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Basi molecolari del ''drug repositioning'': recenti progressi e prospettive

''Pro'' e ''contro'' dei metodi di drug repositioning ''malattia-, bersaglio- e farmaco-centrici''

A prima vista, il repositioningmalattia-centrico” potrebbe sembrare più veloce e lineare rispetto a quello “target/farmaco-centrico”, in quanto basato su una connessione diretta tra il farmaco e la sua indicazione terapeutica; presumibilmente questo approccio può essere indipendente da una più profonda comprensione delle interazioni tra farmaci e targets biologici. Tuttavia, se malattie simili fossero sempre direttamente correlate, si potrebbe desumere, ad esempio, che un solo farmaco antineoplastico possa curare tutte le altre forme di cancro, e naturalmente ciò è totalmente falso. Invece, gli approcci malattia-centrici richiedono una conoscenza dettagliata del fenotipo della malattia e dei processi molecolari sottostanti, al fine di individuare nuove indicazioni terapeutiche. Questi metodi devono includere confronti completi e computazionali dei fenotipi della malattia e degli effetti collaterali dei farmaci, nonché confronti del profilo di espressione genica.
In contrapposizione agli approcci malattia-centrici, nel repositioning “target-centrico” l’indicazione terapeutica originaria e quella nuova differiscono maggiormente l'una dall'altra. Tuttavia è raro scoprire un nuovo collegamento tra un target e una malattia, di conseguenza tali approcci sono limitati dalle tecnologie impiegate per individuare nuove associazioni target-malattia. Oltre ai metodi di screening (come sequenziamento genico, micro-arrays e RNAi) che possono fornire indizi sul possibile bersaglio molecolare verso cui indirizzare la scoperta di nuovi agenti terapeutici, l’approccio target-centrico richiede una profonda conoscenza della relazione molecolare tra un determinato target e una malattia.
D'altra parte, il repositioning “farmaco-centrico” può essere considerato l'approccio meno diretto, perché un farmaco può risultare utile per una nuova indicazione terapeutica solo dopo la scoperta di un target specifico che è implicato nella patogenesi di una determinata malattia. Le tecniche “structure-based” meglio conosciute ed impiegate per il repositioning farmaco-centrico sono:
• il docking molecolare, per vagliare la capacità di singole molecole bioattive di legarsi a un target appartenente ad una libreria più o meno ampia di strutture proteiche note;
• gli algoritmi che permettono la costruzione di modelli farmacoforici, per studiare le caratteristiche farmacoforiche 3D del ligando in funzione del suo legame con una determinata proteina; i modelli farmacoforici 3D così costruiti descrivono le caratteristiche strutturali, elettroniche e steriche, che il ligando deve avere per legarsi efficacemente a quel dato bersaglio e possono quindi essere usati come filtri nell’ambito di virtual screening, per individuare ligandi potenzialmente attivi, all’interno di librerie di composti noti;
• tecniche basate sulla somiglianza tra le interazioni molecolari proteina-ligando, che, confrontando i modelli di interazione sotto forma di “impronte digitali”, studiano le somiglianze nelle modalità di legame dei farmaci per identificare nuovi bersagli per molecole candidate al riposizionamento [Parisi 2020].

Tutte le suddette tecniche hanno dimostrato di essere strumenti efficaci al fine di individuare nuovi potenziali candidati per il drug repositioning. Tuttavia, la disponibilità di dati è una delle principali limitazioni e gli approcci farmaco-centrici si concentrano sul farmaco da riutilizzare per un altro target / malattia. Perciò, come punto di partenza, è necessaria una struttura co-cristallizzata che descriva la modalità di legame del farmaco ai suoi bersagli originali. È possibile eseguire uno screening per cercare caratteristiche simili in altre strutture solo se sono disponibili queste informazioni strutturali ottenute dall’analisi cristallografica a raggi X [Parisi 2020].
Quale tra gli approcci descritti sopra domina dunque il campo del drug repositioning? Le previsioni riguardanti le interazioni farmaco-target biologico rappresentano la forza motrice del drug repositioning? Per rispondere a queste domande, Parisi e colleghi hanno analizzato una serie di farmaci (dal basso P.M.) riproposti in quanto attivi contro una determinata proteina target e raccolti nel “Repurposed Drug Database” (RDD) [http://www.drugrepurposingportal.com/repurposed-drug-database.php].
Il confronto tra l’indicazione originaria e quella secondaria per le molecole in esame ha rivelato che i casi di riposizionamento più interessanti riguardano farmaci originariamente indicati per il trattamento di infezioni batteriche e parassitarie che sono stati successivamente riproposti per altri tipi di malattie. In questi casi il riposizionamento si è verificato per l’azione del farmaco su una proteina omologa con conservazione della funzione oppure su una proteina bersaglio completamente diversa.
L’antimicotico ketoconazolo è un esempio di riposizionamento per gli effetti esercitati su una proteina omologa, in quanto si è passati dal target biologico fungino ad una
proteina omologa umana (citocromo P450) per trattare la nefrotossicità indotta da ciclosporina. La doxiciclina, invece, offre un esempio di riposizionamento verso un bersaglio diverso, poiché l’indicazione originaria come antibiotico antibatterico si basa sull’inibizione della sintesi proteica per interazione con l’rRNA 16S nella subunità ribosomiale batterica 30S, mentre essendo attivo anche come inibitore di metalloproteinasi umane (MMP1/7/8/13), il farmaco può essere riproposto per trattare malattie stomatognatiche (di naso, bocca, faccia, prime vie aeree). Comunque, la maggior parte dei farmaci è stata riproposta per indicazioni terapeutiche che ricadono all’interno della stessa area clinica. Per esempio, tra gli otto casi di riposizionamento di farmaci attivi sul sistema nervoso, il midazolam cloridrato per via endovenosa dall’utilizzo originario nella sedazione preanestetica è stato riproposto come agente antiepilettico [Parisi 2020].

Escludendo i casi di repositioning malattia-centrico (che costituiscono quasi il 60% di quelli esaminati), il 36% dei casi di drug repositioning analizzati da Parisi e colleghi ricade nella categoria “target-centrica”. I bersagli farmacologici sono stati collegati alle indicazioni originali e secondarie utilizzando dati presenti in letteratura. Se i target erano gli stessi per entrambe le indicazioni o mostravano una sequenza amminoacidica identica in almeno il 30% della proteina, il drug repositionig era classificato come target-centrico. Un esempio è dato dalla clorpromazina, la cui interazione con i recettori serotorinergici 5HT2A è coinvolta sia nell’azione antiemetica/antiistaminica che in quella tranquillante non-sedativa utile per il trattamento delle psicosi. In un altro caso, il celecoxib, farmaco antiinfiammatorio non steroideo inibitore selettivo della cicloossigenasi-2, è stato originariamente approvato per il trattamento dell’osteoartrite e dell’artrite reumatoide (malattie infiammatorie ed autoimmuni) nell’adulto e successivamente riproposto per il trattamento della poliposi adenomatosa familiare (malattia congenita, ereditaria e neonatale) [Parisi 2020].

I rimanenti sette casi (il 5% del totale dei casi esaminati), che non potevano essere assegnati al repositioning malattia-centrico o a quello target-centrico, sono stati classificati come farmaco-centrici. In questi casi l’indicazione terapeutica principale e quella secondaria erano dirette verso proteine targets del tutto diverse. L’acido valproico ne è un esempio; infatti, come si è detto sopra, è stato originariamente sviluppato per trattare episodi di disturbo bipolare o di epilessia (malattie del SNC) e poi rivalutato per il trattamento della poliposi adenomatosa familiare (malattie congenite, ereditarie, neonatali), in conseguenza della sua interazione con enzimi appartenenti a famiglie diverse. Un altro esempio è rappresentato dall’allopurinolo, che è stato riproposto passando dall’azione su un target umano (xantina deidrogenasi/ossidasi, enzima umano) a quella su un bersaglio di un parassita (ipoxantina fosforibosiltransferasi, enzima del Trypanosoma cruzi) che condividono una piccola percentuale di sequenza amminoacidica (6%)
Complessivamente, 68 dei 196 casi di drug repositioning sono stati esclusi dall'analisi condotta da Parisi e colleghi, in quanto non rientravano nello schema "target proteico-farmaco di piccole dimensioni". I farmaci di grandi dimensioni esclusi erano tipicamente anticorpi, mentre i bersagli non proteici includevano RNA, DNA e altre biomolecole non proteiche. Esempi di rivalutazione terapeutica di anticorpi sono l’infliximab e l’adalimumab, entrambi impiegati nel trattamento del morbo di Crohn e dell’artrite reumatoide giovanile. Il database includeva anche proteine terapeutiche come la somatotropina, usata nel trattamento dei disturbi della crescita nei ragazzi o per indurre l’ovulazione nelle donne sterili.
Un esempio di farmaco di piccole dimensioni che ha un target molecolare non proteico è il melfalan, agente alchilante appartenente alla classe delle mostarde azotate, che interagisce con il DNA ed è impiegato nel trattamento del mieloma multiplo e del melanoma metastatico. Il DNA è anche il target biologico della cladribina, farmaco impiegato nel trattamento della leucemia a cellule capellute e della leucemia linfocitica cronica.

Nel complesso, la maggior parte dei farmaci riproposti (il 60% circa dei 128 casi analizzati) sono stati reindirizzati alla stessa famiglia di malattie (questa tendenza si è rilevata importante all'interno di due categorie di indicazioni terapeutiche: le neoplasie e le malattie del sistema immunitario), mentre il 30 % dei farmaci sono stati rivalutati per una differente indicazione terapeutica ma avente come target la medesima proteina. Quindi, sebbene il drug repositioning computazionale abbia ultimamente sviluppato molte strategie per predire le interazioni farmaco-bersaglio, la maggior parte degli attuali casi di drug repositioning sono ancora il risultato di approcci malattia-centrici o farmaco-centrici [Parisi 2020].
I casi di riposizionamento su base farmaco-centrica sono i soli che possono davvero trarre vantaggio dai metodi impiegati per prevedere le interazioni farmaco-target biologico (“ligand-based”, “structure-based” e “machine learning-based”). Le tecniche di drug repositioning basate sulla struttura chimica dei composti sono esempi di approcci farmaco-centrici. Possono essere impiegate per dedurre nuove interazioni tra farmaci e target biologici e nuove indicazioni terapeutiche, sulla base delle informazioni ricavate relativamente alla struttura delle molecole, dei loro bersagli e delle interazioni farmaco-recettore.
Sebbene il drug repositioning basato sulla struttura chimica dei composti abbia un grande potenziale nel rivalutare molecole conosciute verso nuovi bersagli molecolari e differenti indicazioni terapeutiche, diverse limitazioni lo rendono più difficile da applicare in modo pertinente e sistematico. Infatti sono richiesti dati strutturali sia per il farmaco che per i suoi targets (sia noti che potenziali) e, possibilmente, un numero significativo di ligandi già noti del bersaglio in esame. La mancanza di queste informazioni limita considerevolmente lo spazio di ricerca per il drug repositioning.
Tuttavia, per affrontare la scarsa disponibilità di dati disponibili, possono essere sfruttate varie tecniche, come “homology modeling” e “molecular docking”, che permettono, rispettivamente, di predire la struttura di una proteina e le sue interazioni con un possibile farmaco.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Basi molecolari del ''drug repositioning'': recenti progressi e prospettive

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Informazioni tesi

  Autore: Michele Lo Cascio
  Tipo: Laurea magistrale a ciclo unico
  Anno: 2019-20
  Università: Università degli Studi di Messina
  Facoltà: Farmacia
  Corso: Farmacia
  Relatore: Rosanna Maccari
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 82

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Parole chiave

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riposizionamento dei farmaci
disease-centric drug repositioning
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