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Il divenire della customer experience nel panorama bancario italiano. L'esperienza del Gruppo ICCREA.

Misurare la CX

Riprendendo una citazione attribuita a Peter Drucker, uno dei maggiori pensatori esperti di management di tutti i tempi, in cui asseriva che: “Se non puoi misurarlo non puoi migliorarlo”, anche la CX deve essere misurata con regolarità.
Ciò consente all’azienda di:
⁃ Calcolare i risultati raggiunti ed i loro scostamenti rispetto agli obiettivi.
⁃ Valutare i fattori condizionanti, sia interni che esterni.
⁃ Individuare i punti di forza e di debolezza dell’attività aziendale.
⁃ Definire e adottare con tempestività le azioni utili a colmare i gap tra obiettivi e risultati ottenuti.

Per misurare la CX occorre avere obiettivi chiari, concreti ed effettivamente raggiungibili, occorre definire azioni e fattori critici che ne influenzano il raggiungimento, stabilire un sistema di indicatori che permetta la capacità dell’azienda di perseguirli.
In tema di obiettivi diviene rilevante la distinzione degli stessi dai KPI (Key Performance Indicator): i primi sono i risultati che un’azienda si prefigge di raggiungere, mentre i secondi sono letteralmente gli indicatori chiave di prestazione, ovvero le metriche che consentono di monitorare l’andamento delle attività chiave per l’azienda.
I KPI rappresentano delle metriche, ma non tutte le metriche sono KPI: l’elemento che differenzia le une dagli altri è la rilevanza del dato misurato. Le metriche misurano qualsiasi tipo di dato quantificabile, come ad esempio il fatturato o il numero complessivo di clienti.
I KPI misurano solo i dati utili a determinare il progresso dell’azienda nel conseguimento dei suoi obiettivi. Se ad esempio l’obiettivo è “il mantenimento dei clienti nel tempo”, i possibili KPI, quindi dati che lo verificano e lo misurano, potrebbero essere:
1. il tempo medio di risoluzione dei problemi;
2. il grado di soddisfazione;
3. il tasso di abbandono (come il numero di clienti che smettono di abbonarsi ad un servizio, ad esempio).
I KPI si focalizzano su come l’azienda recepisce il comportamento dei suoi clienti, in termini di profitto e ritorno sull’investimento, e la conseguente crescita e sviluppo del business.
Se è vero che il successo di un’azienda dipende dalla sua efficacia di comportamenti nei confronti del cliente, nel senso di essere in grado di soddisfare bisogni e superare aspettative in modo facile, veloce ed esauriente, risulta importante poter traslare dai KPI ai Customer Performance Indicators. Questi sono gli indicatori di performance per il cliente e misurano quanto per lui sia davvero importante nella relazione con l’azienda, rispetto a tutte le fasi del Customer Journey e all’esperienza che si aspetta di vivere. I CPI possono essere utilizzati da tutti i dipartimenti aziendali, quindi marketing, sales, product management, customer service, operations, finance, poiché tutti contribuiscono indistintamente a creare l’esperienza al cliente.
Si propongono alcuni esempi per comprendere l’impatto diretto dei CPI sulle prestazioni aziendali:
• Nella fase di acquisto di CJ, un CPI può essere la “possibilità di usare metodi di pagamento differenti”: ciò impatta sulla capacità dell’azienda di acquisire nuovi clienti e mantenere quelli attuali.
• Nella fase di valutazione del CJ, il CPI “velocità di risposta ad una richiesta di preventivo” ha un impatto diretto sul livello delle vendite.
• Nella fase di fidelizzazione del CJ, il CPI risoluzione immediata di un problema senza alcuna difficoltà o frizione da parte del cliente” impatta direttamente sulla fedeltà stessa dei clienti.
Dal confronto tra KPI e CPI emerge una considerazione: per riuscire ad individuare ed attivare le azioni di miglioramento e quindi perseguire il successo dell’azienda, risulta necessario allineare indicatori di prestazione (KPI) con gli obiettivi del cliente (CPI) e combinarli e misurarli regolarmente.
Ne consegue che misurare la CX attraverso questa combinazione richiede l’acquisizione, raccolta, aggregazione ed analisi di dati differenti, provenienti da fonti diverse da tutti i reparti e sistemi aziendali e anche dall’esterno, se si guarda ai dati dei competitors oppure ai trend di mercato.

Trattando le principali metriche utilizzate nella CX, si distinguono questi tre indicatori: CSAT (Customer Satisfaction Score) – CES (Customer Effort Score) – NPS (Net Promoter Score), come evidenziato nella figura alla pagina seguente.

Con CSAT si misura il grado di soddisfazione dei clienti, quale sintesi di una occasione di contatto con l’azienda. Si definisce sulla base della domanda: “Quanto sei soddisfatto del bene o del servizio ricevuto?”; la scala delle risposte possibili va da 1 a 5 (rispettivamente da “per niente” a “molto”). Tale indicatore, espresso in %, indica la quota di clienti che hanno dato valutazione positiva di 4 o 5. Più in generale CSAT consente di misurare la capacità di una organizzazione aziendale di incontrare i bisogni della clientela. Il CES misura lo sforzo impiegato da un cliente per risolvere un determinato problema, quindi quanto l’esperienza che ha vissuto è stata “facile” e consente di estrapolare alcune informazioni. Si determina sulla base di una domanda: “Quanto è stato difficile risolvere il tuo problema?” (scala da 1 a 5 da “molto difficile” a “molto facile”). L’indicatore consente di comprendere la percezione ed il livello di soddisfazione dei clienti rispetto ai servizi aziendali, tenendo traccia delle esperienze sia positive che negative, nonché di analizzare il livello di fedeltà degli stessi e quindi prevedere i loro comportamenti di acquisto futuri ed ottenere spunti su come ottimizzare la CX.
L’NPS, ovvero il tasso di promozione netta, fu introdotto e teorizzato da Frederick Reichheld, partner di Bain & CO, all’inizio del 2000 (REICHHELD ,1996), frutto del progetto di ricerca culminato in un documento pubblicato sulla rivista Harvard Business Review nel 2003 intitolato “The One number You Need to Grow” (letteralmente “un numero che hai bisogno di far crescere). Questo indicatore si misura con la domanda:” In una scala da 1 a 10, quanto consiglieresti questa azienda/prodotto/servizio a un amico o a un collega?”. Esso è utile a valutare la fedeltà dei clienti e nello specifico calcola la % dei clienti che consiglierebbero il prodotto o servizio di un’azienda ad altre persone.
In base al risultato avremo:
• da 1 a 6 i detrattori, clienti insoddisfatti che non acquisteranno nuovamente e potrebbero danneggiare l’immagine dell’azienda tramite il passaparola negativo;
• i neutrali o passivi, da 7 a 8, rappresentano i clienti abbastanza soddisfatti ma indifferenti, che non parlano male del prodotto o servizio ma non si sentono sufficientemente entusiasti a promuoverlo; potrebbero quindi preferire un altro marchio;
• i promotori, da 9 a 10, sono clienti più che soddisfatti, felici e fidelizzati, che amano il marchio e lo raccomandano ai loro conoscenti.
NPS è un numero compreso tra -100 e +100 e risulta dal rapporto tra “n° promotori meno n° detrattori” al numeratore e “n° rispondenti” al denominatore, il tutto in %.
Il voto espresso con l’NPS non si riferisce ad una singola interazione o scambio avvenuto con l’azienda bensì a tutta l’esperienza. Per questo motivo l’NPS è considerato una delle metriche più importanti per misurare la CX.
Misurare i risultati delle azioni intraprese rimane sempre uno step importante di ogni processo strategico. Se CSAT, CES e NPS sono gli indicatori individuati in fase di “setup”, la definizione di una metrica KPI, quale il Customer Lifetime Value (in breve CLV), consente di misurare in termini quantitativi i benefici legati alla fidelizzazione della clientela, in quanto per la quasi totalità delle imprese costa meno mantenere i clienti esistenti che acquisirne di nuovi. Infine i volumi di up-selling e cross-selling sono efficaci indicatori per dimostrare il ritorno sugli investimenti (ROI).

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il divenire della customer experience nel panorama bancario italiano. L'esperienza del Gruppo ICCREA.

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Informazioni tesi

  Autore: Davide Migliorini
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2022-23
  Università: Università degli Studi di Verona
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia aziendale
  Relatore: Angelo Bonfanti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 63

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