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INTRODUZIONE
La noia è un aspetto della vita di cui tutti possono dire di aver fatto esperienza. Nel
suo significato più comune essa definisce una mancanza di stimoli e di interesse o un
sentimento di spiacevole insoddisfazione provocato da una situazione monotona e
ripetitiva. Tuttavia, da questo leggero malessere, la noia può diventare una vera e
propria perdita di significato della vita e del reale, gettando l’individuo in una crisi
esistenziale, alle prese con le grandi domande sul senso della vita. Non a caso, il tema
è stato trattato da diversi filosofi, tra i quali Martin Heidegger, Friedrich Nietzsche,
Søren Kierkegaard, Arthur Schopenhauer e da scrittori come Fëdor Michajlovič
Dostoevskij o Franz Kafka. Ma è nella corrente di pensiero dell’Esistenzialismo che
la noia diventa tema centrale per autori quali Jean-Paul Sartre e Alberto Moravia.
Questa tesi vuole trattare la noia non solo nel suo significato esistenziale più profondo,
ma anche sociale in quanto la noia può essere letta come un sintomo che racchiude in
sé la storia della cultura dell’Occidente.
Viviamo in un’epoca che può sembrare ricchissima, iper-modernizzata, in cui sempre
più persone possono accedere a una vita più o meno agiata. La tecnologia e
̀ in costante
evoluzione ma l’idea di progresso, che è stata messa in discussione dagli intellettuali
già all’inizio del XX secolo
1
, si insinua nella psicologia di massa. L’esperienza della
noia non è più l’afflizione di un ristretto numero di persone (l’acedia, il taedium vitae
e la melancholia di una élite sociale o intellettuale) e si diffonde tra la gente comune,
nella vita quotidiana di chiunque. La noia si presenta ora come un concetto che implica
una moltitudine di sentimenti e sensazioni: si può trattare di un leggero malessere
oppure di una perdita totale di significato del vivere. Proprio per questo, alle volte essa
si connota come un tratto della depressione.
Le scienze sociali e psicologiche evidenziano come oggi sempre più individui,
soprattutto i giovani, lamentino sofferenze psichiche: paura del fallimento, incertezza
1
Dopo una forte fiducia nel progresso agli albori della prima rivoluzione industriale, una serie di
eventi, come la prima guerra mondiale, portarono ad un atteggiamento scettico sulle sorti
dell’umanità. La speculazione filosofica e la letteratura iniziarono a mostrarsi pessimiste verso il
progresso. La seconda guerra mondiale non fece che alimentare la sfiducia nel miglioramento
progressivo dei valori culturali e spirituali dell’umanità. Per citare alcuni autori: Friedrich Nietzsche,
la Scuola di Francoforte, Martin Heidegger, Oswald Spengler, Hermann Graf Keyserling.
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sul futuro e insoddisfazione. Il filosofo sud coreano Byung-Chul Han sostiene che tali
espressioni di malessere e di stanchezza siano conseguenze dell’organizzazione della
società odierna, una società con l’ossessione dell’iperattività e della competitività che
lui chiama «società della prestazione» o «società dell’azione»
2
. Prima di lui, il
sociologo polacco Zygmunt Bauman aveva definito il periodo che stiamo vivendo
“modernità liquida” sottolineando che l’unica sua costante è il cambiamento e l’unica
sua certezza è l’incertezza
3
. Proprio questa “flessibilità” rende la nostra società incerta
e vulnerabile per cui l’individuo brancola nel buio senza punti di riferimenti, senza
meta. Immersi in un’infinità di stimoli, gli individui difficilmente riconoscono i
benefici della noia, perché nella società odierna non possiamo mai fermarci. I momenti
di pausa, di stasi e riposo non sono altro che momenti non-produttivi, non tollerabili
se si vive in una società dell’azione. La noia, indispensabile per il riposo spirituale,
con la modernità tende a diventare motivo di irrequietezza.
L’obbiettivo di questa tesi è l’analisi di questo processo verso la noia come uno degli
elementi inevitabili della società moderna. Nel tentativo di esplorare il lato positivo di
essa, quello che permette la creazione e la rivelazione, si metterà in evidenza il potere
che assume la noia nella società contemporanea, mettendo in crisi l’ingranaggio iper-
veloce e insostenibile della società dell’azione.
In ambito artistico, attraverso le sue estensione - che sono il vuoto, il silenzio e
l’assenza - artisti come Andy Warhol e John Cage, per esempio, svelano la duplice
valenza della noia, non più connotata dalla passività e dell’apatia ma come motore di
creazione; non più come mera condizione di malessere, ma come esperienza estetica e
arma di ribellione contro la società dell’azione.
2
Byung-Chul Han (2010), La società della stanchezza, Nottetempo, Milano, 2020
3
Zygmunt Bauman (1999), Modernità Liquida, Editori Laterza, Roma-Bari, 2012
CAPITOLO I
NOIA: UNA CONDIZIONE DELL’UOMO MODERNO
«La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente tra il dolore e la noia,
passando per l'intervallo fugace, e per di più illusorio, del piacere e della gioia»
[Arthur Schopenhauer]
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Nonostante la descrizione di Schopenhauer dell’esistenza umana come un pendolo che
oscilla tra le due componenti fondamentali della vita, il dolore e la noia, risalga al XIX
secolo, essa definisce molto bene il clima culturale che si instaura tra le due grandi
guerre (e anche successivamente) del XX secolo. I valori grandi valori tradizionali in
cui si riponeva fiducia fino ad allora entrano in crisi fino a crollare e l’uomo si ritrova
perso, disorientato e senza alcuna direzione. Gli orrori degli della guerra portano a
mettere in discussione gli ideali e le correnti di pensiero ottocentesche, ossia l’idea-
lismo e il positivismo, che riponevano una grande fiducia nella ragione umana, nella
scienza e nella tecnica. Anche l’idea di progresso viene riconsiderata sotto un punto di
vista fortemente scettico sulle sorti dell’umanità. Questo clima di grande incertezza,
delusione e pessimismo genera nuove domande nell’individuo, che si interessa a temi
come lo scorrere del tempo, la morte e l’esistenza. “Esistenzialismo” è, infatti, il nome
di questa corrente di pensiero, che mette sotto analisi il rapporto tra l’uomo e l’essere.
A stimolare la riflessione sulla propria esistenza possono essere le cause più varie: la
noia è una di queste. In particolare è la noia profonda di Martin Heidegger che la
definisce come uno stato d’animo fondamentale, perché ci immette direttamente nella
problematica dell’essere e del tempo
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. In questo caso è la noia stessa ad annoiare,
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Arthur Schopenhauer (1819), Il mondo come volontà e rappresentazione, Torino, Einaudi, 2013, p.
XLV
5
Martin Heidegger (1983), Concetti fondamentali della metafisica, Il Melangolo, Genova, 1992,
p.175. Heidegger definisce tre forme di noia: la prima è la noia semplice di cui ognuno fa esperienza
nella vita quotidiana quando è annoiato da una cosa ben definita, per esempio un oggetto; la seconda è
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lasciando un senso di vuoto nell’uomo molto più grande di tutte le altre esperienze
della noia. E se in precedenza l’esperienza della noia apparteneva a una ristretta élite,
come la nobiltà e il clero, nel mondo moderno occidentale questo male colpisce chiun-
que, indifferentemente dall’età, dal sesso e dal carattere. La noia si impone come una
delle componenti principali della vita, divenendo una vera e propria condizione
dell’uomo moderno che ha perso la speranza in un futuro migliore e inalterabile, in un
domani felice e luminoso. La promessa diventa minaccia, e così dilaga il pessimismo
e l’incertezza.
«Per dirla in termini più chiari, viviamo in un’epoca dominata da quelle che Spinoza
chiamava “passioni tristi”. Con questa espressione il filosofo non si riferiva alla
tristezza e al pianto, ma all’impotenza e alla disgregazione»
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1.1 Breve storia della noia
Prima della noia, numerosi nomi sono stati dati al sentimento che porta ad interrogarsi
sul rapporto problematico tra l’uomo e il mondo: taedium vitae, acedia, spleen, ennui,
nausea, vuoto, male di vivere. Nell’antica Grecia, che può essere considerata l’origine
della nostra lunga storia, si sarebbe parlato di malinconia. Essa era caratterizzata da
una stanchezza morale il cui aspetto più evidente era la tristezza, lo spegnimento degli
slanci vitali, l’«l’abisso di tristezza, di dolore incomunicabile che talvolta ci assorbe,
spesso in modo durevole, sino a farci perdere il gusto di qualsiasi parola, di ogni atto,
il gusto stesso della vita»
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. La melanconia accompagna l’uomo nel corso dei secoli e
definisce la coscienza di sé dell’uomo occidentale, al punto che Raymond Klibansky
scaturita da una situazione, e da cui si cerca di fuggire rincorrendo il divertimento; la terza è la noia
profonda, che accompagna tutta la nostra esistenza presentandosi come passività e vuoto letargo da
cui dobbiamo uscire prendendone coscienza
6
Miguel Benasayag, Gérard Schmit (2003), L’epoca delle passioni tristi, Feltrinelli, Milano, 2020,
pp.20-21
7
Julia Kristeva (1987), Sole Nero. Depressione e malinconia, Donzelli, Roma, 2013, p.7