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Basi molecolari del ''drug repositioning'': recenti progressi e prospettive

In questa tesi, verranno riportate e discusse strategie di drug repositioning per diverse patologie, come cancro, malattie infiammatorie, infettive e neurodegenerative. In particolare, si metteranno in evidenza gli studi che hanno cercato di fornire elementi strutturali e meccanicistici per supportare il repurposing di alcuni farmaci in nuove applicazioni terapeutiche e che possono aprire la strada allo sviluppo di nuovi analoghi con profili di attività ottimizzati rispetto ai leads.
Il “drug repositioning” (o “drug repurposing”) è una strategia consistente nello scoprire nuove proprietà terapeutiche in farmaci noti (già commercializzati ed impiegati in determinate terapie) o in composti già studiati ma ancora privi di autorizzazione all’immissione in commercio (AIC). Tale approccio risulta più veloce e sicuro rispetto alla scoperta di farmaci de novo, specialmente per sviluppare terapie dirette a malattie/disturbi verso i quali non è disponibile alcun trattamento. Negli ultimi anni, la percentuale di farmaci e vaccini sviluppati attraverso tale metodo e approvati dall’FDA rappresenta circa il 30% del totale. Ciò è solo uno dei principali motivi che hanno spinto le industrie farmaceutiche a mostrare interesse per il drug repositioning.

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4 Capitolo 1 Studio delle interazioni farmaco-bersaglio: basi razionali per strategie di “drug repositioning” La scoperta e lo sviluppo di un farmaco de novo costituiscono un processo complesso e stimolante con un tasso di successo stimato di circa il 2%. Una percentuale così bassa si ripercuote sui costi medi della ricerca, che negli USA ammontano a 2-3 miliardi. Tuttavia, alle volte, vi è la possibilità di usare farmaci già in commercio o molecole in via di sperimentazione per trattare condizioni patologiche diverse rispetto a quelle per cui queste risultano originariamente autorizzate o progettate. Esempi recenti sono offerti dal sildenafil, sviluppato come antiipertensivo ma poi commercializzato per trattare la disfunzione erettile, e dal dimetil fumarato, usato in Europa per oltre 20 anni nel trattamento della psoriasi e recentemente “riconvertito” per trattare la sclerosi multipla (approvato a tale scopo nel 2013) [Pillaiyar 2020]. Anche gli effetti indesiderati di un farmaco possono essere sfruttati nell’ambito di una sua nuova possibile indicazione terapeutica. Ad esempio, la forte attività antiangiogenetica della talidomide, responsabile della focomelia - suo tragico effetto collaterale - si è rivelata utile per il trattamento del mieloma multiplo. Indagare l’efficacia di molecole farmacologicamente attive (con AIC o meno) verso nuove indicazioni terapeutiche usando il drug repositioning può permettere quindi di superare molti degli ostacoli che condizionano la ricerca farmaceutica, come la necessità di soddisfare determinati standard di qualità. Riducendo la percentuale di insuccesso, il drug repositioning rappresenta anche una ragionevole possibilità per identificare agenti farmacologici efficaci contro malattie rare e rendere la medicina personalizzata più accessibile, in quanto si riduce il costo medio del processo di scoperta di farmaci.

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Informazioni tesi

  Autore: Michele Lo Cascio
  Tipo: Laurea magistrale a ciclo unico
  Anno: 2019-20
  Università: Università degli Studi di Messina
  Facoltà: Farmacia
  Corso: Farmacia
  Relatore: Rosanna Maccari
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 82

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Parole chiave

drug repositioning
drug repurposing
riposizionamento dei farmaci
disease-centric drug repositioning
target-centric drug repositioning

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