2
intercettazioni è un movimento a pendolo; ciclicamente, una di queste esigenze
prevarica l’altra.
3
Nel primo capitolo di questa trattazione, ho proprio voluto, pertanto, ricostruire le
tappe del lungo e tormentato cammino, fino alla disciplina attuale, delle
intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, quali mezzi di ricerca della
prova.
Con poche disposizioni - artt. 266-271 – il codice di procedura penale ne regola
presupposti e limiti. Memore dei rischi di abusi che storicamente l’intercettazione
ha favorito, il codice ha scelto la strada della tassativa individuazione delle
fattispecie incriminatrici che la consentono.
4
Ha rivisto la disciplina dell’istituto,
arricchendola, almeno formalmente, di vincoli normativi, in chiave garantistica.
5
Ha tentato di adeguarsi all’art. 15 della Costituzione, che legittima la limitazione
dei diritti inviolabili della “libertà e segretezza” di ogni comunicazione solo
“mediante atto motivato dell’autorità giudiziaria e con le garanzie stabilite dalla
legge”. In tale ottica l’art. 271 del codice, quale disposizione di chiusura, prevede
una “speciale inutilizzabilità”, escludendo dal processo tutto il materiale
probatorio illegittimamente acquisito.
È solo dopo un attento esame della normativa codicistica, che mi è stato possibile
poter capire i problemi attuali che ruotano attorno all’istituto in esame, ma,
soprattutto, spostare la mia attenzione attorno al tema centrale della tesi: la
divulgazione dei risultati delle intercettazioni.
3
CAMON A., Le intercettazioni nel processo penale, cit.,2.
4
BALDUCCI P., Le garanzie nelle intercettazioni tra Costituzione e legge ordinaria, Giuffrè, Milano,
2002, 1.
5
BALDUCCI P., Le garanzie nelle intercettazioni tra Costituzione e legge ordinaria, cit., 1.
3
Un tema attualissimo, delicato, molto discusso e dibattuto, che ho voluto trattare
spinta dagli innumerevoli casi che hanno coinvolto il nostro più recente passato:
dall’inchiesta Antonveneta, Vallettopoli, Calciopoli, dallo scandalo Telecom-
Sismi, alle telefonate tra Berlusconi e Saccà, o ancora, tra Prodi e il suo stretto
collaboratore Alessandro Ovi. Tali vicende, hanno contribuito ad accendere un
dibattito dottrinale, giurisprudenziale, normativo e politico, intorno al problema
del difficile bilanciamento tra il diritto alla riservatezza di coloro che -
direttamente o indirettamente – vengono colpiti dall’intercettazione e il diritto di
cronaca dei giornalisti. La privacy dei cittadini non viene infatti lesa solo nel
momento in cui gli organi inquirenti procedono all’attività intercettativa, ma
anche nel momento in cui il contenuto delle conversazioni intercettate viene
riportato sui giornali. Basta aprire un qualunque quotidiano per poter confermare
quanto ho detto: lo spazio dedicato alle notizie dell’inchieste giudiziarie vere e
proprie è minimo, se rapportato a quello, assai più ampio e dettagliato, riservato a
storie di sesso vero e presunto, a millanterie, a turpiloqui, a carriere di persone
non indagate e via dicendo.
Ho deciso pertanto di dedicare il secondo capitolo, all’analisi e
all’approfondimento di quelli che sono gli interessi in gioco in suddette situazioni:
il diritto alla riservatezza da un lato, e il diritto di cronaca dall’altro.
Quanto al primo, ho ripercorso le tappe del suo evolversi a partire dalla originaria
formulazione che ne diedero, sul finire dell’ottocento, due studiosi statunitensi,
Warren e Brandeis, nel saggio capostipite “The right to privacy”.
6
Si è passati
infatti dal semplice diritto alla "non intromissione nella sfera privata ed intima"– il
6
Pubblicato il 15 dicembre 1890 da Samuel Warren e Louis Brandeis, in Harward Law Review, 4,
193 ss.
4
“right to be let alone”– al diritto al controllo sui propri dati personali. Oggi la
privacy - intesa come "sovranità su di sé", nell'accezione nuova di tale concetto -
si pone quale indiscutibile strumento di salvaguardia della libera e piena
autodeterminazione dell'individuo. Privacy non è infatti soltanto il sacrosanto
diritto a che nessuno invada il "nostro mondo" precostituito, bensì, è anche
l'altrettanto sacrosanto diritto a che ciascuno possa liberamente esprimere le
proprie aspirazioni più profonde e realizzarle, attingendo liberamente e
pienamente ad ogni propria potenzialità. Un diritto che trova la sua tutela anche a
livello internazionale e comunitario, in particolare all’art. 8 della Convenzione
Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
7
Per quanto concerne il secondo interesse in gioco, cioè il diritto di cronaca, la mia
attenzione si è rivolta in particolare ai limiti cui l’esercizio dello stesso diritto
deve sottostare quando entra in conflitto con il diritto alla privacy delle persone
cui le notizie si riferiscono. Questi limiti - sviluppatosi a seguito della c.d.
sentenza Decalogo n. 5259 del 1984, pronunciata dalla I Sez. Civ. della Corte di
Cassazione – quali, la verità dei fatti, l’ interesse pubblico-sociale alla
conoscenza della notizia stessa e la continenza formale - devono essere rispettati
ancor più in caso di pubblicazione di intercettazioni telefoniche dato il loro
contenuto strettamente privato e riservato.
Nel terzo capitolo, l’attenzione si è però spostata sulla normativa nazionale che
vige in materia di divulgazione, non solo, dei risultati delle intercettazioni c.d.
“ordinarie”, ma anche di quelle c.d. “preventive”, nei confronti delle quali
sorgono i maggiori dubbi di legittimità costituzionale.
7
Firmata a Roma il 4 novembre 1950 dai Paesi aderenti al Consiglio d’Europa.
5
Si sono analizzati sia i limiti alla pubblicazione di intercettazioni legittime, sia
l’ipotesi di pubblicazione di intercettazioni illegalmente formate o acquisite.
Quest’ultimo aspetto è stato oggetto del decreto legge n. 259/2006 recante
“Disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni
telefoniche”, convertito con Legge 20 novembre 2006 n. 281. Come si evince
dall’utilizzo dello strumento del decreto legge, siamo di fronte ad un intervento
d’urgenza, che rispondeva alla necessità di bloccare immediatamente la fuga di
informazioni e il rischio di processi mediatici di massa, dagli effetti catastrofici
anche nei confronti di potenziali vittime dei reati di indebita ingerenza nella vita
privata, il tutto scoppiato a seguito di una inchiesta giudiziaria su casi di
spionaggio telefonico e dossieraggio abusivo effettuati nell’ambito della nota
società di telecomunicazioni Telecom Italia. L’iter parlamentare poteva però
essere l’occasione per superare i limiti propri dell’intervento normativo, al fine di
scoraggiare e punire non solamente la raccolta illecita di intercettazioni, ma anche
l’uso improprio delle intercettazioni che, pur raccolte in modo lecito, vengono
comunicate o diffuse in violazione della normativa vigente e in particolare del
diritto alla riservatezza delle persone coinvolte.
8
Verrebbe da dire peccato: perché
è proprio la circolazione illecita di intercettazioni raccolte lecitamente a
rappresentare l’ipotesi di gran lunga più frequente di violazione della normativa
sulla riservatezza.
9
Una risposta al problema sta cercando di darla l’attuale Governo con il c.d.
disegno di legge “Alfano”, presentato nel Consiglio dei Ministri n. 5 del 13
giugno 2008. Ma, quest’ultimo, sembra non riuscire a bilanciare tutti gli interessi
8
BUSIA G., Dimenticato l’uso improprio di materiale lecito, in Guida al Diritto, n.47, 2006, 26.
9
BUSIA G., Dimenticato l’uso improprio di materiale lecito, cit.,26.
6
in gioco, che non sono ovviamente solo il diritto alla riservatezza e il diritto di
cronaca, dei quali ho già detto, ma, la “partita delle intercettazioni” si gioca tra
(almeno) quattro soggetti: l’autorità giudiziaria, che si fa carico della tutela della
sicurezza dei cittadini, attraverso l’accertamento dei reati; l’indagato-imputato,
titolare del diritto alla difesa, della presunzione di non colpevolezza e in
particolare, del diritto alla libertà e segretezza delle comunicazioni; il terzo
estraneo, garantito a livello sopranazionale e nazionale dai diritti della persona e
della sua dignità, se non anche appunto della privacy; la stampa, l’informazione,
la cui attività è riconducile al già citato diritto di cronaca.
10
Com’è evidente, si
tratta di due posizioni “forti” e di due posizioni “deboli”: le prime, non hanno
alcun interesse ad una riforma che ne ridurrebbe il potere; i diritti deboli, isolati,
occasionali, sono invece troppo fragili e divisi per potersi imporre.
11
La difficoltà
nel realizzare una adeguata ed equilibrata riforma in materia, sta proprio nel non
riuscire a trovare il giusto temperamento tra i suddetti valori costituzionali,
nessuno dei quali può ritenersi prevalente da imporre il sacrificio dell’altro.
12
In conclusione, la mia attenzione si è spostata nei confronti del contributo che in
tale settore è stato dato dal Garante per la Protezione dei dati personali, in
particolare con il provvedimento datato 21 giugno 2006, grazie al quale si sono
imposti dei veri e propri paletti ai mezzi di informazione per la pubblicazione
delle intercettazioni. Si è prescritto infatti a tutti gli editori e ai titolari del
trattamento in ambito giornalistico, di conformare i trattamenti di dati personali
relativi alla pubblicazione di trascrizioni di intercettazioni telefoniche, ai principi
10
SPANGHER G., Linee guida per una riforma delle intercettazioni telefoniche, in Diritto penale e
processo, 2008, n. 10, 1209.
11
SPANGHER G., Linee guida per una riforma delle intercettazioni telefoniche, cit.,1209.
12
SPANGHER G., Linee guida per una riforma delle intercettazioni telefoniche, cit.,1210.
7
previsti nel d.lgs n. 196/2003 ("Codice in materia di protezione dei dati
personali") e nell'allegato 1 ("Codice di deontologia relativo al trattamento dei
dati personali nell'esercizio dell'attività giornalistica"), entrambi da me analizzati.
8
CAPITOLO PRIMO
Le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni
1.1 Evoluzione storica: dal codice del 1913 alla disciplina attuale
L’istituto delle intercettazioni di conversazioni compare per la prima volta nel
codice di rito del 1913 (artt. 170 e 238) ed, a seguito della rapida evoluzione
tecnologica dei mezzi di comunicazione
13
, nel corso di quasi un secolo, ha
progressivamente assunto un ruolo di primo piano quale efficace mezzo di ricerca
della prova. Ad un continuo progresso tecnologico degli strumenti di intercettazione
sempre più sofisticati ed “invasivi”, non ha però sempre corrisposto uno speculare
adeguamento della disciplina positiva. L’avvertita esigenza di non depotenziare tale
strumento investigativo, ontologicamente funzionale all’accusa, ha contribuito a
determinare la sostanziale staticità della disciplina.
14
In un clima politico sempre più repressivo, il codice del 1930 ha riproposto però
l’istituto delle intercettazioni (in una veste pressoché immutata), affidando alla
polizia giudiziaria e al giudice istruttore (artt. 226,ultimo comma
15
, e 339
16
c.p.p.) i
13
Nei primi anni di vita dell’istituto le tecniche ancora poco avanzate di comunicazione tra persone
distanti tra loro, hanno indotto la dottrina a mostrare poco interesse verso tale mezzo di ricerca della
prova, ed addirittura dubitare della sua effettiva utilità investigativa. BALDUCCI P., Le garanzie
nelle intercettazioni tra Costituzione e legge ordinaria, Milano, 2002 , 26.
14
In tal senso vedi CAMON A., Le intercettazioni nel processo penale, Milano, 1996. Camon
sottolinea l’esigenza di una riforma, non solo parziale, ma collegata al più ampio settore delle regole
di corretta formazione della prova.
15
“Gli ufficiali di polizia giudiziaria, per fini del loro servizio, possono anche accedere agli uffici o
impianti di pubblico servizio per trasmettere, intercettare o impedire comunicazioni, prendere
cognizione o assumere altre informazioni.”
9
medesimi poteri (in relazione alle rispettive funzioni); viene inoltre attribuita al
giudice istruttore la possibilità di procedere egli stesso materialmente all’atto, anche
con l’ausilio di un ufficiale di polizia giudiziaria e previa emissione di apposito
decreto
17
. In buona sostanza, la novità introdotta dal codice Rocco rispetto al codice
del 1913 era limitata alla riconosciuta facoltà per il pubblico ministero di delegare
l’attività di intercettazione ad un ufficiale di polizia.
Bisogna però dire che, la pressoché totale assenza di regole e criteri puntuali in
ordine all’esecuzione delle intercettazioni ha dato adito a molti abusi.
18
Il primo vero passo verso una visione garantistica dell’istituto si compie solo nel
1948 con l’entrata in vigore della Carta Costituzionale.
A differenza dello Statuto Albertino, che non ne faceva menzione, la Costituzione
Repubblicana tutela, all’art. 15 la libertà e la segretezza della corrispondenza e di
ogni altra forma di comunicazione. L’affermazione di tale libertà rappresenta il terzo
aspetto di un unico disegno sistematico del Costituente attinente alla disciplina dei
diritti della persona. Così come l’art.13 tutela la persona di per sé di fronte agli
interventi coercitivi della pubblica autorità (libertà personale), così come l’art. 14 ne
tutela le attività che si svolgono all’interno di un certo ambito spaziale (libertà di
domicilio), così l’art. 15 tutela i modi attraverso i quali la persona si pone in
relazione con gli altri soggetti (libertà e segretezza della corrispondenza). La tutela
costituzionale di questa libertà è così intensa da aver indotto la Corte Costituzionale
16
“Il giudice può accedere agli uffici o impianti telefonici di pubblico servizio per trasmettere,
intercettare o impedire comunicazioni o assumere cognizione. Può anche delegare l’attività di
intercettazione ad un ufficiale di polizia”.
17
BALDUCCI P., Le garanzie nelle intercettazioni tra Costituzione e legge ordinaria, cit.,27.
18
Sull’argomento U. Guspini, L’orecchio del regime. Le intercettazioni telefoniche al tempo del
fascismo, Milano, 1973.
10
(sent. n. 366/1991) ad annoverare la stessa tra quei principi “supremi” della
Costituzione, che sono sottratti alla stessa funzione di revisione costituzionale.
19
Anche la garanzia costituzionale della libertà e segretezza della corrispondenza ruota
intorno ai due istituti fondamentali in materia di tutela dei diritti di libertà: la riserva
di legge e la riserva di giurisdizione. Solo la legge può disciplinare i casi e i modi
con cui interferire nell’esercizio della libertà suddetta e, in questo quadro di
previsioni legislative, solo l’autorità giudiziaria può disporre , in concreto,
limitazioni a questo riguardo.
20
Si tratta dello stesso modello di tutela già adottato per la libertà personale (art. 13
Cost.) e per la libertà di domicilio (art. 14), che qui trova un rilevante correttivo.
Non si prevede infatti nell’art. 15 ciò che nei due articoli che lo precedono è invece
consentito: la possibilità di un intervento straordinario in casi di necessità e di
urgenza (predeterminati dal legislatore), da parte dell’autorità di polizia, salva
sempre la convalida del giudice.
21
Ritornando all’oggetto di tale paragrafo, questo nuovo assetto costituzionale
sembrava dover condurre inevitabilmente alla dichiarazione di incostituzionalità
degli art. 226, ultimo comma, e 339 c.p.p., che consentivano alla polizia giudiziaria
di realizzare intercettazioni senza il vaglio giurisdizionale. Ma la riforma ha dovuto
19
CARETTI P., I diritti fondamentali-Libertà e diritti sociali, Torino, 2005, 275.
20
art. 15 comma2 Cost. “La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità
giudiziaria con le garanzia stabilite dalla legge”.
21
Secondo G. Baschieri, L. Bianchi d’Espinoza, C. Giannattasio tale mancata previsione è da
intedere come “un’”anomalia” fortuita, una “svista” del Costituente, cui sopperire sul piano di
un’interpretazione estensiva di quanto disposto dagli art. 13 e 14.
P. Barile, A. Pace ritengono invece, che il tutto sia una scelta consapevole del Costituente in
considerazione sia delle maggiori garanzie di tutela di una situazione che sempre coinvolge anche la
posizione di un terzo (il destinatario o il mittente a seconda dei casi), sia della minore esigenza, in
termini obiettivi, di interventi di urgenza, sia della maggiore facilità con cui limitazioni alla libertà e
segretezza della corrispondenza possono essere poste in essere, rispetto a violazioni della libertà
personale e domiciliare e quindi del rischio maggiore del verificarsi di abusi che tutto ciò comporta.
CARETTI P., I diritti fondamentali-Libertà e diritti sociali, cit.,277.
11
attendere quasi 7 anni: la l. 18 giugno 1955, n. 517, finalmente modificava l’art. 339
c.p.p., sancendo l’obbligo del decreto motivato
22
da parte del giudice che
previamente autorizzava qualunque attività intercettiva da parte della polizia
giudiziaria.
Il legislatore non coglieva però l’occasione per una organica ed opportuna nuova
regolamentazione della materia, limitandosi ad eliminare i sopravvenuti profili di
incostituzionalità.
Un intervento fondamentale nella disciplina dell’istituto delle intercettazioni si era
comunque già realizzato con il varo della Convenzione Europea dei Diritti
dell’Uomo (del 4 novembre del 1950, resa esecutiva in Italia con la l. 4 agosto 1955,
n. 848), sulla quale mi soffermerò nel prosieguo (v. infra, cap. II, § 2.2.1 ).
Un ulteriore tappa importante nel cammino delle riforme è rappresentata dalla
sentenza n. 34 del 1973 della Corte Costituzionale.
Con tale sentenza la Corte ha rilevato che l’art. 15 della Costituzione intende
proteggere due distinti interessi: quello inerente alla libertà ed alla segretezza delle
comunicazioni, e quello connesso all’esigenza di prevenire e reprimere i reati, vale a
dire inerente ad un bene anch’esso oggetto di protezione costituzionale. Sulla base di
questa premessa la Corte ha puntualizzato che nel nostro sistema la compressione
del diritto alla riservatezza delle comunicazioni telefoniche non resta affidata
all’organo di polizia, ma si attua sotto il diretto controllo del giudice il quale nelle
proprie valutazioni deve tendere al contemperamento dei due interessi costituzionali
protetti, onde impedire che il diritto alla riservatezza delle comunicazioni
22
L’art. 226-bis c.p.p. recitava infatti: “ Previa autorizzazione del magistrato, gli ufficiali di polizia
giudiziaria, nell’ambito delle funzioni ad essi assegnate dall’articolo 219, possono impedire,
interrompere o intercettare comunicazioni o conversazioni telefoniche o telegrafiche, soltanto in caso
di indagini relative ai seguenti reati…”.
12
telefoniche venga ad essere sproporzionatamente sacrificato dalla necessità di
garantire una efficace repressione degli illeciti penali. Del corretto uso del potere
attribuitogli il giudice deve dare concreta dimostrazione con un’adeguata e specifica
motivazione del provvedimento autorizzativo.
Inoltre, la Corte fissava i seguenti canoni fondamentali:
ξ La possibilità di sindacare, durante il procedimento, il decreto di
autorizzazione;
ξ Il divieto assoluto di utilizzare i risultati ottenuti a seguito di un decreto
non legittimo;
ξ L’obbligo del segreto cui erano tenuti tutti coloro che partecipavano alle
operazioni di intercettazione;
ξ L’obbligo di acquisire agli atti solo il materiale probatorio rilevante per il
giudizio;
ξ La predisposizione di servizi tecnici atti ad assicurare un controllo effettivo
dell’autorità giudiziaria sulle intercettazioni in corso.
La Corte ebbe modo, così, di definire le garanzie indispensabili per la legittimità
costituzionale delle intercettazioni.
La forza degli “inviti”, formulati dalla Corte per un sollecito intervento delle
Camere, nonché le proposte dei mass-media per la scoperta, in quello stesso periodo,
di un clamoroso scandalo di spionaggio politico, attuato per mezzo di innumerevoli
intercettazioni illegali, determinarono la modifica della disciplina, attuata dalla l. 8
aprile 1974, n. 98, emanata in un momento storico del tutto peculiare, caratterizzato
dall’emergenza terrorismo.
13
L’intervento normativo introdusse nel sistema processuale (artt. 226-bis e ter) i
seguenti elementi essenziali:
ξ L’elenco analitico delle fattispecie di reato per le quali era possibile
procedere a intercettazioni;
ξ Si richiedevano “seri e concreti indizi di reato”
23
per l’emissione del
decreto;
ξ Si fissava in quindici giorni (prorogabili fino ad un massimo di due volte)
il termine di durata massima delle operazioni;
ξ Si iniziava a tratteggiare l’istituto delle intercettazioni preventive.
ξ Si codificava, finalmente, il divieto d’uso processuale del materiale
irregolarmente acquisito mediante la captazione di comunicazioni intercorse col
difensore, il consulente tecnico e i loro ausiliari
24
Ne risultava complessivamente una disciplina più restrittiva per il potere
dell’autorità inquirente, tanto da essere considerata “ipergarantistica”.
25
I noti eventi terroristici degli anni ’70 indussero però il legislatore ad un nuovo
intervento di tipo emergenziale anche nella materia delle intercettazioni.
Il d.l. 21 marzo 1978 n.59, conv. dalla l. 18 maggio 1978 n.191,
26
introdusse infatti
molte novità con una inversione di tendenza in chiave autoritaria. Al riguardo
segnalo:
23
L’art. 226-ter, primo comma, recitava: “L’autorizzazione prevista dal precedente articolo è disposta
con decreto motivato dal procuratore della Repubblica o del giudice istruttore del luogo dove sono in
corso le indagini, solo quando vi siano seri e concreti indizi di reato, da indicarsi specificamente nel
decreto, oppure sussista effettiva necessità nei confronti dell’indiziato di limitare la libertà delle
comunicazioni ai fini dell’acquisizione di prove non altrimenti conseguibili, per l’accertamento del
fatto per cui si procede”.
24
L’art. 226-bis, terzo comma, recitava: “Non è consentita, in ogni caso, l’intercettazione delle
conversazioni e comunicazioni dei difensori, dei consulenti tecnici e dei loro ausiliari, aventi per
oggetto i procedimenti nei quali esercitano le rispettive autorità”.
25
BALDUCCI P., Le garanzie nelle intercettazioni tra Costituzione e legge ordinaria, cit., 31.
26
Questo provvedimento fu emanato cinque giorni dopo il sequestro dell’on. Moro.
14
ξ l’art. 226-ter
27
che consentiva ora al giudice di autorizzare
l’intercettazione anche in forma orale, con riserva di redigere la motivazione in
seguito, appena fosse stato possibile, (era norma sicuramente dai forti dubbi di
costituzionalità);
ξ la proroga temporalmente illimitata delle operazioni;
ξ l’utilizzabilità del materiale probatorio acquisito a seguito di intercettazioni
disposte in un determinato procedimento anche in procedimenti diversi;
ξ viene introdotto il nuovo istituto delle intercettazioni “preventive” all’art.
226 sexies, legittimante la facoltà del Procuratore della Repubblica del luogo ove le
operazioni intercettative avrebbero dovuto compiersi, ad emettere autorizzazione
“quando sia necessaria per le indagini in ordine ai delitti indicati nel primo comma
dell’art. 165 ter”, suscitatori di particolare allarme sociale.
Ai lavori preparatori per il nuovo codice di procedura penale si arriva, quindi, con la
pesante eredità di una disciplina cresciuta a strati e, soprattutto, fortemente segnata
da quell’involuzione in senso autoritario che aveva caratterizzato gli anni di piombo.
Nel frattempo, varie circostanze hanno contribuito a rendere l’istituto più ricco di
problemi e più bisognoso di una disciplina attenta nel reprimere eventuali abusi.
Oggi, la materia delle intercettazioni è regolata principalmente dal nuovo codice di
procedura penale al capo IV (recante il titolo “intercettazioni di conversazioni o
comunicazioni”) del titolo III (dedicato ai mezzi di ricerca della prova) del libro III
in materia di prove. Sono poche però le disposizioni dedicate a tale mezzo di ricerca
della prova: artt. 266-271 c.p.p..
27
l’art. 226-ter al riguardo recitava: “L’autorizzazione può essere data anche oralmente, con
l’indicazione della modalità e della durata delle operazioni, ma in questo caso deve essere
immediatamente annotata nel registro di cui al terzo comma e deve essere confermata per iscritto
appena possibile, nelle forme previste negli srticoli precedenti, con l’indicazione della data e dell’ora
nella quale il provvedimento orale è stato emesso”.
15
In questi ultimi anni, inoltre, il rapporto degli inquirenti con l’intercettazione è
profondamente mutato; i dati statistici disponibili (v. infra, cap. II, § 2.1 )
evidenziano un ricorso massiccio allo strumento: da modo per sviluppare e
confermare ipotesi formulate sulla base di altri accertamenti, la captazione segreta di
colloqui riservati sta diventando, sempre più spesso, un punto di partenza delle
indagini.