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La relazione tra percezione del contesto di vita quotidiana e bisogno percepito di cultura. Il caso della Tremezzina

Oltre lo spazio urbano: lo sprawl e i territori a bassa densità

Lo spazio considerato fino a questo punto è prevalentemente, se non unicamente, quello relativo al contesto urbano. Del resto, il metodo presentato da Lynch per la ricostruzione dell’immagine mentale dell’ambiente di vita quotidiana è stato applicato quasi esclusivamente alla percezione della città (Chiesi & Costa, 2012, p. 115); ed è la città che nella sociologia spazialista di Simmel rappresenta l’ambiente privilegiato per leggere e interpretare le tendenze della modernità. Tuttavia, quel processo di urbanizzazione che un tempo si arrestava ai bordi amministrativi delle città, scrive Nuvolati, oggi sembra non avere più alcun tipo di confine. “Dove non arrivano le nuove costruzioni, le automobili e l’inquinamento, sopraggiunge comunque la cultura urbana attraverso Internet, l’e-commerce e, più in generale, l’ICT. Il processo di omologazione degli stili di vita in chiave urbana è talmente pervasivo che, paradossalmente, rende obsoleto il confronto tra città e campagna” (Nuvolati, 2018, p. 117). Appare dunque superata la “dicotomia città-campagna” (Sartoretti, 2012, p. 18) caratteristica del periodo della “città industriale come luogo unitario e fortemente accentrato” (Esposito, 2010, p. 62). Inoltre, anche se la potenzialità teorica del metodo di Lynch applicato ad unità d’analisi non urbane non è ancora stata esplorata, sembra che già lo stesso urbanista americano avesse mostrato interesse per un’applicazione più generale del suo programma di ricerca (Chiesi & Costa, 2012, p. 115).

Secondo Chiodi (2012, p. 25), distinguere l’insediamento urbano da quello non-urbano, ovvero rurale, è oggi diventato pressoché impossibile, sia da un punto di vista sociale che morfologico. Città e campagna sono sempre meno identificabili univocamente. Vivere in città o in campagna non implica più modelli distinti e caratterizzanti della pratica dell’abitare: “risiedere fuori dai centri urbani compatti non significa abitare secondo un modello rurale, ma è un altro modo di abitare fuori dalla città, che tuttavia non è più campagna” (Ibidem). Fin dal secondo dopoguerra negli stati uniti e dagli anni ’70 in Europa sono in atto una serie di processi di dilatazione dello spazio abitato che hanno determinato un profondo cambiamento nell’organizzazione insediativa e un progressivo ridimensionamento della campagna a favore di una nuova espansione urbana diffusa. Si tratta del cosiddetto fenomeno dello sprawl urbano, basato sull’“espansione della città frammentata in complessi di abitazioni unifamiliari a bassa densità che si diffondono intorno alla città compatta” (Ibidem). Questo fenomeno di dispersione ha comportato il generalizzarsi del modello dell’insediamento urbano, a tal punto che “gran parte della popolazione, ormai, vive in contesti che possono essere definiti urbani anche se non si può sostenere che essi producano una forma tradizionale della città e nemmeno quella che ha caratterizzato il modello della metropoli industriale” (Mela, 2007, p. 53, cit. in Ibidem). La nascita del concetto di sprawl, come anticipato, risale alla seconda metà del ventesimo secolo, quando gli Stati Uniti divengono prevalentemente suburbani: “lo sviluppo delle reti di trasporto innesca un processo di allontanamento progressivo dalle aree centrali urbane” (Esposito, 2015). Le ragioni di tale processo di de-urbanizzazione sono varie, ma quelle che pesano maggiormente, secondo Esposito, sono il costo delle abitazioni nelle grandi città e altri aspetti legati alla qualità della vita. Complice di questo processo è anche l’amministrazione federale dell’epoca che intende incentivare la proprietà privata della residenza e la mobilità individuale (Rufi, 2004, p. 105). Nasce così il concetto di “Suburbia” (Rufi, 2004, p. 105; Esposito 2015), con il quale a partire dagli anni ’60 si indicano le periferie middle-class delle grandi città nord- americane sorte per soddisfare le aspirazioni della classe media verso una migliore qualità di vita e impostate sul modello del “recinto abitativo” (Fasciano, 2003, cit. in Ibidem). La bassa densità insediativa della città americana assume progressivamente dimensioni tali da diventare un fenomeno da conoscere ed analizzare. In Europa il fenomeno assume caratteri sempre più evidenti a partire dagli anni ’70 e si manifesta con caratteristiche in parte diverse dal classico modello di sprawl americano. Negli Stati Uniti e in Europa si va quindi progressivamente costruendo una città “a bassa densità, iperestesa, non servibile da un sistema di trasporto pubblico, dipendente dall’automobile e progressivamente caratterizzata da nuove centralità funzionali esterne ai centri urbani” (Fregolent, 2012, p. 8).

Lo Sprawl urbano è il fenomeno che più caratterizza i territori della contemporaneità. Per citare Gibelli: “l’urbanizzazione a bassa densità è oggi il modello insediativo emergente nel contesto europeo” (Gibelli, 2005, p. 19). Tuttavia, a qualche decennio dalla sua iniziale affermazione non sembrano essere ancora disponibili quadri analitici e interpretativi condivisi. Quello che accomuna i diversi fenomeni di dispersione, sostiene Fregolent, sono flussi materiali e immateriali di persone, merci, informazioni e funzioni. Allo stesso tempo, non vanno dimenticati i fattori che caratterizzano tali fenomeni nei diversi contesti territoriali di riferimento: “le condizioni di partenza (storiche, geografiche, culturali, sociali, economiche), i particolari fattori di evoluzione (agricoli, industriali, urbani), i differenti modelli di vita che comportano differenti modelli di uso del territorio e le diverse manifestazioni morfologiche” (Fregolent, 2012, p. 9). Nei diversi paesi europei, quindi, i caratteri della dispersione insediativa si manifestano con intensità e forma diversa a seconda dei contesti nazionali. Per esempio, Gibelli afferma la necessità di distinguere tra città diffusa e città dispersa. “La diffusione costituisce un fenomeno fisiologico di lungo periodo, determinato dalle innovazioni nei sistemi di trasporto e dall’affermarsi di nuovi paradigmi economici e tecnologici” (Gibelli, 2005, p. 20). Il termine è introdotto per descrivere e spiegare il processo di conformazione di un modello di città non basato sulla concentrazione, ma sulla bassa densità. Il processo in questione si verifica in seguito all’intrecciarsi di due fenomeni convergenti: uno endogeno, di densificazione delle aree rurali; l’altro esogeno, di de-densificazione delle aree urbane centrali (Esposito, 2015). Il termine città diffusa, scrive Rufi, viene spesso associato al contesto italiano, nello specifico per descrivere la trasformazione che le dinamiche urbane hanno avuto nel Veneto a cominciare dagli anni ’80 (Rufi, 2004, p. 108). Al contrario, il concetto di dispersione rimanda alla frammentazione casuale della forma urbana e alla apparente discontinuità delle nuove localizzazioni residenziali e produttive accoppiata ad una crescente segregazione sociale e funzionale. Secondo Gibelli, la dispersione insediativa equivale ad un fenomeno di esplosione: essa rinvia “ad una esasperata specializzazione spaziale; ad una riduzione nell’intensità d’uso delle risorse territoriali non giustificata dalle dinamiche di crescita demografica ed occupazionale ed al conseguente spreco di preziose, e sempre più scarse, risorse ambientali e di suolo; all’incessante incremento della mobilità su gomma, con effetti di sovra-consumo di energia, di congestione delle infrastrutture stradali, di elevato inquinamento ambientale” (Gibelli, 2005, p. 20). In sostanza, la città dispersa assume una connotazione essenzialmente negativa. Essa si configura come una forma specifica contemporanea dell’urbanizzazione diffusa e come un fenomeno per taluni aspetti “patologico” (Ibidem). La città dispersa sembra caratterizzarsi in linea di tendenza come l’opposto della città, come un “fenomeno di urbanizzazione cui non compete il titolo di città” (Salzano, 2002 cit. in Ivi, p. 21).

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La relazione tra percezione del contesto di vita quotidiana e bisogno percepito di cultura. Il caso della Tremezzina

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Informazioni tesi

  Autore: Andrea Antonini
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2020-21
  Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
  Facoltà: Sociologia
  Corso: Sociologia
  Relatore: Sonia Stefanizzi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 97

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Parole chiave

percezione
mappe mentali
contesto di vita quotidiana
tremezzina
bisogno percepito di cultura
esperienza spaziale
partecipazione culturale
spazio di aggregazione

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