizio Novecento, molte sono le 
novità apportate, a cominciare dalla scena iniziale dove il classico numero 
d’ensemble con belle ragazze che ballano e cantano lascia il posto a Zia 
Eller, sola in scena, che sbatte il burro. Curly, il protagonista, inizia a 
                                                           
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 Porgy and Bess rimane difficile da classificare: se infatti da un lato contiene veri e 
propri showtunes (canzoni di notevole successo come “Summertime”, “It Ain’t 
Necessarily So”), dall’altro ci sono brani con una tessitura vocale estesa e un ensemble 
operistico che richiedono una tipologia di canto atipica per uno show di Broadway 
dell’epoca. I dialoghi in prosa sono sostituiti da recitativi cantati e anche questo separa 
Porgy and Bess dal teatro musicale del periodo. Lo show comunque va in scena a 
Broadway per espressa volontà di George Gershwin ottenendo un totale di 124 repliche, 
niente di eccezionale per gli standard di Broadway ma un grande successo per gli 
standard operistici.  
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cantare Oh What a Beautiful Morning fuori scena, senza accompagnamento. 
L’ambientazione Western richiede costumi privi di quella ricchezza e lusso 
tipici dei Musicals dell’epoca. Le coreografie, ad opera di Agnes de Mille, 
si integrano nel plot e continuano a illustrare i personaggi, insieme alle 
azioni. L’importanza della storia, le canzoni che sembrano uscire 
spontaneamente dai personaggi e dalle situazioni narrate, la complessità e la 
forza dei personaggi femminili, l’uso di lunghe scene musicali, l’approccio 
schietto ai problemi sociali e morali, sono tutte innovazioni che lasciano il 
segno negli autori e nelle opere successive e decretano la nascita del 
musical che tutt’oggi intendiamo. 
Con West Side Story (1957) , rivisitazione in chiave moderna di 
Romeo e Giulietta, i giovani e le loro problematiche entrano a Broadway. I 
quattro autori – il librettista Stephen Sondheim, il compositore Leonard 
Bernstein, lo scrittore Arthur Laurents e il regista e coreografo Jerome 
Robbins – lavorano insieme per fare della danza, del copione, della musica 
e delle parole un continuum artistico. Bernstein unifica la partitura grazie a 
un uso strutturale del tritono, presente nel motivo d’apertura, e nelle 
melodie di molti brani, tra cui “Maria”. 
Hair (1967 off-Broadway
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, 1968 Broadway), con musiche di Galt 
MacDermot e libretto di James Rado e Gerome Ragni, segna a tutti gli 
effetti l’ingresso della musica rock e pone le basi per i successivi rock 
musicals. Attraverso un gruppo di giovani hippies, Hair tocca molte 
tematiche scottanti care alla generazione giovanile dell’epoca: la guerra e la 
sua futilità, l’uso di droghe, la libertà sessuale, l’omosessualità, la tolleranza 
razziale, il rispetto per gli individui e l’ambiente.  Hair utilizza stilemi e 
metodi tipici del teatro d’avanguardia e dello happening che si 
                                                           
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 Per Off-Broadway s’intendono i teatri situati a New York con capienza compresa tra 
100 e 499 posti. Le produzioni Off-Broadway sono caratterizzate da un minor costo 
d’allestimento: scene e costumi ridotti al minimo, attori poco conosciuti o addirittura 
debuttanti. Esiste anche il circuito  Off-Off- Broadway, caratterizzato da produzioni 
ancora più spartane in sale con capienza inferiore ai 100 posti. 
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