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Suicidio e società. Il ruolo di ciascuno di noi nella prevenzione

La teoria interpersonale-psicologica del suicidio

Una delle teorie più recenti e degne di attenzione riguardanti il suicidio è la teoria interpersonale-psicologica presentata nel 2005 da Thomas E. Joiner in Why people die by suicide. Essa presuppone l'esistenza di tre variabili, tutte necessarie e congiuntamente sufficienti, affinché un soggetto si uccida: l'appartenenza contrastata, l'onerosità percepita e la capacità acquisita di effettuare un atto letale di autolesionismo. I primi due elementi rappresentano quello definito «desiderio di morte», mentre la capacità acquisita è il fattore determinante il passaggio all'atto. Andiamo ora ad analizzare questi fattori più nel dettaglio:

* Appartenenza contrastata: «Un bisogno insoddisfatto di appartenere, che comporta la mancanza di frequenti interazioni sociali positive e la sensazione di non essere accudito dagli altri». Come si evince da tale definizione, essa dipende dall'assenza, reale o percepita, di relazioni significative e da un alto livello di isolamento, condizioni che possono variare nel tempo e nell'intensità. Questo fattore è assimilabile alla teorizzazione del «suicidio egoistico» di Durkheim, in quanto «l'aumento del legame con gli altri diminuisce la probabilità di morte per suicidio».

* Onerosità percepita: «La sensazione, da parte dell'individuo, di essere un peso per gli altri del suo ambiente, non solo omettendo di dare un contributo significativo alla società, ma anche essendo una responsabilità per gli altri»; in base a questa definizione possiamo affermare che questo secondo elemento riporti al «suicidio altruistico» di Durkheim. Essa comporta la convinzione che gli altri trarrebbero maggior giovamento se egli morisse piuttosto che se continuasse a vivere e una notevole carica di odio nei propri confronti: la combinazione di questi due elementi alza il rischio di suicidio ai livelli massimi.

* Capacità acquisita: «Il grado in cui un individuo è capace di sopportare la paura della morte, un esito psicologicamente terrificante e, probabilmente, fisicamente doloroso»; quindi, il fattore che determina il passaggio dal desiderio di morire al compiere l'atto. Questa capacità si sviluppa esponendosi ripetutamente nel tempo a eventi sempre più dolorosi e pericolosi, in modo da aumentare la propria tolleranza e il proprio coraggio.

Viste le caratteristiche della vita dei militari e dei medici, questa teoria può essere utilizzata per misurare il rischio di suicidio in queste categorie di lavoratori; inoltre, può essere impiegata anche per determinati disturbi psichici, quali il disturbo borderline di personalità e i disturbi del comportamento alimentare.
Passiamo ora ad analizzare alcune scoperte in ambito fisiologico e medico.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Suicidio e società. Il ruolo di ciascuno di noi nella prevenzione

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Informazioni tesi

  Autore: Sonia Rodanò
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2019-20
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Pedagogia
  Corso: Programmazione e gestione dei servizi educativi e formativi
  Relatore: Ubaldo Fadini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 137

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