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requisito stringente imposto per l’assegnazione in quanto non si richiede il rispetto di
altre prerogative come età o reddito.
Consiglio Metropolitano del cibo e Food Policy
Al fine di esplicitare il richiamo alla Food Policy di Milano, si riassumono i punti
essenziali del testo deliberato relativo al Consiglio Metropolitano del Cibo e anche
quelli relativi all’adozione della Food Policy stessa
3
.
Il Consiglio del cibo (Food Council) promuove processi di corresponsabilizzazione
degli attori del sistema del cibo milanese (area vasta) attraverso specifici percorsi
partecipativi che abbiano un carattere inclusivo. Questa corresponsabilizzazione trova
le sue ragioni nella complessità dei temi in campo, che richiede un lavoro “a più voci”
in modo da garantire uno spazio adeguato a tutte le componenti del sistema del cibo
milanese nelle fasi di indirizzo e di valutazione periodica della politica alimentare
(Food Policy), nel suo aggiornamento e nell’individuazione di ulteriori obiettivi e
progettualità.
In generale, si può dire che un food council sia un gruppo di attori legati al sistema
alimentare (rappresentanze socioeconomiche, membri della società civile, referenti
istituzionali, esperti, lavoratori, ecc.) che esamina il funzionamento del sistema
3
Le informazioni che seguono sono state ottenute attraverso il sito internet istituzionale della Food
Policy di Milano (http://www.foodpolicymilano.org, consultato per l’ultima volta il 2 maggio 2023). In
particolare, nella priorità 2, tra gli indirizzi lo statuto della Food Policy riporta: “Il Comune favorisce le
attività agricole e orticole su tutto il territorio comunale.” Tra le azioni promosse vi sono: “a)
Promuovere la diffusione e la qualificazione di tutte le forme di agricoltura e orticoltura urbana (es.
coltivazioni su terra, terrazzi, tetti, pareti, idroponica, ecc.), utilizzando laddove possibile acque reflue”.
Nella priorità 1, tra gli indirizzi lo statuto della Food Policy riporta: “3. Il Comune opera attivamente
per promuovere e facilitare diverse forme di agricoltura e orticoltura urbana, così come la costituzione
e il consolidamento di reti e di attività volte a creare inclusione sociale e fornire cibo alle fasce deboli
della popolazione (mense comunitarie, mense sociali, forme di aggregazione sociale per la produzione
e il consumo di cibo sostenibile, ecc.).” Inoltre, tra le azioni si cita anche: “a) Destinare tutte le aree
agricole pubbliche alla produzione agricola e orticola sia di tipo professionale sia per autoconsumo e
piccolo commercio locale.”
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alimentare (dal livello locale a quello regionale e statale) e sviluppa modalità per
migliorarlo.
Le politiche alimentari sono soprattutto strumenti di governance che servono a
connettere attori e temi legati al cibo formalizzandone gli spazi di intervento, gli
obiettivi e le procedure necessarie a definire le politiche stesse, a realizzarle e a
misurarle. L’espressione è utilizzata sia per definire il campo di azione sia per
identificare gli strumenti tecnici attraverso cui viene costruita e implementata nonché
meccanismi di verifica degli effetti delle azioni in rapporto alla visione iniziale. A
partire da Expo 2015 la città ha adottato una politica alimentare, definita Food Policy,
che ha l’obiettivo di rendere più equo e sostenibile il sistema alimentare di Milano.
La Food Policy armonizza i progetti che l’Amministrazione e gli attori della città
portano avanti sul tema dell’alimentazione. È un insieme di politiche integrate che
delinea una visione condivisa sul futuro rapporto della città con il cibo e definisce le
azioni chiave per attuarla. Il Comune declina nel proprio operato i principi definiti a
livello internazionale sul tema del diritto al cibo per sviluppare un sistema alimentare
in grado di garantire un cibo sano e acqua potabile in quantità sufficiente e accessibile
a tutti, in un’ottica di equità, resilienza e sostenibilità articolata nelle sue componenti
sociali, economiche e ambientali.
2.3 Gli orti urbani a Milano
A Milano, gli orti urbani sono realizzati su iniziativa di realtà del Terzo Settore e
privati cittadini all’interno di spazi, spesso di proprietà comunale, lasciati liberi da
precedenti interventi di urbanizzazione. L’assegnazione dei territori avviene su base
volontaria: il Comune mette a disposizione aree libere a cittadini che ne facciano
richiesta, a seguito dell’emanazione di un apposito bando.
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Figura 9 – Una tipica area orticola comunale milanese (municipio 7, area Viterbo-Bentivoglio). La
struttura è squadrata e ordinata; le celle, tutte con le stesse dimensioni, sono ben differenziate e
ciascuna è dotata di un capanno prefabbricato all’interno della quale deporre gli attrezzi e quanto
necessaria alla coltivazione. Un impianto idrico allacciato all’acquedotto rende disponibile l’acqua per
l’irrigazione (Fonte: Google Maps)
I requisiti, sia di coloro che possono presentare domanda, sia degli interventi ammessi,
variano molto. Prevalentemente, i beneficiari sono persone anziane o residenti nel
comune da un periodo di tempo prefissato o associazioni di volontariato. Le colture
ammesse sono molteplici: è solo richiesto che non siano prodotte per scopi di lucro.
Sono preferite le seguenti norme agronomiche:
• l’utilizzo di tecniche di coltivazione con materiali naturali e biodegradabili ed
eco-sostenibili
• l’impiego di sementi e materiali propagativi riproducibili, la moltiplicazione e
lo scambio degli stessi
• la rotazione delle coltivazioni, l’interramento di apposite colture per
fertilizzare il terreno
• la concimazione del terreno tramite fertilizzanti organici, sostanze minerali
naturali e compost
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• il ricorso alla pratica della lotta biologica per combattere gli organismi dannosi
alle colture con l’uso di prodotti omeopatici, di macerati vegetali e di prodotti
ammessi dal disciplinare di produzione biologica.
2.4 Una mappa degli orti urbani
Nel centro città del capoluogo, a causa dell’elevatissima pressione antropica, gli orti
sono pressocché inesistenti, ma basta dare uno sguardo alle porzioni occidentali e
meridionali del territorio del Comune di Milano per notare quanto siano numerosi
laddove si estende il Parco Agricolo Sud Milano [fig. 11], che nei suoi progetti di
promozione e valorizzazione dell’agricoltura di prossimità ha visto quali protagonisti
attivi non solo le istituzioni ma anche la popolazione locale sempre più attenta e
consapevole dell’importanza del vivere in un ambiente più sano e inclusivo (Cognetti
e Conti, 2010; Cattivelli, 2014)
Fig. 10 – Mappa degli orti urbani della città di Milano (elaborata a partire da dati Italia Nostra, 2018).
Fonte: EyesReg, Vol.10, N.3, maggio 2020.
La ragione è semplice: il Parco Agricolo Sud Milano da anni è attivo nella promozione
e nella valorizzazione dell’agricoltura di prossimità e nei suoi numerosi progetti
coinvolge non solo le amministrazioni locali, ma soprattutto la popolazione locale. La
maggiore richiesta e disponibilità di orti urbani si spiega con una minore presenza di
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superficie urbanizzata e con la maggiore abitudine all’attività nonché nell’attività di
coinvolgimento di promozione operata da un ente particolarmente attento a questo
genere di iniziative (Cattivelli 2020). A nord, invece, dove dovrebbero notarsi gli
effetti benevoli della vicinanza del Parco Nord Milano, le aree adibite a orti sono
concentrate solo nel municipio 9. Nell’area 1, in centro città, non ci sono orti, seppur
in molti rilevano come iniziative verdi per abbellire i palazzi siano in aumento negli
ultimi anni.
2.5 Forme di coltivazione
Al di là del caso specifico dell’orticoltura urbana, facendo un’analisi più ampia sulle
pratiche agricole possiamo riassumere le forme di coltivazione in due grandi categorie:
monocoltura e policoltura. La monocoltura, come suggerisce il nome, è un’attività
agricola che prevede l’utilizzo di una sola specie o varietà vegetale. Al contrario, la
policoltura si riferisce alla coltivazione di specie e varietà diverse. Le specie possono
essere presenti in proporzioni diverse ma tutte hanno le cure necessarie per la loro
corretta crescita e sviluppo.
Per quanto concerne, invece, la struttura fisica degli orti, può declinarsi in aiuole a
terra o leggermente rialzate, aiuole a cassone [fig. 11] o aiuole a cumulo permanente
[fig. 11].
La coltivazione in aiuola a terra è la soluzione tecnica preferita dai neofiti ma anche
da molti esperti per abitudine consolidata. Si tratta di una tecnica tradizionale che
solitamente privilegia la monocoltura. Prevede la vangatura o la fresatura in modo
diffuso del terreno e il tracciamento dei passaggi tra un’aiuola e l’altra. La lunghezza
e la larghezza dell’aiuola varia in funzione delle specie coltivate. L’irrigazione è
effettuata per sospensione con canna e innaffiatoio oppure ad ala gocciolante. Tale
tecnica permette di riprogrammare ogni anno e stagione la superficie da dedicare alle
diverse specie ortive in funzione delle scelte colturali dell’ortista (Cucchi et al. 2020).
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Figura 11 –La soluzione tecnica delle aiuole a cassone è preferita dagli esperti e da coloro che hanno
mezzi economici o accesso a materiale riciclato adatti, nonché capacità realizzative. L’irrigazione può
essere manuale per scorrimento all’interno dei cassoni.
Fonte: www.momentocasa.it (consultato per l’ultima volta il 3 aprile 2023).
Figura 12 – La tecnica di aiuola a cumulo è utilizzata più raramente e in misura maggiore da ortisti
aperti a tecniche innovative e sostenibili, come l’agricoltura sinergica, rigenerativa o la permacoltura.
Le aiuole a cumulo vengono realizzate sia con terra sia con terra sia con materiale vegetale di riporto,
sia ancora con terra scavata in loco proveniente dalle zone di passaggio. I cumuli sono solitamente
pacciamati (ricoperti con materiale non vivente) con paglia secondo i dettami dell’orticoltura
sinergica. Tali cumuli sono disposti in modo lineare e parallelo, oppure in forme sinergiche della
spirale o dell’asola di accesso di scuola permacolturale.
Fonte: www.ortodacoltivare.it (consultato per l’ultima volta il 3 aprile 2023).
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Le tecniche policolturali permettono la coltivazione contemporanea di varie specie
associate tra loro secondo regole sinergiche di coabitazione e di aiuto reciproco
(occupazione degli spazi aerei e di quelli sotterranei e tutoraggio biunivoco in funzione
della luce e dell’ombra). Le stesse creano effetti di repellenza ai parassiti e di controllo
naturale alle avversità ospitando reciprocamente i relativi antagonisti. Questa tecnica
riduce gli apporti di fertilizzanti per unificazione progressiva del materiale
pacciamante, riduce l’apporto di acqua di irrigazione e trattamenti antiparassitari.
L’utilizzo permanente delle aree produttive diminuisce gli interventi di lavorazione del
terreno perché la diversità fa un uso ottimale delle risorse disponibili. Con le loro
differenze, le piante possono creare condizioni benefiche l’una per l’altra come, per
esempio, le insalate sotto i broccoli (le insalate traggono vantaggio dall’ombra leggera
nei mesi estivi). Riempiendo le aiuole di verdure si deve diserbare meno e si ha sempre
del raccolto perché i tempi di maturazioni sono differenti.
2.6 Visioni, metodi e pratiche di coltivazione
Potenzialmente, gli orti urbani possono avere un elevato impatto ambientale, in
particolare per quanto concerne le attività svolte per sostenere le produzioni. Va quindi
da sé che sia necessario porre una particolare attenzione nei confronti della
conservazione della fertilità del suolo, della gestione delle risorse idriche, della difesa
delle colture dagli agenti patogeni e dagli agenti atmosferici, riducendo al minimo, se
non addirittura eliminando, l’utilizzo di sostanze chimiche. In tal senso, la sempre
maggiore dell’attenzione nei confronti della sostenibilità ha portato a sviluppare
diverse metodologie di coltivazione particolarmente attente alla sostenibilità
ambientale e a sfruttare il terreno in una modalità più etica ed efficace.
2.6.1 La permacultura, un approccio progettuale olistico
Il termine permacoltura è stato coniato all’inizio degli anni Settanta in Australia da
Bill Mollison e David Holmgren. Il principio che stava alla base di questa nuova
disciplina prevedeva che si dovessero progettare e realizzare insediamenti umani
integrati con la natura circostante e quindi sostenibili. Questa parola, permacoltura,
prende forma dall’abbreviazione delle parole permanent agricolture oltre che di
permanent culture. Ovvero costruire una coltura fondata sulla sostenibilità
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nell’ambiente e su principi etici per l’utilizzo del suolo. Tutto questo deve essere
economicamente sostenibile nel medio o lungo periodo. La permacoltura propone di
ricreare la diversità presente in natura, con il progettare paesaggi e insediamenti umani
che interagiscono tra loro in armonia. Può essere considerata una filosofia, un modo
di vivere o ancora un insieme di metodologie da applicare alla coltivazione ed è
pertanto difficile definirla in modo univoco (Holmgren 2014).
La permacoltura cerca di individuare una linea comune di comportamento etico sulla
base di tre regole: accudire la Terra, curare l’uomo, condividere equamente le risorse.
Per prima cosa si occupa delle piante, degli animali, delle costruzioni e delle relative
infrastrutture (come acqua ed energia). Ognuno di questi elementi interagisce con gli
altri sulla base della loro disposizione in un’area definita in cui sono inseriti. Scopo
ultimo è creare sistemi con una struttura ben definita, ecologicamente sostenibili e che
siano in grado di produrre un valore nel lungo periodo. I fabbisogni primari devono
essere soddisfatti, per far ciò deve essere evitato l’inquinamento del suolo e il suo
sfruttamento eccessivo. L’equilibrio tra gli elementi è essenziale. Le loro qualità
intrinseche devono essere valorizzate e integrate nell’ambiente nel quale si trovano,
allo scopo di creare, sia in città sia in campagna, comunità che siano in grado sostenersi
impiegando la minore superficie di suolo possibile (Holmgren 2014).
La permacoltura si basa sia sulla conoscenza della tradizione contadina, sia su quelle
della moderna scienza e tecnologia. Il risultato di tutti questi studi e conoscenze è di
ottenere un ambiente coltivato, frutto di una sapiente progettazione, che produce
alimenti per l’uomo e per gli animali in modo maggiore di quanto accadrebbe in natura
(Holmgren 2014).
2.6.2 Il nuovo paradigma dell’agroecologia
L’agroecologia si occupa di cambiare il paradigma delle colture intensive a favore di
un nuovo concetto che abbracci non solo la politica e la produzione, ma anche la
cultura e la società nel suo insieme, inclusi il mercato e i consumatori. In pratica
l’agroecologia cerca di facilitare le interazioni positive tra le piante, gli animali, gli
esseri umani e l’ambiente, costruendo sistemi alimentari socialmente equi in cui le
persone possano decidere democraticamente come alimentarsi e come (e dove) debba