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La circolazione della "coppia" nella recente giurisprudenza della Corte di giustizia

Il diritto di circolazione e soggiorno dei cittadini di Paesi terzi

I cittadini dei paesi extra-europei non godono degli stessi diritti dei cittadini europei, in particolare, di un diritto di libera circolazione e soggiorno all’interno dei Paesi membri dell’Unione. La direttiva n. 2004/38/CE non conferisce ai cittadini dei Paesi terzi un diritto di libera circolazione e soggiorno autonomo, al contrario, conferisce un diritto derivato, per quei soggetti che vengono compresi nella nozione di “familiari” dei cittadini europei. Bisogna anche considerare che le norme sull’ingresso di cittadini extra-europei nei Paesi membri sono prerogativa nazionale, quindi, non abbiamo una disciplina comune europea valida per tutti i Paesi membri.
Gli accordi di Schengen del 1985 si occupavano di disciplinare in modo comune la circolazione dei cittadini extra-europei tramite norme in materia di visti, diritto di asilo e frontiere. Successivamente, con la scomparsa delle frontiere interne tra gli Stati membri e la sostituzione con la frontiera dell’Unione, si è palesato un necessario cambiamento delle norme che regolano l’entrata dei cittadini dei Paesi terzi.30
L’acquis di Schenghen è stato successivamente incorporato dal Trattato di Amsterdam, prevedendo anche nuove competenze in materia di libera circolazione dei cittadini dei Paesi terzi nel breve e lungo periodo e delle condizioni di soggiorno. In seguito, con le modifiche dei Trattati istitutivi, si è deciso di attribuire una specifica competenza in materia di ingresso e circolazione dei cittadini extra-europei, con l’adozione di norme su asilo ed immigrazione.
Nel 2007 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva volta a semplificare e rendere uniforme la procedura di rilascio del permesso di soggiorno e lavoro ai cittadini dei Paesi terzi, la proposta ha portato alla luce la direttiva n. 2011/98/UE. La direttiva riguarda i cittadini dei Paesi terzi, sia che essi desiderino entrare nel territorio di un Paese membro per motivi di lavoro, sia che essi già soggiornino in un Paese membro ed abbiano, qui, ottenuto il permesso di soggiorno per motivi di lavoro o altri motivi differenti. 31
L’art. 1 par. 2 chiarisce che la direttiva fa salva la competenza degli Stati membri per quanto riguarda l’ingresso di cittadini di paesi terzi nei rispettivi mercati del lavoro.
La direttiva, quindi, si limita a dettare norme comuni che riguardano solo le procedure di rilascio dei documenti di soggiorno, non incide sul potere degli Stati membri di regolare quali soggetti beneficiano dell’accesso al Paese membro.
I lavoratori dei Paesi terzi ammessi nel territorio dello Stato membro e autorizzati a lavorare, godono di pari trattamento rispetto ai lavoratori nazionali, tuttavia, gli Stati membri possono prevedere regimi differenziati in ordine alla concessione delle borse di studio, all’assistenza abitativa pubblica e ai sussidi di disoccupazione, all’accesso ai corsi di formazione e all’istruzione.







[30] I. QUEIROLO, L. SCHIANO DI PEPE, Lezioni di diritto dell’Unione Europea e relazioni familiari, Torino, 2019, pp. 245-250.
[31] F. PREITE, A. CAGNAZZO, Il riconoscimento degli status familiari acquisiti all’estero, Milano, 2017, pp. 170-173.

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La circolazione della "coppia" nella recente giurisprudenza della Corte di giustizia

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Informazioni tesi

  Autore: Isabela Passiatore
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2020-21
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Scienze dei servizi giuridici
  Relatore: Chiara Cellerino
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 54

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