9 
 
Introduzione 
 
 
L'idea di trattare un argomento tanto delicato nella mia tesi di laurea nasce la sera del 17 
marzo 2019, quando apprendo la notizia della caduta dal decimo piano di un palazzo 
vicino casa mia, a Modena, di una zia con il nipote di 5 anni. In un primo momento tutte 
le ipotesi sono aperte: si è trattato di un incidente? Il piccolo Giacomo si è sporto dal 
balcone giocando, ha perso l'equilibrio, e la zia Silvia è precipitata nel tentativo di 
afferrarlo? Oppure bisogna prendere in seria considerazione la possibilità che si sia 
trattato di un gesto estremo, ovvero un omicidio-suicidio? Nei giorni successivi le 
indagini portano la procuratore capo Lucia Musti ad affermare che «non è stato un 
incidente»,
1
 quindi l'ipotesi tenuta ferma è quella di un omicidio-suicidio: le balaustre 
dei balconi di quel palazzo sono troppo alte affinché un bambino così piccolo possa 
arrampicarvisi da solo e la porta è stata trovata chiusa dall'interno con due mandate, 
come se Silvia avesse voluto avere la certezza che nessuno sarebbe potuto intervenire a 
interrompere il suo gesto. Inoltre, risulta da diverse voci, riportate su diversi quotidiani, 
che la stessa in passato avesse lamentato più volte la presenza di una situazione poco 
piacevole per il bambino all'interno della sua famiglia, che lo portava a soffrire e a non 
vivere bene; «Devo salvarlo, devo scappare con lui»
2
 sembra aver affermato più volte a 
diversi clienti del bar Nevada, locale nelle vicinanze che era solita frequentare. Le 
domande che allora sorgono spontanee sono: questa donna aveva qualche problema di 
                                                 
1
 Come si legge nell'articolo di Valeria Selmi comparso sul quotidiano Resto del Carlino di Modena del 
18 marzo 2019, consultabile al seguente indirizzo: 
https://www.ilrestodelcarlino.it/modena/cronaca/omicidio-oggi-1.4496989 
2
 Come riportato sul quotidiano La Repubblica del 19 marzo 2019, consultabile al seguente indirizzo: 
https://bologna.repubblica.it/cronaca/2019/03/19/news/_devo_salvarlo_scappo_con_lui_le_parole_della_
zia_assassina_di_modena-221965818/
10 
 
natura psicologica? Era prevedibile il suo gesto? La rete di persone intorno a lei cosa ne 
pensa? 
 Le opinioni nei confronti di Silvia, ingegnera informatica di 47 anni, sono 
discordanti: c'è chi la descrive come una persona tranquilla e gentile, sempre disponibile 
ad aiutare il prossimo, aperta al dialogo, soprattutto con ragazzi giovani che incontra al 
già citato bar, e l'idea che possa essersi buttata volontariamente dal balcone di casa sua 
dopo aver buttato suo nipote sembra inconcepibile, niente avrebbe potuto lasciar 
immaginare qualcosa di simile; al contrario, diversi giornalisti riportano come la madre, 
una volta giunta sul luogo dell'incidente, abbia gridato in preda al dolore e alla rabbia: 
«Lo sapevo che sarebbe finita così, era una pazza»,
3
 «lo sapevo che finiva così. Me l'ero 
immaginata un miliardo di volte».
4
 Nei giorni successivi emergono dai racconti ulteriori 
ombre nella personalità e nel carattere di Silvia: viene dipinta come una donna triste e 
sola, che probabilmente covava nel segreto della sua anima una forma di depressione 
che non lasciava trasparire con nessuno. La sua scelta di lavorare esclusivamente da 
casa, cosa che contribuisce ad aumentare l'isolamento sociale, e la sua ossessione nei 
confronti del piccolo nipote sembrano confermare questa ipostesi. Cosa pensare, allora, 
di Silvia? Che era una pazza? Che è stata colta da un raptus di follia? Si poteva 
prevedere un gesto così? 
 In ogni caso, quello che adesso conta veramente è che una donna brillante e un 
bambino di soli 5 anni sono morti, lasciando la famiglia, gli amici e i conoscenti con 
tante domande sul perché un fatto simile sia potuto accadere e perché proprio a loro e il 
dolore e la rabbia che li affligge, per quanto il tempo contribuirà ad attenuarli, non 
svaniranno mai. La domanda fondamentale che mi ha spinta a prendere in 
                                                 
3
 Ibidem 
4
 Riportato da Valeria Selmi nel già citato articolo comparso sul Resto del Carlino di Modena del 18 
marzo 2019
11 
 
considerazione di approfondire l'argomento è: se la gente intorno a questa donna fosse 
stata più empatica, più gentile, non si fosse limitata a definire deliri le sue affermazioni, 
questa tragedia sarebbe avvenuta ugualmente? Le mie letture degli scritti di Borgna mi 
hanno portata a pensare che forse qualcosa si sarebbe potuto fare: «Non c'è cura in 
psichiatria se non quando siamo in comunicazione, in relazione, con la tristezza e 
l'angoscia, la inquietudine e la disperazione, il dolore del corpo e il dolore dell'anima, di 
chi sta male e chiede il nostro aiuto».
5
 
 Per cominciare, nel primo capitolo presento l'argomento suicidio spiegando il 
significato e l'origine del termine e riportando alcune definizioni proposte da diversi 
autori. Successivamente, mi sembra doveroso esporre come il principale manuale 
diagnostico descrive il comportamento, prendendo in considerazione anche l'incidenza 
del fenomeno sugli altri disturbi mentali. Per concludere il capitolo introduttivo, riporto 
una breve storia di come la visione del suicidio si è modificata nel corso dei secoli e 
nelle varie culture. 
 Il secondo capitolo è dedicato alle varie teorie che hanno tentato di trovare una 
spiegazione a un fenomeno tanto misterioso e tanto complesso che da sempre affligge 
ma contemporaneamente affascina l'essere umano. La prima sezione di teorie è dedicata 
a quelle sociologiche, ovvero quelle che considerano il problema come un fatto con 
radici nella società, in quanto i primi studi con una certa sistematicità sono quelli del 
sociologo francese Émile Durkheim, riportati nella sua celebre opera Le Suicide, étude 
de sociologie,
6
 che apre appunto la sezione; a seguire, i contributi successivi a 
quest'opera, che possono essere sia in linea con il pensiero dell'autore che in contrasto, 
così come apportare spunti di riflessione nuovi e originali. Proseguo la trattazione delle 
                                                 
5
 Borgna, E. Parlarsi. La comunicazione perduta. Giulio Einaudi Editore, Torino, 2015, p. 5, corsivo mio 
6
 Tradotta in italiano come Il suicidio. Studio di sociologia e della quale ho letto la seguente edizione: 
Durkheim, É. (1897) Il suicidio. BUR Rizzoli, Milano, 2016
12 
 
teorie sociologiche inserendo le considerazioni trovate negli scritti di Becker e Goffman 
circa la reazione della società nei confronti dei comportamenti devianti e di persone che 
presentano tratti non conformi alle aspettative, per via di come la presenza di tali fattori 
può essere determinante nella costruzione dell'immagine che un individuo si fa di sé e 
nella sua capacità e/o volontà di rivolgere la propria richiesta di aiuto a terzi in caso di 
necessità. In seguito, riporto il pensiero di un autore più vicino a noi, Umberto 
Galimberti, che affronta il problema della perdita di valori e la mancanza di punti di 
riferimento forti nei giovani di oggi, consigliando come muoversi per risolvere il 
problema. La sezione dedicata alle teorie di stampo sociologico si conclude con 
l'esposizione di ulteriori contributi secondari provenienti da altri autori. 
 Delle teorie psicologiche, che considerano invece il suicidio come un problema 
che ha origine da fattori individuali, non posso non citare prima di tutto Freud, padre 
della psicoanalisi, con le varie visioni che ha proposto nel corso delle sue varie opere, a 
partire da Trauer und Melancholie,
7
 per passare per le considerazioni inserite in Das Ich 
und das Es
8
 e giungere al cambio di prospettiva presente in Jenseits des Lustprinzips;
9
 
in seguito, proseguo riportando alcune teorie psicoanalitiche di autori successivi a 
Freud, che possono riprendere la linea del suo discorso oppure discostarvisi, presentanto 
proprie visioni alternative, arrivando a quelle proposte più recentemente da studiosi 
contemporanei che operano nel settore. Un'attenzione particolare la dedico alla «teoria 
interpersonale-psicologica» del suicidio, in quanto una delle più recenti di stampo 
psicologico formulate. 
 La sezione successiva è dedicata a una sintesi delle teorie di tipo psicobiologico 
                                                 
7
 Tradotto in italiano come Lutto e melanconia 
8
 Tradotto in italiano come L'Io e l'Es 
9
 Tradotta in italiano come Al di là del principio del piacere e della quale ho consultato la seguente 
edizione: Freud, S. (1920) Al di là del principio del piacere. Patavia Bruno Mondadori Editori, Milano, 
2003
13 
 
e medico, anche se queste, come specificato in conclusione del paragrafo stesso,  
necessitano di ulteriori studi al riguardo. 
 A conclusione del capitolo inerente le teorie presento la suicidologia, disciplina 
giovane, nata circa a metà del secolo scorso grazie a Edwin Shneidman: qui riporto gli 
studi e le conclusioni raggiunte da questo studioso, che propone anche come 
approcciarsi a un individuo suicida, tutto largamente ripreso e utilizzato nei servizi di 
prevenzione presenti oggi. 
 Il terzo e ultimo capitolo è dedicato alla prevenzione: per introdurre 
adeguatamente il discorso presento i fattori di rischio e i fattori protettivi, a partire da 
quelli individuati negli studi di Durkheim per arrivare a ricerche più recenti, senza 
tralasciare di citare quelli che sono i «campanelli d'allarme»; questo perché, senza 
sapere prima di tutto su cosa concentrarsi per cogliere eventuali segnali di pericolo, è 
impossibile garantire una prevenzione adeguata.  
 Dopo aver esposto questi fattori, passo a descrivere le tipologie di prevenzione, 
distinguendo la prevenzione primaria, universale, da quella secondaria e terziaria, 
mirate, suggerendo anche qualche esempio pratico e riportando alcune leggi avanzate da 
certi paesi al fine di ridurre i tassi di suicidi; inoltre, indico come stabilire il livello di 
gravità del rischio e come intervenire in caso di rischio urgente e riporto le indicazioni 
che gli addetti alla comunicazione di massa dovrebbero seguire per scrivere 
adeguatamente un articolo riportante la notizia di un suicidio evitando il rischio di 
scatenare il fenomeno dell'emulazione.  
 Il capitolo prosegue passando a presentare le varie forme di servizi di aiuto 
disponibili sul territorio. Mi concentro in primis sulla descrizione dell'approccio 
fenomenologico perché, come già riportato, penso che mettere al centro dell'attenzione
14 
 
la persona, con i suoi problemi, la sua tristezza, la sua sofferenza e i suoi bisogni e 
necessità, aprendo un canale empatico di comunicazione e relazione, sia il primo e più 
importante passo per ridurre il pregiudizio nei confronti di chi ha bisogno di aiuto e  
spingerlo ad aprirsi e condividere le proprie sensazioni; secondo Borgna «non si giunge 
alla comunicazione con una persona lacerata dalla sofferenza psichica, dalla sua 
malattia dell'anima, se non la si accoglie nella sua diversa forma di vita, nella sua 
alterità, e nella sua ardente umanità»:
10
 questa è una cosa che dovremmo saper fare tutti, 
non solo gli specialisti della salute mentale, affinché la prevenzione possa considerarsi 
veramente efficace nella pratica e non solo in teoria. In seguito, ricordo che per poter 
entrare correttamente in comunicazione e in relazione con qualcuno è importante una 
adeguata educazione alle emozioni e che la scuola ha un ruolo fondamentale in questo.  
 Dopo questa premessa descrittiva, espongo le diverse possibilità pratiche, ovvero 
la psicoterapia, con le sue varie forme e le scelte che può effettuare un terapeuta per 
individuare la strategia più consona al singolo individuo, gli sportelli di prevenzione, 
presentando nello specifico l'Associazione L'amico Charly ONLUS di Milano e il suo 
Crisis Center, e le linee di aiuto, telefoniche o per iscritto, riportando l'esempio di 
Telefono Amico, servizio disponibile su tutto il territorio italiano e con unità locali; 
relativamente a questa ultima realtà, conoscendo io personalmente una ex volontaria, ho 
deciso di indagare meglio come funziona il servizio e cosa comporta in pratica per il 
volontario aderirvi attraverso un'intervista, della quale riporto integralmente il testo 
come sottoparagrafo. In conclusione del capitolo, mi sembra doveroso inserire un 
paragrafo relativo alla tipologia di intervento nei confronti dei sopravvissuti, ovvero le 
persone vicine a chi ha deciso di togliersi la vita, intervento che, come per gli altri, è 
                                                 
10
 Borgna, E. op. cit., p. 79
15 
 
bene che segua le linee guida dell'approccio fenomenologico. 
 Al termine della mia trattazione, dopo le conclusioni e i riferimenti bibliografici, 
inserisco un'appendice in cui riporto i risultati di un questionario da me ideato per 
verificare se nella realtà che mi circonda accade effettivamente quanto riportato nel 
corso dell'elaborato. 
 Obiettivo di questa tesi è informare circa l'importanza di una corretta 
prevenzione, sensibilizzando la gente comune sull'argomento e, quindi, cercando di 
rompere i pregiudizi e tabù che circondano la morte in generale e la morte volontaria. 
Spero che il mio lavoro possa essere d'aiuto e possa stimolare quante più persone 
possibile ad informarsi (e informare) sull'argomento.
17 
 
Capitolo 1 
 
Il suicidio: per una definizione 
 
 
Nel 2004 l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dichiara che «il suicidio è un 
grave problema di salute pubblica, [..] che causa quasi la metà di tutte le morti violente 
e che si verifica in quasi un milione di incidenti fatali ogni anno [...] che si può però 
ampiamente prevenire».
11
 Essa stima che nel mondo avvenga una morte per suicidio 
ogni 40 secondi e un tentativo di suicidio ogni 3 secondi, rendendo questo la seconda o 
terza causa di morte nei giovani e l'ottava o nona negli anziani nei paesi occidentali.
12
  
 Come ci ricorda Primo Levi «nessuno [...] è in grado di capire un suicidio. Per lo 
più non lo capisce neppure il suicida»:
13
 quello del suicidio è un fenomeno complesso, 
multifattoriale, frutto di un complicato intreccio di fattori di tipo genetico, biologico, 
psicologico, sociale, culturale e ambientale, per cui ogni spiegazione che riconduce il 
fenomeno alla sola psicopatologia o ad altri eventi scatenanti momentanei è altamente 
semplicistica e fuorviante, lungi dal fornire una visione a 360° del fenomeno;
14
 come 
afferma Pompili in un articolo di portata internazionale «neither "monomania" nor 
"mental alienation" is one single cause in itself; it is possible to pass from political and 
religious exaltation to the most profound melancholia, through a thousand psychical 
phases which statistics neither do nor can extimate».
15
 Questo comporta che «nessun 
suicidio, sia come atto finale sia come processo che lo determina, è infatti è uguale a un 
                                                 
11
 Scramaglia, R. Analisi degli studi successivi a Durkheim in Durkheim, É. (1987) Il suicidio. BUR 
Rizzoli, Milano, 2016, p. 215, corsivo mio 
12
 Giampieri, E., Clerici, M. Il suicidio oggi. Implicazioni sociali e psicopatologiche. Springer-Verlag, 
Milano, 2013, prefazione p. V 
13
 Marino, F. Svegliami a mezzanotte. Giulio Einaudi Editore, Torino, 2019, p. 29 
14
 Giampieri, E., Clerici, M. op. cit., prefazione p. V 
15
 Pompili, M. Exploring the Phenomenology of Suicide in Suicide and Life-Threatening Behavior, 40(3), 
The American Association of Suicidology, 2010, p. 236
18 
 
altro».
16
 
 Per iniziare a trattare adeguatamente il tema, penso sia opportuno partire con una 
definizione del termine, per poi proseguire esponendo la classificazione secondo il 
DSM 5,
17
 per concludere il capitolo esponendo una breve storia del fenomeno e del suo 
studio. 
 
1.1 Origine etimologica e definizione del termine 
 
La parola «suicidio» deriva dal termine latino «suicidium», ovvero «uccidere sé»; essa 
compare per la prima volta nel 1662 nell'opera The New World of English Words di 
Edward Philips, anche se, da quanto si può leggere in altri testi, essa fosse già 
rintracciabile in passato. Secondo l'Oxford English Dictionary il termine fu introdotto 
nel 1651 da Walter Charleton, mentre Alvarez ritiene addirittura che fosse possibile 
incontrarlo nel Religio Medici di Sir Thomas Browne, scritto nel 1635 e pubblicato nel 
1642.
18
 
 Émile Durkheim, nella sua opera sull'argomento Il suicidio, ne fornisce le 
seguente definizione: «Si chiama suicidio ogni caso di morte che risulti direttamente o 
indirettamente da un atto positivo o negativo, compiuto dalla vittima stessa consapevole 
di produrre questo risultato. Il tentativo di suicidio, è l'atto così definito, ma fermato 
prima che ne sia risultata la morte».
19
 Da queste parole si può evincere come non 
vadano considerati tutti quei casi in cui l'atto che ha portato l'individuo alla morte non 
avesse come scopo ultimo questa; inoltre, il rapporto causa-effetto non deve 
                                                 
16
 Pandolfi, A. M. Il suicidio. Voglia di vivere, voglia di morire. Franco Angeli, Milano, 2000, p. 11 
17
 Il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, quinta edizione, come riportato in bibliografia 
18
 Pompili, M. La prevenzione del suicidio. Società editrice il Mulino, Bologna, 2013, p. 12 
19
 Durkheim, É. op. cit., p. 228, corsivo dell'autore
19 
 
necessariamente essere diretto, ma la morte può giungere anche a distanza di tempo e 
tramite mezzi che non producono una lesione immediata, come l'astenersi dal nutrirsi o 
il commettere volontariamente un reato per cui è prevista la pena di morte.
20
 
 Più recentemente, Edwin Shneidman, padre fondatore della disciplina della 
suicidologia, definisce il suicidio come segue: «Attualmente nel mondo occidentale il 
suicidio è un atto conscio di autoannientamento, meglio definibile come uno stato di 
malessere multidimensionale in un individuo bisognoso che è alle prese con un 
problema [e] percepisce il suicidio come la migliore soluzione».
21
 Come si può 
facilmente intuire da tale definzione, l'autore non fornisce una spiegazione universale 
del suicidio ma la contestualizza nell'attuale epoca storica e nel mondo occidentale; 
inoltre, egli evidenzia come il rischio divenga reale solo con l'emergere dell'idea a 
livello conscio e come l'individuo si trovi in un momento in cui le proprie capacità di 
problem solving sono ridotte a una logica «o... o», ovvero «o succede questo o mi 
suicido», una «visione tunnel» che restringe il campo delle possibilità a due sole 
opzioni.
22
 
 Ulteriori suddivisioni in classi specifiche del fenomeno sono i suicidi emulativi a 
grappolo e di massa. Un suicidio si dice emulativo quando avviene in risposta ad un 
altro suicidio o ad un'altra serie di suicidi. Nella sua variante a grappolo, esso avviene 
quando una persona imita direttamente qualcuno che ha compiuto il gesto, sia un amico, 
un parente o un personaggio famoso; nei suicidi di massa, invece, la ragione dell'atto è 
da rinvenire nello stigma sociale:
23
 piuttosto che soccombere alla vergogna, un gruppo 
                                                 
20
 Ivi, p. 225 
21
 Shneidman, E. S. Definition of suicide, Northvale, N. J., Aronson, 1985 in Pompili, M. La prevenzione 
del suicidio, p. 121 
22
 Pompili, M. La prevenzione del suicidio, p. 134 
23
 Lo stigma è una «discriminazione basata sul pregiudizio nei confronti di un malato». (Giampieri e 
Clerici, 2013) Il sociologo canadese Earving Goffman individua l'origine del termine nell'antica Grecia,