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Il New Public Management nel dibattito internazionale e nell'esperienza di riforma italiana

Il NPM è un nuovo paradigma nel campo delle teorie di riforma delle pubbliche amministrazioni?

Nell’ambito della riforma nella gestione delle pubbliche amministrazioni, l’approccio del NPM è stato visto da molti studiosi ed esperti del settore come un nuovo paradigma, che sta sostituendo il paradigma weberiano della public administration.
La questione se il NPM sia o meno un nuovo paradigma, merita attenzione perché ci porta a riflettere sul grado di differenziazione fra i due disegni organizzativi citati, facendoci domandare se ci troviamo realmente di fronte ad una rivoluzione radicale nell’organizzazione dei servizi pubblici.
Nonostante l’estesa adozione del NPM da parte dei governi dei paesi avanzati, il grado di conoscenza e di cultura amministrativa introdotto in quei paesi dal NPM e dai suoi metodi, non è chiaro.
Il NPM può essere considerato come un paradigma, ovvero un nuovo modello di riferimento nel suo ambito? Molti studiosi lo definiscono in questi termini. Si vedano ad esempio gli studi di Aucoin (1990), Hood (1995), Barzelay (1992), Gray e Jenkins (1995). Certo da un punto di vista valoriale sembra che in effetti il NPM sia un nuovo paradigma: infatti propone nuovi valori e una nuova concezione della pubblica amministrazione. Quando questi autori analizzano la questione, si riferiscono proprio a questa accezione del termine paradigma, sottolineandone il lato prescrittivo come un’ideologia codificata.
Peraltro, Hood, nel 1991, ha esaminato il sistema valoriale legato alla dottrina del NPM e ha sollevato il problema se i relativi valori siano facilmente compatibili con quelli della pubblica amministrazione tradizionale. Secondo Hood, il NPM ha significato porre un forte accento su valori come efficienza ed economicità, ma ha anche notato che questi vantaggi potrebbero essere stati ottenuti a spese della garanzia di onestà, di una gestione equa e della stabilità ed elasticità delle organizzazioni. Dal punto di vista di Hood, il NPM è molto più che una serie di pratiche gestionali, in quanto implica nuovi valori e una vera e propria cultura amministrativa, anche se di tale cultura e dei suoi valori portanti egli illustra vantaggi e svantaggi.
La critica di Hood è in parte contestabile, perché non separa i valori legati alla gestione e quelli relativi al livello politico di indirizzo. A livello politico, infatti, dagli anni 2000 si assiste ad una nuova enfasi sul recupero dei valori legati al concetto di interesse generale, che non vengono messi in ombra dalla gestione NPM e che sono equità, etica e uguaglianza. Mentre non sono oggetto di questa confusione di livelli, gli altri due rischi, nell’adozione di principi e misure NPM, di perdita di stabilità ed elasticità delle strutture, ma non sono ugualmente condivisibili perché le organizzazioni tradizionali non erano in ogni caso né stabili e né elastiche.
Anche altri autori comunque riconoscono che l’implementazione e il successo del NPM sono possibili soltanto se vi è un passaggio culturale e comportamentale nella gestione delle pubbliche amministrazioni, da un modello burocratico di pubblica amministrazione ad uno imprenditoriale.
E’ chiaro che con il NPM hanno avuto una maggiore preminenza rispetto al passato i valori della gestione tipici del settore privato, ma emerge anche un altro elemento valoriale che è l’approccio partecipativo nella gestione, già emerso nel settore privato americano.
La nuova concezione della pubblica amministrazione legata a questi valori, individua nelle imprese il modello normativo di riferimento: la pubblica amministrazione viene concepita come insieme di organizzazioni, che vendono servizi ai cittadini, considerati ora più come clienti e consumatori che come titolari di diritti.
Ai valori cui abbiamo prima fatto riferimento e a questa nuova concezione della pubblica amministrazione, corrispondono precisi principi organizzativi, che già abbiamo individuato nel primo capitolo e che hanno portato al tentativo di ridefinire i concetti di responsabilità, di controllo, di decentramento, di autonomia gestionale, di gestione orientata ai risultati, di rendimento, di utenza, etc.
Un altro elemento a favore del NPM come paradigma, è la formazione di una comunità accademica internazionale di studiosi dell’argomento, che recentemente hanno prodotto testi, articoli ed organizzato conferenze, mettendo a tema gli orientamenti nella riforma delle pubbliche amministrazioni.
L’argomentazione contraria è da una parte l’assenza di una teoria unica, o comunque di una serie di teorie che partano dalle medesime assunzioni, dall’altra l’isolamento di ogni tentativo di costruire modelli o teorie sui principi del NPM. A questo proposito si trovano riferimenti, sia dei fautori che degli oppositori, proprio a riguardo di questa mancanza di una solida e coerente base teorica nell’approccio manageriale alla gestione delle pubbliche amministrazioni. Gli studiosi di scienza dell’amministrazione sono lontani da ogni accordo unitario su un sistema disciplinare.
Anche se ci possiamo spingere ad affermare che il NPM sia un nuovo e concreto esempio per la soluzione dei problemi amministrativi, si può vedere nella letteratura sull’argomento come ciò sia lontano dall’essere condiviso. Ci sono molti contrasti in merito al fatto che il NPM sia utile o conveniente o la risposta giusta. Questo ha a che fare sempre con il fatto che gli sviluppi operativi del NPM non sono soltanto questioni fattuali, ma anche di valore e di cultura.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il New Public Management nel dibattito internazionale e nell'esperienza di riforma italiana

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Informazioni tesi

  Autore: Claudia Chelazzi
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2004-05
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze Politiche
  Relatore: Massimo Morisi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 173

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