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 Ho iniziato la tesi affrontando la questione della globalizzazione, si 
pensava che cercando di pensare al mondo intero al posto che ai singoli, ci 
sarebbe stata più ricchezza per tutti. Ci si è però resi presto conto che non è così. 
E si è corso ai ripari, cercando delle soluzioni intermedie, unendo la 
globalizzazione con un attenzione particolare alle realtà locali.  
Ho quindi affrontato tutte le varie possibilità alternative, per cercare di 
contrastare la globalizzazione e aiutare le popolazioni più povere. Ci sono 
associazioni senza scopo di lucro che si occupano di queste realtà, integrandosi 
con la popolazione locale, in modo tale da poter loro permettere di essere 
autosufficienti in futuro.  
Anche dal punto di vista finanziario si sono creati dei modi per finanziare 
le persone che con la finanza ufficiale non riuscirebbero ad ottenere dei 
finanziamenti perché privi di garanzie.  
Ho quindi analizzato il fenomeno del commercio equo e solidale, 
raccontando anche le motivazioni che hanno spinto a muoversi in questa 
direzione, i punti di forza e debolezza, i criteri del commercio equo e solidale, la 
quota di mercato che ha raggiunto questo fenomeno, la formazione dei prezzi, la 
qualità dei prodotti, le caratteristiche dei consumatori che acquistano questi 
prodotti e sul perché li acquistano. Dato che i consumatori sui quali sono state 
condotte delle ricerche sono consumatori delle Botteghe del Mondo, consumatori 
quindi informati, ho voluto affrontare l’argomento parlando anche dei 
consumatori dei supermercati, vedere quale era la loro conoscenza sul fenomeno, 
la frequenza d’acquisto, le motivazioni che li spingevano ad acquistare questi 
prodotti, e l’uso che ne facevano, se era soltanto per consumo personale o se in 
alternativa utilizzavano questi prodotti anche per effettuare dei regali. 
Ho poi analizzato il caso specifico del caffé, la sua storia, la sua crisi, il 
prezzo di vendita e infine il caffé equo e solidale.  
Ho quindi concluso la tesi con l’approfondimento circa i sistemi di distribuzione 
di questi prodotti, trattando anche i casi specifici di CTM Altromercato e Coop, 
due imprese impegnate in modo diverso nella commercializzazione di questi 
prodotti.                    
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Capitolo 1 
La globalizzazione 
 A seguito del crollo del muro di Berlino e alla caduta del comunismo si è 
arrivati ad affermare che l’intervento dello Stato nell’economia non è praticabile. 
Da tutto ciò si è arrivati ad una crisi dei partiti socialdemocratici che per 
sopravvivere devono inseguire tesi neoliberiste. Da tutto ciò si è arrivati ad una 
crisi del welfare state in quanto se si pensa che le riforme sociali sono in parte 
frutto di rivoluzioni mancando la rivoluzione le riforme sociali a favore dei 
lavoratori e di categorie deboli non hanno più ragione d’essere.  
 A seguito di tutto ciò si è arrivati ad una prima conclusione affermando 
che il comunismo aveva perso e il capitalismo vinto. Dal punto di vista economico 
si stava entrando in un’era migliore, i salari stavano aumentando e la popolazione 
chiedeva di vivere meglio e con una maggiore sicurezza per il futuro.  
 Ed ecco apparire sul mercato un nuovo pericolo: “la globalizzazione”. Non 
era possibile vivere meglio, bisognava mettersi a lavorare come pazzi, perché 
nulla era più sicuro si rischiava di non essere competitivi a livello globale. Non si 
poteva più pretendere un aumento di salario, una diminuzione delle ore 
settimanali di lavoro, un lavoro sicuro e fisso, c’era sempre lo stesso problema la 
non competitività.   
 Si è arrivati inoltre ad un'altra questione: il dominio dell’economia 
finanziaria sull’economia reale. Oggi in tutto il mondo ogni giorno si scambiano 
ben 1500 miliardi di dollari, ma soltanto il 2 % di questi flussi monetari, 
corrisponde a contropartite di scambi di merci. Nessun paese è in grado di 
contrastare gli interessi del capitale finanziario e quando c’è un tentativo di fare 
ciò si assiste ad una fuga di capitali all’estero, con conseguenze disastrose 
sull’economia di quel paese.  
 La globalizzazione ha portato con sé anche fenomeni positivi, abbiamo 
avuto casi come quello europeo dove c’è stato un avvicinamento tra gli stati, una 
moneta comune e la fine di conflitti secolari. Però nonostante questo si è cercato a 
livello locale di coniugare locale e globale per rendere il mondo più vivibile.  
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 A tutto ciò però si contrappone la polarizzazione sociale su scala mondiale. 
Se si guarda al mondo intero e al rapporto nord sud si scopre che questo fenomeno 
e la crescita di ricchezza che ci sarebbe dovuta essere non si è avuta infatti, il 
divario Nord – Sud del mondo è andato sempre più aumentando infatti:  
 
 ξ   Il 20 % più povero della popolazione mondiale ha visto la propria quota di 
reddito PML (prodotto mondiale lordo) declinare dal 2,3 al 1,4 % in trent’anni; 
per contro, nello stesso periodo, il 20 % più ricco è passato a controllare dal 70 
all’85% di tutta la ricchezza monetaria prodotta sul pianeta. 
 ξ   Le attività di 358 miliardari superano la somma dei redditi annuali di un 
insieme di paesi che rappresentano il 45 % della popolazione mondiale.  
 
Ma se tutto ciò riguarda principalmente i PVS, anche per i paesi ricchi la 
situazione è andata peggiorando infatti se si effettua l’analisi per classi sociali si 
vede anche in questo caso un divario molto forte tra upper class e underclass e si 
ha una riduzione della middle class. Tutto ciò è dovuto al fatto che, dalla fine 
della seconda guerra mondiale e fino ai primi anni ’80, c’era un rapporto stretto 
tra crescita della produttività e crescita dei salari reali, tutto ciò aveva causato 
inoltre un welfare state e una mobilitazione sociale molto forte, in seguito però ci 
fu uno smantellamento di tutto ciò e ci fu anche una frantumazione dei grandi 
impianti produttivi causati dall’avvento della tecnologia e dalla delocalizzazione
1
 
produttiva su scala mondiale.  
 Tutto ciò porta ad una serie di conseguenze:  
 
 ξ   La crescita non crea più occupazione, almeno in misura adeguata ad 
assorbire le nuove forze di lavoro. 
 ξ   I salari reali perdono l’aggancio con il sistema dei prezzi e tendono 
progressivamente a flettere.  
                                                 
1
  Contrariamente a quanto si pensa il processo di delocalizzazione produttiva su scala mondiale 
era ben presente negli anni settanta, prima ancora che la parola <<globalizzazione>> diventasse un 
punto di riferimento obbligato    
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 ξ   La concentrazione del capitale finanziario e la fusione tra grandi imprese 
fanno un ulteriore balzo in avanti. 
 
 Tutto ciò è ben visibile osservando i dati relativi agli Stati Uniti d’America 
e al Regno Unito.  
 Negli Stati Uniti, nell’intervallo temporale 1950-78 la distribuzione del 
reddito nazionale è stata più favorevole al 20 % più povero della popolazione che 
ha visto il suo reddito reale crescere a un tasso medio annuo del 5 %, contro il 3,5 
% del 20 % della popolazione a reddito più elevato. Viceversa, nel periodo 1978-
93 il reddito reale pro capite del 20 % più povero è diminuito a un tasso medio 
annuo del – 1,3 % di contro a un incremento dell’1,2 del 20 % più ricco. Più in 
generale, il reddito pro capite è diminuito nelle prime tre fasce di reddito, mentre è 
aumentato nella quarta e quinta.  
 
 
 
 
 
 
Tabella 1. 1 Andamento del reddito reale delle famiglie negli Stati Uniti nel periodo 1950-78 
e 1978-93 (%) Fonte: Fair Trade, Tonino Perna 
 
 Non diversamente accade nel Regno Unito, dove a seguito del governo 
Thatcher, il 20 % più ricco della popolazione aveva aumentato il suo reddito reale 
del 62 % dal 1979 al 1992, mentre il 20 % più povero ha fatto registrare una 
caduta del 17 %. Nel 1994 la popolazione al di sotto della soglia di povertà era 
arrivata a 13,9 milioni (il 25 %), contro i 5 milioni (9 %) registrati nel 1979.  
 Anche se nel resto dei paesi occidentali la divaricazione sociale non è 
ancora così marcata, non c’è dubbio che la linea di tendenza sia questa. Il 
Classi di reddito 1950-78 1978-93
20 % più poveri 
II fascia  
III fascia  
IV fascia  
20% più ricchi 
+ 140 
+ 98 
+ 105 
+ 110 
+ 99 
19 
– 8 
– 4 
+5 
+18
 
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passaggio dalla società dei 2/3 alla società dei 2/5 (dove la maggioranza della 
popolazione è povera o a rischio d’impoverimento) genera angosce e resistenze in 
tutti i paesi dell’Unione Europea.  
 Nei paesi più poveri accade inoltre che i vari governatori cercano di 
attrarre le imprese estere in modo da poter godere anche loro di maggior 
ricchezza. Purtroppo però l’altra faccia della medaglia sono: esenzione delle tasse, 
libertà di entrata e di uscita dei capitali, lavoro di scarsa qualità, ripetitivo, 
sottoqualificato, precario, spesso pericoloso e inquinante, orari di lavoro illimitati, 
nessun controllo ambientale ecc.. Tutto ciò però è rimasto lo stesso concentrato in 
alcune aree del mondo quali: Cina, Messico, Malaysia, Argentina, Thailandia, 
Indonesia, Brasile, Nigeria, Venezuela e Corea del Sud e aree quali l’Africa 
subsahariana e l’Asia meridionale sono toccate solo marginalmente da questa 
economia e inoltre i profitti derivanti da queste attività ritornano totalmente nelle 
aree ricche. Ma anche nelle aree del nord del mondo che cose vanno abbastanza 
male in quanto in questi ultimi tempi, il lavoro è sempre meno pagato e le 
condizioni di lavoro sono peggiorate.