La funzione della proteina è rimasta ignota fino al 1969, quando McCord e 
Fridovich (Mc Cord et al., 1969) hanno identificato l’emocupreina come SOD quale 
risultato della ricerca condotta presso la Duke University sulla riduzione del 
citocromo c da parte del radicale superossido, generato dalla xantina ossidasi. 
Nel periodo intercorso tra il primo isolamento dell’emocupreina e la 
scoperta della sua funzione è stata identificata un’intera famiglia di cupreine, 
presenti a livello di vari organi. Una metallo-proteina contenente rame è stata isolata 
dal cervello bovino e chiamata cerebrocupreina (Porter et al., 1957) e un’analoga è 
stata trovata nel cervello umano (Porter et al., 1959). E’ stato ipotizzato che tutte le 
cupreine isolate dai vari organi fossero identiche, ma la scoperta che degli anticorpi 
contro l’emocupreina umana non reagivano con l’emocupreina di manzo ha 
suggerito l’esistenza di specie-specificità (Markowitz, 1959). 
Studi successivi hanno confermato che l’epatocupreina umana, la 
cerebrocupreina e l’eritrocupreina sono identiche: tutte queste infatti hanno simile 
punto isolettrico, velocità di sedimentazione, peso molecolare, spettro di risonanza 
magnetica e di assorbimento, risposta immunologica e soprattutto medesima 
composizione aminoacidica e pattern di restrizione, risultato della digestione con 
tripsina (Carrico, 1969). E’ stato dimostrato inoltre che queste cupreine potevano 
contenere oltre al rame anche lo zinco (Carrico et al.,1970), il  manganese ed il 
ferro (Keele et al., 1970). 
La scoperta della superossido dismutasi (SOD) (E.C.1.15.1.1) (McCord et 
al., 1969) ed il riconoscimento della sua distribuzione in vari organismi aerobi 
(McCord et al., 1971) ha avuto come importanti implicazioni che la produzione del 
radicale superossido è il risultato del metabolismo dell’ossigeno molecolare e che 
tale specie radicalica presenta elevata tossicità per l’organismo; la sua eliminazione 
avviene infatti in  maniera assolutamente veloce ed efficiente. 
 
 
 7
1.1. Specie reattive dell’ossigeno (ROS) 
 
 
Le specie reattive dell'ossigeno (ROS) sono sostanze fisiologicamente generate 
in piccole quantità durante la fosforilazione ossidativa, che esercitano un'azione 
regolatoria di diverse funzioni cellulari, quali: l'espressione genica, la crescita 
cellulare, la trasduzione di segnali biologici e la difesa contro patogeni esterni. 
 
e
-
 
Fig.2. ROS, Reactive Oxygen Species 
 
L’ossigeno è un elemento essenziale per la sopravvivenza di tutti gli 
organismi aerobi dato il suo coinvolgimento nella fosforilazione ossidativa che 
avviene durante la respirazione aerobica, ma risulta allo stesso tempo essere anche 
nocivo per tutte le cellule viventi a causa della sua tossicità, derivante dalla 
formazione di prodotti ridotti e/o di stati eccitati di singoletto. La varietà delle 
specie dell’ossigeno (ROS, Reactive Oxygen Species) viene generata sia dalla 
normale attività metabolica sia dagli stress generati con vari meccanismi.  
Il radicale superossido (O
2
-
) formato da O
2
• in presenza di ferro (McCord et 
al., 1978; Halliwell, 1978) è uno dei principali metaboliti primari generati dalla 
cessione di elettroni durante la respirazione aerobica. Questo anione altera il 
bilancio redox della cellula riducendo e rilasciando ioni metallici, in particolare il 
Fe(III) o il Cu(II)
 
legati alle proteine, oppure convertendosi ad altri ROS, inclusi il 
radicale idroperossile e l’H
2
O
2
. Gli ioni metallici ridotti e l’H
2
O
2 
vanno incontro alla 
reazione di Fenton generando il più reattivo radicale idrossile (OH•). La 
dismutazione spontanea di O
2
- 
con H
2
O
2
 catalizzata dal ferro e la decomposizione 
dell’H
2
O
2 
possono inoltre dare origine all’ossigeno singoletto (
1
O
2
). OH•
 
e 
1
O
2 
H2O 
O2 
e
-
 
H
+
e
-
 
e
-
 
H
+
HO
.
O2
.- 
H2O2 
 8
danneggiano le cellule reagendo con numerose molecole cellulari (Lledias, et al., 
2000). 
 
 
I radicali superossido sono generati da numerose e diverse ossidazioni 
biologiche, quali l’autossidazione delle flavine (Ballou et al., 1969), 
dell’idrochinone (Misra, 1972), delle catecolammine (Cohen, et al., 1974), dei tioli 
(Misra, 1974), delle emoproteine (Misra et al., 1972; Gotoh et al., 1976) e della 
ferredossina ridotta (Misra et al., 1971). Sono anche prodotti in vari organelli 
subcellulari come i cloroplasti (Halliwell, 1984) ed i mitocondri ( Loschen et al., 
1974) e dalla reazione di diversi altri enzimi tra i quali la xantina ossidasi, l’aldeide 
ossidasi e alcune deidrogenasi flaviniche (Fridovich, 1975). Il radicale (O
2
-
) può 
essere inoltre formato anche a livello dei neutrofili e macrofagi durante il processo 
di fagocitosi (Bannister et al., 1985). Le varie specie radicaliche danneggiano le 
strutture cellulari alterando la struttura della membrana e quindi anche la fluidità e 
la permeabilità, e perturbando in questo modo la comunicazione intercellulare, o 
danneggiando il materiale genetico e l’attività dei vari enzimi, inducendo così la 
morte della cellula (fig. 3.). 
 
Fig. 3. Azione dei ROS sulla cellula 
Reazione di Fenton 
·OH + OH
-
+ Fe
3+
Fe
2+
 + H
2
O
2
Fe
3+ 
o Cu
2+
·OH + OH
-
+ O
2
O
2
·-
 + H
2
O
2 
Reazione di Haber-
 9
Gli organismi hanno perciò evoluto un sistema di difesa antiossidante 
costituito sia da componenti enzimatiche sia da molecole non enzimatiche. I sistemi 
enzimatici maggiormente coinvolti sono rappresentati da superossido dismutasi 
(SOD), da catalasi (CAT) che agiscono rispettivamente sullo ione superossido 
(O
2
•־) e sull’acqua ossigenata (H
2
O
2
) e dalla glutatione perossidasi Se-dipendente 
(GPx), un importante enzima che decompone i perossidi utilizzando come 
cosubstrato il glutatione. Gli antiossidanti “non enzimatici” comprendono varie 
molecole a basso peso molecolare ("scavenger") come ascorbato, vitamina E, 
carotenoidi, glutatione ridotto (GSH) e metallotioneina (MT). 
Nonostante la produzione basale di ossiradicali sia normalmente contrastata da 
questo complesso sistema di difese antiossidanti, la produzione di ROS viene 
amplificata come risposta a molteplici stress ambientali fra i quali i fenomeni di 
anossia e successiva riossigenazione. 
Se questi meccanismi di difesa risultano inefficaci si ha uno sbilanciamento 
verso la formazione di radicali, che genera una situazione di stress ossidativo. Se i 
radicali non vengono prontamente inattivati possono danneggiare i costituenti 
cellulari e fungere così da agente eziologico per l’insorgenza di patologie di 
carattere degenerativo (Follezou et.al., 1999) (fig. 4.). 
 
Sorgenti di ROS:
Mitocondri
Catena respiratoria
Leucociti attivati
Fattori ambientali (fumo, radon, ozono)
Luce ultravioletta
…
Danno ossidativo a:
DNA
Lipidi
Proteine
…
Patologie conseguenti:
Invecchiamento
Patologie cardiache
Morbo di Alzheimer
Patologie immuno-infiammatorie
Artrite reumatoide
…
A
N
T
I
O
S
S
I
D
A
N
T
I
 
Fig. 4.  Patologie correlate allo stress ossidativo 
 10
La superossido dismutasi costituisce il primo sistema di difesa contro i 
danni causati dai radicali derivanti dall’ossigeno; questo enzima è pertanto 
essenziale per tutti gli organismi aerobi ma non lo è per quelli anaerobi. A sostegno 
di tale tesi è stata proposta da McCord (McCord et al., 1981) la teoria 
dell’obbligatorietà dell’anaerobiosi. L’esistenza aerobica di un organismo dipende 
soprattutto dalla sua capacità di produrre SOD; una sua deficienza sarebbe 
responsabile della sensibilità all’ossigeno e consentirebbe la sopravvivenza solo in 
ambiente anaerobico. Altri studi (Loesche, 1969) hanno tuttavia delineato un range 
di tolleranza all’ossigeno, definito come la massima quantità di ossigeno contenuta 
nell’atmosfera in cui un organismo anaerobio potrebbe crescere nonostante la 
mancanza di SOD. La teoria non è quindi sempre applicabile. 
 
 
1.2. Isoforme della superossido dismutasi 
 
Tutte le SOD sono metalloenzimi contenenti uno ione di un metallo di 
transizione redox-attivo (rame, ferro o manganese); i geni che codificano per le tre 
famiglie di SOD ad oggi note derivano da due geni ancestrali tra loro non correlati. 
Da uno dei due geni ancestrali deriva il gruppo delle Mn-SOD e delle Fe-SOD, 
estremamente diffuso a livello degli organismi aerobi, dai batteri alle piante fino 
all’uomo. Dall’altro discende la famiglia delle Cu,Zn-SOD, distribuito 
esclusivamente tra gli organismi eucariotici. 
In tab. 1. sono riassunte le pricipali caratteristiche dei vari tipi di SOD. La 
distribuzione delle tre isoforme a livello cellulare è stata ampiamente analizzata: la 
Cu,Zn-SOD  si trova esclusivamente a livello citosolico di organismi eucarioti; la 
Mn-SOD è localizzata nella matrice mitocondriale di alcuni eucarioti e di 
mammiferi; la Fe-SOD si trova a livello citosolico o di organelli nei procarioti ed in 
alcuni eucarioti. Nonostante ciò sono state trovate particolari eccezioni a questa 
 11
regola generale: in alcuni procarioti è stata, per esempio, identificata una Cu,Zn-
SOD, normalmente di origine eucariotica (Beck et al., 1990; Steinman et al., 1990; 
Bricker et al., 1990; Leunissen et al., 1986); altro caso riguarda la Mn-SOD che 
sembra essere completamente confinata nella matrice mitocondriale in quasi tutti i 
mammiferi, mentre nell’uomo è la forma predominante presente nel citosol delle 
cellule epatiche. 
 
Tipo 
Peso 
Molecolare 
(Dalton) 
Struttura Localizzazione Distribuzione
Cu,Zn-SOD 32.000 Dimerica Citosol 
EUCARIOTI, 
PROCARIOTI
Mn-SOD 
40,000 o 
80,000 
Dimerica o 
tetramerica 
Citosol o 
matrice 
mitocondriale 
MAMMIFERI
Fe-SOD 
40,000 o 
80,000 
Dimerica o 
tetramerica 
Citosol, 
cloroplasti, 
mitocondri 
PROCARIOTI
 
Tab. 1.  Peso molecolare, struttura, localizzazione cellulare e distribuzione 
 delle 3 famiglie di SOD negli organismi viventi 
 
Le diverse isoforme di SOD presentano caratteristiche sensibilità a composti 
chimici: la Cu,Zn-SOD al cianuro, la Mn-SOD al perossido d’idrogeno e la Fe-SOD 
all’azide (Weisiger et al., 1973; Fridovich, 1974). E’ stato pertanto possibile 
discriminare le varie isoforme presenti negli estratti cellulari grezzi, confermate poi 
dal successivo isolamento dall’organismo e caratterizzazione dell’enzima. 
 
 
 
 12
1.2.1. La Cu,Zn-SOD 
 
Le Cu,Zn-SOD (fig. 5.) sono omodimeri con peso molecolare di circa 32.000 
dalton. Le due subunità identiche sono associate unicamente tramite interazioni 
non-covalenti ed ognuna contiene un atomo di rame e di zinco. Gli allineamenti di 
sequenza effettuati indicano che i siti di legame con i metalli sono conservati in tutti 
gli enzimi. 
 
 
Fig. 5. Struttura tridimensionale di una Cu,Zn-SOD 
 
La reazione di dismutazione procede tramite due step di uguale velocità: nel 
primo si ha la formazione di ossigeno molecolare a partire dal radicale superossido 
con la conseguente riduzione di Cu(II) a Cu(I), mentre nel secondo si ha la 
riduzione a H
2
O
2
 da parte di un altro anione superossido rigenerando in questo 
modo il centro catalitico (fig. 6.). 
 
E Cu(II) + O
2
- 
→ E Cu(I) + O
2 
E Cu(I) + O
2
- 
+ 2H
+ 
→ E Cu(II) + H
2
O
2 
2 O
2
- 
+ 2H
+ 
→ H
2
O
2 
+ O
2 
Fig. 6. Meccanismo catalitico e reazione complessiva della Cu,Zn-SOD  
 13
Un alto grado di omologia è evidente tra le varie SOD dei vertebrati, pressoché 
lo stesso del citocromo c tra gli eucarioti; questo indica che le varie Cu,Zn-SOD si 
sono diversificate molto lentamente. 
Nei batteri è stata riscontrata una scarsa omologia di sequenza ma una struttura 
secondaria analoga a quella delle altre Cu,Zn-SOD. A dimostrazione di ciò sono 
state avanzate numerose ipotesi tra le quali lo sviluppo indipendente di eucarioti e 
procarioti, o il trasferimento dell’enzima originario dai procarioti agli eucarioti; ciò 
implicherebbe l’esistenza di un gene progenitore comune. 
Il meccanismo catalitico della superossido dismutasi è stato determinato con 
uno studio di radiolisi pulsata e quindi confermato sia per il manganese sia per il 
ferro (Klug-Roth  et al., 1973). 
 
 
1.2.2. La Mn-SOD e la Fe-SOD 
 
La struttura della Mn-SOD e della Fe-SOD (fig. 7. e fig. 8.) non è stata 
ancora dettagliata quanto l’analoga Cu,Zn-SOD; si conosce infatti la struttura 
primaria di solo quattro Mn-SOD (Fig. 7) (Brock et al., 1980; Ditlow et al., 1984; 
Barra et al.,1984) contro le undici della Cu,Zn-SOD (Steiman et al., 1974; Barra et 
al., 1980; Jabush et al., 1980; Steffens et al., 1983). Non è stata invece ancora 
identificata la sequenza aminoacidica completa della Fe-SOD. 
 
Fig. 7. Sito di legame per il metallo della Mn-SOD 
 14
Questi enzimi contenenti ferro e manganese hanno subunità molecolari di 
circa 23.000 dalton e, mentre l’enzima contenente ferro esiste unicamente in forma 
dimerica, l’analogo con manganese può esistere sia in forma dimerica sia 
tetramerica (Parker et al., 1984). Il contenuto in metallo nei vari enzimi varia tra 
uno e due atomi per dimero, ciò forse dovuto alla perdita del metallo durante i 
processi di purificazione. I dati cristallografici sulla Fe-SOD indicano la presenza di 
due siti per il legame con il metallo (Ringe et al., 1983). I ligandi del manganese si 
trovano nell’identica posizione della ferro-proteina (Barra et al., 1985) e ci sono 
evidenze che la Mn-SOD e la Fe-SOD sono strutturalmente omologhe (Stallings et 
al., 1984).  
 
 
Fig. 8. Struttura tridimensionale e sito di legame per il metallo della Fe-SOD 
 
 Le poche conoscenze attuali sulle due metallo-proteine sono sufficienti a 
delineare un meccanismo di reazione abbastanza analogo a quello della Cu,Zn-
SOD, ma non per identificare le basi della funzione catalitica. La Mn-SOD e la Fe-
SOD non sono strutturalmente correlate all’isoenzima contenente zinco e rame. 
Il meccanismo catalitico della proteina contenente ferro o manganese segue 
lo schema generale mostrato per la Cu,Zn-SOD, coinvolgendo le coppie di 
Fe(ΙΙΙ)/Fe(ΙΙ) e di Mn(ΙΙΙ)/Mn(ΙΙ). Nel caso della Mn-SOD si ipotizza che l’attività 
del sito catalitico sia coinvolta nella formazione di specie finali (Pick et al., 1974) 
(Lavelle et al., 1977). L’efficienza catalitica è leggermente più bassa nell’isoenzima 
 15