entrambe sono specifiche del contesto e relazionali. La creazione di conoscenza dipende da tutti i membri 
dell'organizzazione e non coincide con l'apprendimento da altri o con l'acquisizione di conoscenze 
dall'esterno; essa richiede che si attui un processo di internalizzazione delle varie abilità, ovvero che 
vengano riformate, arricchite e tradotte in modo da essere integrate con l'immagine che l'organizzazione ha 
di sé. La diffusione a livello organizzativo della conoscenza creata dagli individui e la sua sistematizzazione 
nella rete di conoscenza dell'organizzazione ha luogo entro una «comunità d’interazione» che si espande e 
attraversa i livelli intra e interorganizzativo e i confini che li separano.  
Queste attività prevedono la costituzione di un contesto facilitante per la realizzazione di tale processo, 
basato su un modello olografico da intendersi come «struttura di interferenze». Il funzionamento del nostro 
cervello, quale fonte di creazione di conoscenza, pare che sia basato sull’attivazione di un contesto del 
genere: ogni specifico ricordo è distribuito in qualche modo su tutto l'intero cervello, così come le componenti 
dell'intelligenza e del controllo. Il cervello è anche in grado di immagazzinare e trattare informazioni 
contemporaneamente in punti diversi. Questo processo di elaborazione in parallelo permette l'emersione di 
modelli e strutture che non sono imposti da un qualche centro gerarchicamente sovra-ordinato, ma che 
contribuiscono a definire l'identità del sistema nel suo insieme. La metafora dell'ologramma ci propone di 
vedere i sistemi come interi le cui caratteristiche sono contenute in nuce in tutte le parti, di modo che 
mantengano la capacità di rigenerarsi e di auto-organizzarsi su base continua, evidenziando quindi il 
carattere distributivo del loro funzionamento. Tuttavia i due emisferi cerebrali, pur svolgendo funzioni 
differenti, sono anche contemporaneamente coinvolti in ogni attività: ogni emisfero è dominante secondo le 
funzioni che vengono svolte. Un contesto così inteso comporterebbe allora che memoria, conoscenza e 
controllo siano diffusi e distribuiti per tutta l’organizzazione e quindi fra tutti i suoi componenti 
indifferentemente, in modo da favorire un andamento ciclico e trasversale fra i diversi livelli che rispetti la 
natura iterativa, non lineare ma interminabile, del processo di creazione di conoscenza organizzativa. 
Nel CAPITOLO SECONDO – APPRENDERE NELLE ORGANIZZAZIONI - si affronta il tema dell’apprendimento come 
capacità evolutiva. L’organizzazione viene osservata dal punto di vista della metafora cognitiva, quindi viene 
caratterizzata come sistema cognitivo o mente, al fine di poterla pensare come “soggetto di apprendimento”. 
Il carattere reticolare della conoscenza, riferito alle organizzazioni, può essere rappresentato come rete di 
nodi di elaborazione del sapere, o una rete di eventi, comunicanti attraverso un linguaggio comune. Tuttavia, 
ogni organizzazione può essere vista come un "nodo" di una rete più vasta, che produce e scambia 
conoscenza, servizi e beni con altre organizzazioni. L’apprendere è inteso come l’attività del porre ordine
 
alla 
complessità di modo che venga creato un senso attraverso la collocazione degli eventi all'interno di un 
contesto mentale. L'apprendimento come capacità di risposta di un’organizzazione ai problemi posti dalla 
complessità ambientale emerge dalla capacità di generare significati (dimensione cognitiva) e si ripercuote 
sulla generazione di comportamenti (dimensione operativa). Come ogni sistema vivente le organizzazioni 
umane sono sempre in tensione fra ordine e caos, fra il determinato e l'indeterminato, nel tentativo di 
richiamare una continuità funzionale che ne permetta una certa stabilità; tuttavia la loro attività si esplica 
attraverso l'incessante distruzione dell'equilibrio esistente: è un lavoro cognitivo, di riduzione della 
complessità percepita, e operativo, d’incremento della complessità dell'agire nel suo complesso. La 
sopravvivenza è assicurata quindi anche dal grado di capacità evolutiva e perciò le organizzazioni, intese nel 
senso di sistemi cognitivi - (come indicato nella presentazione delle ipotesi di partenza di questo lavoro) - 
necessitano di un comportamento adattivo, per realizzare quell'apertura conoscitiva che amplia la gamma 
dei comportamenti possibili: se l'identità deve essere conservata, lo schema di relazioni interconnesse 
incarnato dalla struttura deve invece acquisire quella necessaria flessibilità che permette di conseguire il 
cambiamento. Questo processo da un lato si caratterizza come conservativo, assicurando una certa 
stabilità, dall'altro lato si caratterizza come adattivo lungo linee di mutamento e sviluppo che richiedono di 
ripensare continuamente il proprio rapporto con l'ambiente al fine di facilitare l'evoluzione delle competenze 
distintive. 
E' in tale dinamica di riorientamento cognitivo e strutturale che si trova implicato il processo di 
apprendimento: è per il suo tramite che le potenzialità comportamentali possono essere aumentate e ciò 
comporta spesso anche l’esplicazione della capacità di disapprendimento, ovvero di selezione e scarto di 
conoscenze che si rivelano obsolete e fuorvianti. L'apprendimento costituisce la fonte principale 
dell'adattamento dei sistemi cognitivi alla realtà che li circonda e quindi dello sviluppo di conoscenza per 
l'azione, favorendone così la sopravvivenza e l’evoluzione: è l'attività capace di creare qualcosa che ancora 
nessuno sa fare o conosce. Come superare il paradosso fra apprendere ed organizzare se l'apprendere 
consiste in una disorganizzazione e in un aumento della varietà, mentre l'organizzare, viceversa, tende a 
scartare e ridurre la varietà? 
Le varie dimensioni e prospettive presentate in letteratura sull’apprendimento organizzativo vengono 
analizzate nel TERZO CAPITOLO – LE DIMENSIONI DELL’APPRENDIMENTO ORGANIZZATIVO – mentre, il QUARTO 
CAPITOLO – CULTURA ORGANIZZATIVA E APPRENDIMENTO - offre degli spunti sulla cultura organizzativa, da 
intendersi come quel substrato profondo di meccanismi tipicamente inconsci che tuttavia determinano il 
modo di percepire, pensare, sentire. La cultura si fonda su soluzioni a problemi che si sono presentati 
durante la vita dell'organizzazione, che sono ripetute nelle situazioni successive in cui costituiscono risposte 
adeguate. Qualora non dovessero più funzionare, queste soluzioni dovrebbero essere abbandonate, ma la 
tendenza alla loro reiterazione spesso ha il sopravvento, perché lo sperimentare nuove soluzioni è 
emotivamente e non solo economicamente, molto costoso, in termini di assorbimento dell'ansia correlata al 
rischio del cambiamento verso l'ignoto.  Occorre comprendere le dinamiche psicologiche e sociologiche 
coinvolte e quindi anche la formazione della cultura organizzativa può essere intesa come un processo 
dinamico di apprendimento, poiché genera una "ridefinizione cognitiva" implicante, nei soggetti che vi 
partecipano, uno spostamento cognitivo da vecchi valori e assunti un nuovo ordine di idee, concetti, 
significati e valutazioni su se stessi, sul proprio lavoro e ruolo, sulle proprie capacità e sui modi in cui la 
realtà viene interpretata a livello organizzativo. La storia delle organizzazioni origina forme simboliche che 
strutturano l'esperienza sociale e diventano principi ordinatori della realtà. 
L'arte di saper scegliere cosa conoscere e cosa ignorare in relazione al processo esistenziale emerge 
dall’apprendimento nella practice, che viene costruito attraverso l'interazione e l'accordo con gli altri, ed è il 
risultato di un apprendimento collettivo che riflette sia il produrre azioni che consentono di svolgere le più 
svariate attività, sia l'immergersi nelle relazioni sociali. Il contesto dell’apprendimento organizzativo è quello 
della scoperta e dell’evoluzione di forme sempre nuove di ristrutturazione collettiva, attivato dalle persone 
quali soggetti attivi di processi cognitivi che costruiscono, in una continua ridefinizione, la struttura della 
propria identità. Qualsiasi practice si costruisce entro una comunità di persone che nel tempo sostengono 
l'impegno di condividere fra loro l'esperienza. Questo tipo di comunità (COMUNITÀ DI PRATICA) viene 
analizzata nel QUINTO CAPITOLO, in quanto l'impegno in attività (o pratiche) sociali è visto come fondamentale 
processo attraverso cui gli esseri umani imparano e divengono ciò che sono. Le comunità di pratica possono 
essere considerate uno strumento analitico poiché corrispondono ad una categoria di medio livello: non 
stiamo osservando un’attività rigidamente definita o una specifica forma di interazione - in quanto si 
eluderebbe la diffusa continuità del tempo e fra le persone, così come fra le comunità, entro cui le attività 
vengono definite e gli eventi di apprendimento si consolidano, integrandosi nella formazione delle pratiche e 
delle identità - né un aggregato generalmente definito che possa essere astrattamente storico o sociale - in 
cui sarebbero trascurate le cruciali discontinuità fra i vari spazi dove si colloca in modo rilevante 
l'apprendimento, attraverso l'enfatizzazione della sovrastante continuità di una configurazione che viene 
reificata col nome di se stessa. La nozione di practice dunque va riferita al livello di una struttura sociale che 
riflette un apprendimento condiviso. E' nel contempo un livello di analisi ed un livello di esperienza. Lo 
sviluppo di una practice concerne la questione di mantenere un sufficiente impegno reciproco nel perseguire 
insieme l'attività di condividere qualche significativo apprendimento. L'apprendimento così dipende dal tipo di 
relazioni - località, prossimità, distanza - e si indebolisce quando esperienza e competenza sono troppo 
addossate e quando sono troppo distanti. L’organizzazione in se stessa può essere definita come 
un’”istituzione", mentre una costellazione di attività è ciò che rende viva l'organizzazione e che spesso 
emerge come risposta al disegno organizzativo. Il progetto istituzionale e la practice mantengono la loro 
propria identità come fonti di una struttura: l'informale non è senza forma, ma la sua forma è emergente, 
riflettendo la logica dell'improvvisazione che si riferisce alla negoziazione del significato. Così 
un'organizzazione è l'incontro di due fonti strutturali: il progetto della struttura istituzionale e la struttura 
emergente della practice. 
Il principio fondamentale di un progetto organizzativo consiste nel creare canali comunicativi fra le pratiche, 
come pure astrazioni istituzionali affinché queste pratiche possano esprimere la loro esistenza vitale: 
coordinare molteplici intelligenze entro un processo di apprendimento organizzativo. Condividere una 
visione, pertanto, significa essere in grado di vedersi l'un l'altro mentre si hanno in vista obiettivi comuni. Il 
valore di un dispositivo per l'apprendimento istituzionalizzato spesso risiede molto più nella sua capacità 
potenziale di costruire una comunità, che nelle intenzioni pedagogiche del suo curriculum. Vi è enorme 
differenza tra l'organizzare lezioni formative che si suppone coprano la totalità degli interventi formativi e 
ricercare tempi educativi come risorsa per la pratica di comunità di apprendimento che si incaricano del loro 
apprendere. Le comunità di pratica sono assetti organizzativi che dimostrano gli investimenti in un reciproco 
impegno. L'apprendimento che esse incarnano costituisce la competenza delle organizzazioni ed il loro 
sviluppo è essenziale a quello di tali competenze. 
Il CAPITOLO SESTO si occupa di UN CASO: quello di un’impresa di servizi del settore bancario che, da 
un’originaria dimensione locale, agli inizi del secolo precedente, si è evoluta ad impresa-rete, ottenendo 
risultati vantaggiosi e redditizi, grazie ad un costante monitoraggio dell’ambiente e all’oculatezza delle 
strategie adottate. La fondamentale intuizione manageriale, emersa nel far fronte ad un contesto che 
implementava un nuovo e differente processo evolutivo dei mercati finanziari, ha portato alla creazione di 
una struttura reticolare dell’organizzazione che, globalmente, si esprime attraverso l’elaborazione e la 
definizione del disegno imprenditoriale unitario (D.I.U.) entro il primo livello strutturale (configurato nel 
Consiglio di Amministrazione e dalla Direzione Generale afferenti all’impresa Capo-Gruppo a cui è altresì 
demandata la responsabilità dell’andamento complessivo di tutta la rete) ed un secondo livello – istituito 
come supporto alla Capo Gruppo nella definizione, governo e controllo del D.I.U – cui è invece delegata la 
responsabilità del coordinamento delle Direzioni. Questo secondo livello (configurato nel Consiglio di 
Amministrazione e comparti funzionali differenziati in Direzioni Generali ed afferenti alla Società DELTAS) è 
stato strategicamente disegnato anche al fine di ottenere economie di scala e di scopo, ma soprattutto per 
indirizzare le fasi centrali dei processi di produzione amministrativa e gestionale del Gruppo. Al fine di un 
efficiente coordinamento è prevista anche un’area dei collegamenti di Gruppo - costituita da una serie di 
Comitati funzionali differenziati - che assicura i necessari rapporti aziendali fra le diverse strutture, ovvero fra 
il sistema operativo alla base del sistema e le varie Direzioni Generali di DELTAS. Il sistema operativo è infatti 
configurato in una costellazione geograficamente distribuita, su vari punti del territorio nazionale, delle 
diverse Società componenti, le quali rappresentano il core-business bancario e finanziario, in quanto reti di 
vendita e aree del credito attraverso cui si generano i vantaggi competitivi previsti nel D.I.U. Un tale assetto 
strategico prevede che la crescita dimensionale non possa comunque inficiare un adeguato presidio del 
locale. I valori che vengono espressi e costantemente presidiati in ogni piano strategico, nel corso di tutto il 
ciclo evolutivo di quest’azienda, sono sostenuti dai principi della cooperatività, della storicità e della 
territorialità, attualizzati oggi attraverso la gestione della qualità, rivolta ad obiettivi di fidelizzazione della 
clientela (il socio è comunque il cliente privilegiato) e delle risorse umane al proprio interno, allo sviluppo 
dell’innovazione che emerge attraverso l’attenzione ai processi di decentramento a cui è correlato un 
contemporaneo comportamento di flessibilità nei confronti degli input e degli output. Inoltre l’innovazione dei 
processi e dei prodotti è diretta ad una sempre più puntuale personalizzazione del servizio, realizzabile 
grazie alla capacità di orientare all’ascolto e alla relazione le risorse umane distribuite entro l’organizzazione. 
A tal fine è stato organizzata, per ogni Azienda del Gruppo, una Direzione dei servizi informativi, 
organizzativi e del personale, quale organo atto a comunicare al Centro di Formazione, gestito unitariamente 
da DELTAS chi, fra i dipendenti, necessiti di interventi formativi, favorendo in modo sistematico il lavoro che 
mira allo sviluppo del processo di formazione delle risorse umane, ottenendo delle economie che comunque 
non possano intaccarne la qualità. 
Questa trasformazione a livello strutturale e organizzativo ha i suoi prodromi negli anni Ottanta. La continua 
implementazione di strumenti tecnologici e informatici a supporto della gestione delle procedure e delle 
attività è stata integrata da un costante e contemporaneo impegno della direzione organizzativa e strategica 
nei confronti del reclutamento, selezione e formazione delle risorse umane. Da questa breve ricerca è stato 
possibile rilevare diversi sintomi che orientano nella direzione di un’organizzazione che apprende, 
soprattutto quando la direzione delle risorse umane è consapevole che l’apprendimento delle necessità 
emerge dalle relazioni, dalle comunicazioni e dalle pratiche che i membri di questa organizzazione 
condividono fra loro, in vista di un comune obiettivo.