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Insegnare Lingua Inglese e Macumba Dance Fitness-Re Move: Un’ipotesi CLIL

L’educazione fisica in un percorso CLIL

In Italia nel 1878 “la ginnastica viene introdotta come insegnamento obbligatorio nelle scuole” (Cives, 1990: 431). Nel 1955 il ministro Ermini rielaborò i programmi della scuola elementare cui obiettivo era di costituire una semplice base per la formazione del carattere degli studenti nonché della loro intelligenza, al punto tale che si dava precedenza all’ educazione morale ed all’ attività fisica e “nel secondo ciclo (terza, quarta e quinta) i comparti disciplinari comparivano in quest’ordine: Religione; Educazione morale e civile; Educazione fisica; Storia, geografia, scienze; Aritmetica e geometria; Lingua italiana; Disegno e scrittura; Canto; Attività manuali e pratiche” (Alberti, 2015: 122).
Questo per evidenziare in quel contesto storico, il ruolo della ginnastica, di cui si prediligeva l’aspetto ludico/ricreativo ed estetico più che salutare, e la posizione nell’elenco della ‘Lingua italiana’, cui apprendimento non era finalizzato ad elaborare strutture comunicative e cognitive.

Il contrario di quanto avviene oggi nelle scuole dove, sull’influenza del dualismo cartesiano tra mente e corpo ed il prevalere della prima sul secondo, si dà importanza a materie considerate accademiche e dove come ricorda Bailey, viene dato “poor placement of PE in many countries” (Bailey, 2018: 52), per cui, citando quanto scritto in un lavoro di ricerca sviluppato con Macfyden, gli insegnanti di educazione fisica continuano ad impegnarsi in “reasoned and public debates about the values and priorities of their profession” (Macfyden and Bailey, 2018:52), seppur si usi il motto esistente da secoli ‘Mens sana in corpore sano’, per spronare gli individui a fare attività fisica e migliorare di conseguenza il loro stato di salute fisica, e mentale.
Delle Fave fa notare che “il vocabolo ‘salute’ discende etimologicamente dal latino ‘salvus’, a sua volta derivato dal sanscrito ‘sarva’ (integro, tutto). Rimanda quindi a una concezione olistica di benessere come integrità e completezza, anche se nell’accezione comune è prevalentemente riferito alle condizioni fisiche” (Delle Fave, 2010: 14). Ed è in linea con la definizione di salute che Bizley evidenzia, della World Health Organisation (WHO): “a state of complete physical, mental and social wellbeing and not merely the absence of disease or infirmity” (Bizley, 2014: 58).
In Inghilterra ad esempio l’importanza data all’educazione fisica era simile solo su alcuni punti. Bailey nel suo lavoro condiviso con altri colleghi, in cui mette in luce i benefici dell’educazione fisica e dello sport nella scuola e di come sia cambiata la percezione del concetto di ‘salute’ seppur legato ad un beneficio fisico, osserva che nel 1909 il ‘Board of Education’ scrisse il primo ‘Syllabus of Physical Exercises’ la cui idea in una prospettiva salutistica era che “physical exercises should be a means of fostering a joyous spirit, a healthy outlet for emotions and a source of aesthetic sensibility” (Bailey et al., 2009: 3) e per cui l’effetto educativo dell’attività fisica era sia morale che mentale, nel senso che la memoria veniva sviluppata dato che sia l’apprendimento che l’esecuzione di attività fisiche richiedevano concentrazione.

Bailey prosegue riportando che dai lavori svolti in occasione dell’ICSSPE del 2001 a Berlino (International Council for Physical Education and Sport Science) si evinse che l’educazione fisica “helps children to develop respect for the body – their own and others’, contributes towards the integrated development of mind and body, develops an understanding of the role of aerobic and anaerobic physical activity in health, positively enhances self-confidence and self-esteem, and enhances social and cognitive development and academic achievement” (Bailey et al., 2009: 1).
In un suo precedente studio del 2006 sui benefici ed i risultati dell’educazione fisica e dello sport a scuola aveva invece evidenziato, come osservato in una relazione scritta da Svoboda nel 1994 per il Consiglio d’Europa, “that sport provides opportunities to meet and communicate with other people, to take different social roles, to learn particular social skills (such as cooperation and cohesion), and that it provides experience of emotions that are not available in the rest of life” (Bailey, 2006: 397). Sembrerebbe dall’esito di questo studio del 2006, condotto osservando l’attività fisica sperimentata da bambini e analizzando dati estratti da un progetto internazionale di ricerca coinvolgente 50 paesi, che si avrebbe uno sviluppo in cinque aree, ovvero: “Physical, Lifestyle, Affective, Social, Cognitive” (Bailey, 2006: 397).

Riassumendo infatti, alcuni studi hanno: 1) sottolineato che si trarrebbe maggior beneficio se lo studio teorico in classe venisse sempre unito ad attività fisica che consentirebbe ai bambini di sperimentare un senso di fiducia nelle loro capacità al contempo divertendosi e promuovendo l’autodeterminazione, evidenziata già nel lavoro di Delle Fave; 2) sottolineato un aumento dell’autostima e riduzione di ansietà, ma un rischio di abbandono poiché i programmi sportivi dovrebbero proporre più scelta di attività; 3) evidenziato che le abitudini sportive acquisite nell’infanzia, a scuola o in attività di doposcuola, verrebbero mantenute anche in fase adulta, traendone beneficio per lo stato di salute; 4) in merito all’area sociale, hanno attestato che favorirebbe un senso di appartenenza ad una comunità, ad una squadra o circolo sportivo, consentendo lo sviluppo di relazioni sociali e coesione civica, nonché quel processo di inclusione per cui si incontrerebbero persone di diversa origine socioeconomica; 5) per quel che concerne lo sviluppo cognitivo hanno affermato che in alcuni casi l’attività fisica non interferirebbe con il rendimento scolastico in generale, al contrario in molti casi sarebbe collegata ad un miglioramento del rendimento, poiché esisterebbe una relazione tra attività ed un maggior sviluppo intellettivo riscontrato tanto nei bambini quanto negli adulti (Bailey, 2006).
Sul punto 3, in un altro studio del 2009, Bailey concorda pienamente con Green il quale ha specificato che l’attività fisica contribuirebbe sia direttamente che indirettamente alla salute dei giovani; direttamente tramite la partecipazione a lezioni di educazione fisica a scuola, anche in orario extracurricolare, promuovendo lo sviluppo di un atteggiamento positivo verso l’attività e verso i benefici che si ottengono da uno stile di vita salutare; indirettamente poiché attraverso una partecipazione attiva verrebbero poste le basi per abitudini che si riscontrerebbero “in their leisure time and, more importantly, throughout their adults lives” (Green, 2016: 6).
Sul punto 2, lo stesso Green, evidenziando che l’attività fisica in fascia extracurricolare viene vista come un ponte di unione tra quella curricolare in orario scolastico e quella praticata nel tempo libero, ricorda che l’Ofsted (Office for Standards in Education), nel 2013 nelle scuole in Inghilterra ha introdotto attività alternative a quelle tradizionali, tra cui figurano anche la street-dance, cheerleading e lo yoga, per spronare gli studenti a partecipare maggiormente ed a trovare piacere e divertimento nelle attività in linea con i loro interessi (Green, 2016).
Vari sono gli studi citati da Bailey in merito agli effetti positivi della danza che permetterebbe di acquisire elementi estetici ed espressivi diventando per alcuni “a vehicle for development of empathy and self-esteem” (Bailey, 2009: 20), non dimenticando che nell’ elenco delle principali aree di attività del curricolo di educazione fisica del DfEE (Department for Education and Employment) per l’Inghilterra e per il Galles, pubblicato nel 2000 figurano: “games, gymnastics, dance, swimming, athletics, and outdoor and adventurous activities” (Bailey, 2009: 77).
Il punto 5, per cui l’attività fisica “in many instances is associated with improved academic performance” (Bailey, 2006: 399) e di cui nel 2005 aveva riscontrato meno evidenza nella letteratura, viene ripresa nel lavoro di ricerca del 2009 ove si sottolinea che tale associazione sussista nonostante l’aumento delle ore di attività fisica nelle scuole per cui i discenti avrebbero meno tempo a disposizione per lo studio di altre materie, e maggiormente evidenziata nel suo recente studio del 2018 che sottolinea il miglioramento anche di “cognitive functions and psychological engagement with schools” (Bailey, 2018: 55), in linea con Green che pone un focus sulla quantità di attività fisica svolta per cui “particularly moderate to vigorous physical activity (MVPA) in childhood and adolescence has effects conducive to improved cognition” (Green, 2006: 3).

È sempre Bailey che nel precedente lavoro del 2005, sottolinea che seppur oggigiorno i termini ‘educazione fisica’ e ‘sport’ sembrino interscambiabili in alcuni sistemi educativi, nel 2000 lo stesso DfEE (Department for Education and Employment) ha specificato che il termine ’educazione fisica’ indica quella parte del curricolo scolastico “concerned with developing pupils’ physical competence and confidence, and their ability to use these to perform in a range of activities”, mentre il termine sport “is a collective noun and usually refers to a range of activities, processes, social relationship and presumed physical, psychological and sociological outcomes” (Bailey, 2005: 72).
Bailey precisa quindi che come riportato nell’art. 2 del Council of Europe’s European Sports Charter, scritto nel 2001, lo sport si riferisce a tutte quelle attività fisiche che “through casual or organized participation, aim at expressing or improving physical fitness and mental well-being, forming relationships or obtaining results in competitions at all levels”, pertanto includendo ogni forma di attività, tra cui la danza (Bailey, 2005: 72).
Anche se nei tre studi viene messo in evidenza l’aspetto sociale per cui l’attività fisica e lo sport sono promotori di “opportunities for active citizenship” (Bailey, 2005: 74), e consentono lo sviluppo di un senso civico che favorirebbe l’allontanamento giovanile da problemi di delinquenza avvertendo maggiore responsabilità verso sé stessi e gli altri, o l’eliminazione di uso di droghe o alcool richiedendo uno stile di vita più salutare, nello studio del 2005, Bailey pone l’attenzione sulla definizione di ‘social capital’. Osserva l’utilizzo che ne fa Bordieu (1984) il quale vede la connessione con il concetto di cultura, Coleman (1994) che si riferisce a quell’insieme di risorse che permeano l’ambito familiare e comunitario consentendo la crescita sociale e cognitiva di ogni bambino e giovane, e Putnam (2000) che vede la realizzazione nelle reti sociali che si creano condividendo attività. E proprio per l’aspetto di coesione ed inclusione sociale nonché per le opportunità di scambi affettivi prima descritti, lo sport assolverebbe a tale funzione, promuovendo lo sviluppo del ‘social capital’ (Bailey, 2005).

Per tali ragioni c’è ampia letteratura in merito all’associazione tra attività fisica e benessere psicologico, tanto più come fa notare Bailey in un altro studio, da quando la WHO (World Health Organization) ha asserito che “sports participation improves self-esteem, self-perception and psychological well-being” (Bailey, 2009: 17), sulla linea del modello PERMA di Seligman summenzionato. L’aspetto sociale viene ad essere fondamentale ed oggetto di investigazione dai governi poiché tutte le abilità che si svilupperebbero, correlate alla partecipazione ad attività fisica, quali appunto senso di appartenenza, cooperazione ed empatia, aiuterebbero gli individui a superare ostacoli nella vita quotidiana (Bailey, 2005).
Il lavoro di ricerca svolto in questo studio del 2005 ha posto le basi per quello del 2018 dove a seguito di investigazioni su tutta la letteratura esistente, Bailey giunge alla conclusione che “the development of the knowledge, skills, values and attitudes necessary for harmonious social living are vital elements of human flourishing” (Bailey, 2018: 58), ed un ruolo fondamentale è rivestito dall’attività fisica, promotrice di un senso di comunità e di inclusione sociale. Nell’odierna ottica che mira al raggiungimento di uno stato di benessere (well-being) e floridezza umana (flourishing), è da notare che già nel 2013 Bailey aveva elaborato lo Human Capital Model (HCM) che analizzava i processi ed i risultati dell’attività fisica sull’uomo, per cui nel presente studio del 2018 sottolinea che “competencies, knoweldge and attributes are embodied in the ability to take part in physical activities, and that these activities produce values that are realised through increased well-being. Hypothesising that physical activity is an investment capable of delivering valuable returns, the model represents the view that physical activity is essential for healthy human development and functioning. It frames development and functioning in terms of different forms of ‘capital’ – physical, emotional, social, individual, intellectual, financial – which are resourses that can be built on and drawn on throughout the lifecourse” (Bailey, 2018: 59).
Non dobbiamo però dimenticare che un ruolo chiave nel favorire il processo di socializzazione è ricoperto dall’insegnante di educazione fisica, “acting as a bridge between young people and PE” (Bailey, 2018: 62), che ha un comportamento positivo, è rispettoso, onesto e corretto verso tutti e viene visto come un modello da seguire dagli studenti con cui lavora (Bailey, 2009). La centralità del ruolo dell’insegnante, sostenuta come abbiamo visto nel primo paragrafo ampiamente da Visalberghi e riportata da Chiappetta Cajola e Ciraci, nonché presente nelle linee guida del QCER sempre nel primo paragrafo, è investigata anche da Di Bari nel suo lavoro sull’influenza che Pierre De Coubertin ebbe agli inizi del ‘900, promuovendo i Giochi Olimpici, e che nonostante il suo interesse di educare le masse attraverso lo sport fosse in realtà una strategia per controllarle, ha posto le basi per un’eredità mondiale, che trova ancora oggi un riscontro senza eguali.
La sua forza fu quella di aver visto la stretta connessione tra sportcomunicazione-educazione-cultura, principalmente nel binomio sport-cultura, promuovendo l’uso dello sport come mezzo per educare la gente. Ecco perché al termine della sua disamina, di cui riprenderò alcuni punti, Di Bari conclude affermando che i valori civici e morali ‘Olimpici’ dovrebbero essere trasmessi alle nuove generazioni dalle istituzioni, dalla scuola, dalle associazioni sportive e dai circoli sportivi tramite i loro coaches, managers, trainers ed educatori, e che tutti gli insegnanti di educazione fisica e gli istruttori dovrebbero pertanto portare avanti “an educational model that not only concerns technical aspects, but also psychological and pedagogical aspects” (Di Bari, 2016: 239). In linea quindi con il ruolo dello sport come opportunità per ‘active citizenship’ visto in Bailey (2005), e con i principi della scuola e la costruzione di un dialogo con gli altri, promossi tanto da Bruner quanto da Don Milani come abbiamo visto nel primo paragrafo.
[...]

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Informazioni tesi

  Autore: Cinzia Citrigno
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2018-19
  Università: Università degli Studi di Roma Tor Vergata
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Lingue e Letterature Europee e Americane
  Relatore: Stefania Cavagnoli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 126

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