La riduzione del numero  
dei parlamentari in Italia 
 
 
-INTRODUZIONE- 
 
Ogni sistema democratico è dotato di un’assemblea legislativa, ossia di un parlamento. Il 
concetto di parlamento rappresenta un punto fermo e comune a quasi tutti i paesi del mondo, 
anche quelli non democratici. La sua importanza crescente nel corso della storia non è frutto 
di una casualità, dell’integrazione di alcune variabili che si è verificata  in qualche parte del 
mondo in maniera fortuita. La sua importanza deriva dal principio fondamentale della 
rappresentanza politica, un principio che ha guidato interi secoli di lotte per i diritti politici 
oltre che la riflessione della filosofia-politica prima e della scienza politica poi. 
Nel corso dei secoli la questione della rappresentanza politica ha rappresentato un numero 
incontabile di volte la scintilla che ha acceso il fuoco della rivolta: strati sociali che 
chiedevano identità politica, popoli e nazioni non libere che chiedevano autonomia politica, 
nuove classi sociali emergenti bramose di potere. Ci troviamo dunque dinanzi ad uno dei 
concetti più potenti ed importanti della storia moderna dell’uomo. Un’assemblea 
rappresentativa che fin dalla sua nascita ha significato potere e controllo, che per molti secoli 
ha impegnato le élite nel tentativo di non farvi accedere determinate categorie di persone. 
Oggi, avere un parlamento significa avere la possibilità di far valere la propria voce, e averlo 
democratico significa la possibilità di poter scegliere autonomamente chi andrà a 
rappresentarci nell'esercizio della cosa pubblica. Oggi parlamento è sinonimo di democrazia 
rappresentativa: è impossibile infatti pensare un sistema che sia democratico senza essere 
dotato di un parlamento. 
Secondo la prassi, rispettata bene o male nella quasi totalità dei casi, al parlamento viene 
affidato il potere legislativo. In alcuni casi, tale potere è condiviso con altri organi dello Stato 
ma in ogni caso è usanza comune identificare il potere di legiferare con il parlamento. 
Ogni contesto nazionale ha maturato nel corso dei secoli, differenti modalità di governare e 
differenti strutturazioni dei propri organi. Benché infatti il parlamento sia un organo comune 
a pressoché tutti i sistemi politici mondiali, le sue funzioni, la sua composizione e i suoi 
poteri cambiano sensibilmente da un paese all’altro. 
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A partire dalla fine della seconda guerra mondiale, un nuovo tema ha fatto il suo ingresso nel 
dibattito politico, ovvero quello della riforma dei parlamenti. In molti casi, infatti, l’esigenza 
riformatrice ha portato porzioni crescenti dell’opinione pubblica mondiale a concepire il 
parlamento come un organo da ristrutturare, soprattutto in due dei suoi principali aspetti: il 
numero di camere da cui è composto e il numero dei suoi membri.  
Il sistema parlamentare italiano non è certo avulso da tale dibattito. Da molti decenni, infatti, 
in Italia si ripresenta ciclicamente la proposta di rinnovare il parlamento, sotto molti aspetti. 
La volontà di riformare l’organo legislativo principale italiano si è concretizzata in molte 
occasioni in passato, come testimoniano le ben tre commissioni bicamerali che sono state 
incaricate di sondare questo orizzonte costituzionale nel corso della storia della Repubblica, 
le proposte di riforma lanciate dai partiti e dai leader politici -una su tutti la proposta del 
governo Renzi nel 2016-, ma anche i molti casi in cui essa è stata assunta come slogan 
elettorale. 
Il motivo di questa tesi è da ricercare inizialmente nell’attualità italiana. Il caso che funge da 
sfondo a queste pagine è infatti la proposta di riforma parlamentare più recente, ovvero quella 
effettuata principalmente dagli esponenti del Movimento 5 Stelle, un partito che in pochi anni 
ha visto un vertiginoso aumento del numero dei propri elettori, grazie anche al sistematico e 
ricorrente utilizzo di slogan elettorali quali “mandiamoli a casa” o “riduciamo i costi della 
politica” e molti altri, tutti legati al concetto di voler semplificare la macchina istituzionale e 
la burocrazia in funzione di un incremento dell'efficienza legislativa e di un risparmio di soldi 
pubblici. Nel corso degli ultimi mesi alcuni di questi slogan sono diventati fatti concreti, da 
quando a Palazzo Montecitorio è stata presentata una proposta di riforma del parlamento che 
prevede il taglio di 230 deputati e di 115 senatori . La riforma-simbolo del M5S è già stata 
approvata in seconda lettura e le probabilità che essa trovi definitivamente esito sono sempre 
più alte. 
In questa tesi utilizzeremo il suddetto fatto di attualità come fonte di un dibattito concettuale. 
Nello specifico, ci concentreremo su una questione generale, ossia se abbia senso effettuare 
una riforma che incida sulla sua composizione del parlamento o se sia più incisiva una 
riforma che punti invece alla sua strutturazione -dunque ripensare il sistema bicamerale 
perfetto-. Questa riforma porterà insomma reali benefici o si tratta semplicemente della difesa 
di una posizione ideologica? 
Per rispondere a ciò andremo ad analizzare una serie di concetti propedeutici a tale dibattito: 
quali quello di rappresentanza, di struttura di un parlamento, di proporzionalità e altri ancora. 
Passeremo anche attraverso una prospettiva comparativa, in cui presenteremo una serie di 
paesi che hanno modificato la propria Costituzione tagliando la camera alta del parlamento. 
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Successivamente tratteremo dei casi in cui, in passato, si è concretizzata l’idea di effettuare in 
Italia una riforma dell’assemblea legislativa di Roma. 
L’obiettivo è mostrare che ogni contesto nazionale in cui è inserito un parlamento presenta 
alcune specificità difficilmente replicabili e da cui dipendono variabili istituzionali 
fondamentali, per le quali è molto importante cercare di pensare le riforme in funzione 
dell’impatto che queste potrebbero avere sulla macchina istituzionale in questione. 
Ogni riforma parlamentare è positiva o negativa a prescindere? Può una riforma che ha avuto 
esito e successo in un paese, averne altrettanto in un contesto differente?  
La riforma che sta attualmente attraversando l’iter di approvazione ci induce in sostanza a 
riflettere sulle specificità del parlamento italiano. Come vedremo più dettagliatamente in 
seguito, il parlamento italiano è uno dei pochissimi casi di parlamento bicamerale perfetto, un 
sistema per il quale si hanno due rami parlamentari completamente uguali nei suoi poteri e 
nelle sue funzioni. Questo sistema ha, nel corso della storia della Repubblica, generato un 
numero sempre più elevato di problemi strutturali da cui è sorta una polemica costante che ha 
portato a concepire il suddetto sistema come superato. Il problema nasce però dal fatto che 
nonostante tale sistema venga concepito come superato, è sempre più difficile superarlo 
nell’effettivo. 
La frustrazione dei reiterati fallimenti istituzionali si scontra adesso con una proposta di 
riforma dalla discussa utilità, che ha come obiettivo colpire soltanto uno degli aspetti più 
simbolici del parlamento ma non quello di intervenire in maniera decisa sui problemi che 
hanno realmente un peso specifico significativo. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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-CAPITOLO I-  
Il Parlamento e le sue forme 
 
Il parlamento, inteso come concretizzazione del concetto di assemblea rappresentativa, è una 
costante di ogni sistema politico democratico contemporaneo. Si tratta di un concetto 
estremamente antico, che affonda le sue radici nella tradizione britannica e che nel corso dei 
secoli si è diffuso in tutti i sistemi democratici, subendo numerose evoluzioni e 
trasformazioni fino ad arrivare al suo aspetto contemporaneo, in cui si presenta come la 
principale assemblea legislativa nella quasi totalità dei paesi anche se con forme e funzioni 
differenti, spesso anche radicalmente.  
A livello concettuale, la funzione di un Parlamento risulta tanto schematica quanto 
fondamentale: si tratta infatti di un’assemblea legislativa che ha il compito di rappresentare 
la volontà di una popolo, la quale viene delegata a dei rappresentanti eletti dal popolo stesso.  
Oggi, il Parlamento e il parlamentarismo sono fonte costante del dibattito politologico. In 
molti paesi la volontà di riformare l'assemblea legislativa nazionale rappresenta un vero e 
proprio leitmotiv  che si concretizza in diverse formule fisse e che tendono, ciclicamente, a 
riproporsi, come la proposta di eliminazione di una camera o la riduzione del numero dei 
parlamentari o il taglio degli stipendi degli attori della politica.  
In linea generale, possiamo affermare che il Parlamento è un’istituzione, oggi più che mai, 
sotto la pressione dell’opinione pubblica, tant’è che sono molte le ricerche e le teorie proprie 
della scienza politica in cui compare il concetto di declino del Parlamento . 
Quanto di vero c’è in questo concetto? Il Parlamento è realmente un’istituzione in declino? E 
se sì, quali sono le modalità di risoluzione più consone? In molti casi la proposta più 
accreditata, nonché la più radicale, è quella di eliminare la camera alta, ovvero di ripensare la 
struttura in sé di tale organo. In altri casi la scelta invece è quella di modificare la 
composizione dell’assemblea, riforma sicuramente meno radicale ma che rischia di 
scompensare equilibri fondamentali che si basano su calcoli di proporzionalità e di 
suddivisione dei lavori parlamentari.  
 
1.1 La struttura di un parlamento democratico 
Nell’ambito del dibattito che coinvolge l’istituzione del parlamento, un ruolo chiave lo ha la 
sua struttura. Essa infatti non è uniforme a tutti i paesi, i quali presentano forme di 
parlamento diverse tra loro, ognuna con caratteristiche differenti.  
La ramificazione principale del tipo di parlamento è quella che coinvolge il numero di 
Camere, ossia, basicamente, la differenziazione tra monocamerlismi e bicameralismi. La via 
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monocamerale rappresenta una scelta operata da numerosi paesi e si configura come la 
volontà di semplificare il parlamento nella sua forma ottocentesca, attraverso l’eliminazione 
di quella che viene comunemente indicata come Camera alta. 
La via bicamerale rappresenta un sistema in cui gli organi rappresentativi del parlamento 
sono raddoppiati. La tradizione ottocentesca individuava la presenza di una Camera alta con 
la funzione conservatrice di frenare la vena riformatrice delle primissime camere 
democratiche; oggigiorno tale tradizione è in un certo senso proseguita soltanto da Regno 
Unito e Canada, poiché conservano il carattere di non rinnovo periodico dei membri della 
camera alta (carica a vita nella Camera dei Lords e limite di 75 anni nel Senato canadese), 
mentre per quanto riguarda gli altri sistemi bicamerali, possono essere etichettati come 
bicameralismi effettivi . 
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In generale, nei parlamenti bicamerali la questione più delicata è sicuramente quella che 
concerne l’intreccio e la gestione dei poteri. In un parlamento composta da un’unica camera, 
questo punto risulta naturalmente più semplice e la questione dunque estremamente molto 
meno delicata. Ma in un’assemblea legislativa che raddoppia i suoi organi, assume 
un’importanza significativa verificare in quale rapporto essi siano, quali sono i poteri formali 
e quelli reali conferiti alle camere alte. Senza dubbio, il senato meno attivo e “potente” è la 
già citata Camera dei Lords, la quale funge dunque da esemplificazione massima di un 
modello che trova come antitesi quello incarnato dal Senato italiano e da quello americano, in 
cui le due camere risultano invece perfettamente coordinate e simmetriche. Tutti gli altri casi 
si posizionano verosimilmente in mezzo a questi due modelli estremi .  
Il sistema parlamentare bicamerale è da tempo al centro di numerose riflessioni politiche ma 
anche di spinte riformatrici che ne chiedono l’abolizione. Sono molti i paesi in cui sono sorti 
dubbi riguardo l’utilità di un sistema che in alcuni paesi, come il Regno Unito, rimane 
prettamente simbolico, e che in altri viene addirittura identificato da molti come un sistema 
superato e dunque da superare, un sistema che risulta spesso un impedimento per l’efficienza 
del processo legislativo -uno su tutti il caso italiano, sul quale torneremo successivamente. 
Andiamo adesso a considerare casi in cui il dibattito e la riflessione politica si sono 
concretizzate in vere e proprie proposte di riforma del parlamento. 
 
1.2 Dal bicameralismo a monocameralismo  
Nel corso degli ultimi decenni, l’idea di eliminazione della Camera alta ha caratterizzato 
fortemente non soltanto la riflessione nell’ambito della scienza politica ma anche il dibattito 
politico promosso nell’opinione pubblica: in alcuni casi tale idea è rimasta latente o 
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 La categorizzazione è ideata da Alfio Mastropaolo e Luca Verzichelli nel testo “Il Parlamento. Le assemblee 
legislative nelle democrazie contemporanee”, 2006.  
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