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The Handmaid’s Tale: tra distopia e femminismo

Il femminismo e la narrativa femminista

Prima di individuare i tratti della narrativa femminista nell’opera di Atwood è necessario volgere l’attenzione su ciò che realmente significa l’aggettivo che è spesso accostato alla produzione letteraria. Generalmente, con il termine femminismo, si intende il movimento che supporta i diritti e l’emancipazione delle donne. In realtà, esistono diversi movimenti che prendono questo nome e che, alternandosi storicamente, hanno assunto caratteristiche differenti. Tuttavia, il punto di tangenza di ogni variante è l’opposizione al patriarcato, sistema sociale dominante condotto e gestito da uomini. La madre del pensiero femminista è Mary Wollstonecraft, la cui opera A Vindication of the Rights of Woman, pubblicata nel 1792, auspica una riforma nel modo di vivere delle donne, rivendicandone i diritti ed elaborando una riflessione sul ruolo che esse svolgono all’interno della famiglia e soprattutto all’interno della società. Wollstonecraft ammette che la storia e la cultura sono state sleali nei confronti delle donne, considerate inferiori, sin dai tempi più antichi. Secondo l’autrice la causa di questa condizione è riconducibile alla mancanza d’istruzione prevista all’epoca soltanto per gli uomini:

The conduct and manners of women, in fact, evidently prove that their minds are not in a healthy state; for, like the flowers which are planted in too rich a soil, strength state; usefulness are sacrificed to beauty; and the flaunting leaves, after having pleased a fastidious eye, fade, disregarded on the stalk, long before the season when they ought to have arrived at maturity.

La mancanza di una buona educazione per le donne ha contribuito a radicare l’idea, anche tra loro stesse, che fossero inferiori sia fisicamente che mentalmente agli uomini. Escluse dalla vita politica, erano confinate alla sfera domestica: era loro negata la possibilità di studiare, di lavorare o di possedere qualunque cosa, perché loro e i loro beni appartenevano all’uomo che avevano sposato.
L’immagine della donna come “angelo del focolare” era la più comune e la più usata per descriverle. Era fondata sull’idea che fossero superficiali e ignoranti e che le loro uniche preoccupazioni dovessero essere il marito, la casa e i figli. Ciò che vuole dimostrare la Wollstonecraft e ciò che dimostreranno coloro che le succederanno, è che le donne devono sviluppare la loro mente e la loro intelligenza, l’oppressione a cui sono sottoposte può essere soppressa se vengono loro riconosciuti pari diritti.
A un certo punto della storia le donne finalmente iniziano a smettere di pensare che la condizione in cui vivono rappresenti ciò che è giusto, e questa presa di coscienza mina profondamente le fondamenta del potere patriarcale che le ha assoggettate per secoli e che, per sfortuna, si basava anche sul credito che veniva dato alla cosa dalle donne stesse. Questo sistema sociale inizia a vacillare nel momento in cui le donne smettono di crederci, scoprendo che non è l’unico modo di esistenza a cui possono ambire, ma che possono ottenere ciò che per gli uomini eradato per scontato, mentre le donne per ottenerlo dovevano combattere mentalità e costumi antichi ed ottusi difficili da scardinare. L’uguaglianza tra uomo e donna è, infatti, il primo obiettivo del “First Wave Feminism” a cui seguono altre due ondate che corrispondono ad altri due periodi storici. La prima fase del femminismo si concentrò maggiormente sulla conquista dei diritti civili e sulla parità giuridica.
Le protagoniste di questa prima ondata, le suffragette, si batterono per conquistare il diritto al voto che fu ottenuto prima in Islanda nel 1906 e successivamente in Inghilterra nel 1918. Dopo il primo conflitto mondiale, le donne cominciarono a
conquistare la consapevolezza di sé e delle proprie scelte, iniziarono a far sentire la propria voce.
Il “Second Wave Feminism”, nato negli anni Settanta del Novecento, spostò la sua attenzione verso fattori di tipo sessuale, in particolare verso la differenza biologica tra uomo e donna, sul diritto all’aborto, sulla sessualità e sull’accesso al mondo professionale.
Nonostante il miglioramento radicale della condizione femminile, le donne hanno da allora dovuto continuare a combattere per proteggere ciò che hanno ottenuto tramite le loro battaglie ideologiche perché, c’è sempre stato chi, essendo vittima di un retaggio culturale antico, si opponeva a queste grandi vittorie. Ancora oggi, purtroppo, dopo decenni impiegati a tentare di cambiare questa situazione, a cercare di migliorarla e a lottare affinché la parità tra i generi prevalga, esistono differenze ancora evidenti. Esempi quotidiani lo dimostrano, soprattutto in campo lavorativo, dove la maggior parte delle donne riceve uno stipendio più basso rispetto a quello ricevuto dagli uomini.
Ci sono anche state delle involuzioni nel tempo. Nel 1984, in Iran, le donne vennero escluse dall’istruzione, forzate a ritornare all’interno delle mura domestiche a svolgere i loro soliti compiti. Anche in Afghanistan, dove vedere una donna leggere o guidare un’auto era impensabile fino a pochi anni fa, la parità dei sessi tanto ricercata non è stata, purtroppo, completamente raggiunta.
Le donne continuano ancora oggi a rivendicare e a difendere ciò che nel corso dei decenni hanno ottenuto e a lottare per raggiungere nuovi traguardi. Agli inizi del Novecento, Virginia Woolf affermava che la donna in quanto tale “has still many ghosts to fight, many prejudices to overcome”. La narrativa femminista ha svolto in questo senso un ruolo di supporto al fianco della lotta femminista, trattando temi fondamentali e ricorrenti nel movimento.
Tuttavia, come nella vita quotidiana, le donne sono state ostacolate anche nelle loro ambizioni letterarie da impedimenti sociali e politici. Tuttavia, sottolineava Woolf, “many famous women, and many more unknown and forgotten, have been
before me, making the path smooth, and regulating my steps”. Sebbene non serva andare troppo indietro nel tempo per trovare esempi di scrittrici, le donne sono sempre state prese poco in considerazione a causa della mancanza d’istruzione. Per questo motivo erano fortemente sottovalutate anche in campo letterario, in cui il ruolo fondamentale era, ancora una volta, lasciato all’uomo. Se le autrici sono state continuamente emarginate e discriminate, la figura femminile come protagonista della letteratura è stata, invece, fin dall’inizio al centro della scena, basti pensare alle opere di Dante e di Petrarca, all’interno delle quali la figura preponderante è quella della donna, ma come protagonista passiva, e questo è diverso dal prendere direttamente la parola e far sentire la propria voce.
La letteratura è considerata da sempre il mezzo di espressione più profondo dell’essere umano, pertanto anche le donne a un certo punto hanno cominciato ad utilizzare questa potente arma con cui combattere per ottenere quei diritti che erano sempre stati negati loro da una società che le emarginava. Scrivere, per una donna, ha significato proclamare la propria indipendenza, la propria uguaglianza e il proprio desiderio di impegno civile e politico. Nessuno meglio della donna può essere in grado di scrivere della propria condizione denunciandone i lati negativi.

Questo brano è tratto dalla tesi:

The Handmaid’s Tale: tra distopia e femminismo

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Informazioni tesi

  Autore: Mariateresa Vanacore
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2019-20
  Università: Università degli Studi di Napoli
  Facoltà: Lingue e Letterature Straniere Moderne
  Corso: Lingue e letterature straniere
  Relatore: Lucia Esposito
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 61

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