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Il lavoro agile oltre la pandemia: stato dell'arte e prospettive di riforma di una nuova filosofia manageriale

Smart working e telelavoro: istituti diversi?

Una questione di particolare interesse ed attualità è relativa al confronto tra smart working e telelavoro, allo scopo di individuare se esiste davvero una differenza tra i due istituti.
L'ampia ed improvvisa applicazione del lavoro agile ha generato nell'opinione pubblica una sorta di zona grigia i due termini, i quali sembrano aver assunto il medesimo significato.

A differenza del lavoro agile, regolamentato nella legge n.81 del 2017 e dal recente Protocollo del 7 dicembre 2021 (quadro normativo che verrà probabilmente modificato dal D.D.L. del 16 marzo 2022 all'esame delle Commissioni parlamentari), il telelavoro non è regolato da una disciplina organica, essendo le disposizioni di legge piuttosto eterogenee e frammentate; infatti, differenti fonti del diritto regolamentano in maniera distinta il settore pubblico ed il settore privato.

La disciplina del telelavoro in ambito pubblico trova il suo riferimento normativo nel D.P.R.
n. 70 del 1999, il quale definisce il telelavoro la "prestazione di lavoro eseguita dal dipendente (…) in qualsiasi luogo ritenuto idoneo al di fuori della sede di lavoro dove la prestazione sia tecnicamente possibile, con il prevalente supporto di tecnologie dell'informazione e della comunicazione che consentano il collegamento con l'amministrazione cui la prestazione stessa inerisce".

Per quanto riguarda la normativa relativa al telelavoro nel settore privato si ravvisa l'esistenza di un Accordo quadro siglato a livello europeo il 16 luglio 2002, recepito nel nostro Paese con l'Accordo interconfederale del 9 giugno 2004, stipulato tra le organizzazioni nazionali di rappresentanza delle imprese (Confindustria, Confartigianato, Confesercenti, Cna, Confapi, Confservizi, Abi, Agci, Ania, Apla, Casartigiani, Cia, Claai, Coldiretti, Confagricoltura, Confcooperative, Confcommercio, Confinterim, Legacoop, Unci) e le associazioni sindacali più rappresentative (Cgil, Cisl, Uil). L'articolo 1 dell'Accordo del 2004 definisce il telelavoro "una forma di organizzazione e/o di svolgimento del lavoro che si avvale delle tecnologie dell'informazione nell'ambito di un contratto o di un rapporto di lavoro, in cui l'attività lavorativa, che potrebbe anche essere svolta nei locali dell'impresa, viene regolarmente svolta al di fuori dei locali della stessa".

La definizione fornita per il settore privato mette in luce alcune caratteristiche specifiche, tra cui il dovuto utilizzo delle tecnologie nello svolgimento della prestazione lavorativa e la necessaria regolarità della prestazione svolta al di fuori dei locali aziendali.

La scheda di lettura n. 516/2 della Camera dei Deputati, a corredo del D.D.L. n. 81 del 2017, si riferisce al lavoro agile come una "evoluzione del telelavoro (…) in quanto caratterizzato da una maggiore flessibilità di tempi e luoghi". La posizione dell'organo parlamentare sembra far emergere una differenza tra smart working e telelavoro, i quali vengono considerati due istituti distinti nella mente del Legislatore, l'uno l'evoluzione dell'altro. Inoltre, già due anni prima della legge del 2017, l'articolo 14 della legge Madia (legge n. 124 del 2015) aveva fissato l'impegno delle amministrazioni pubbliche ad adottare misure organizzative finalizzate sia ad attuare il telelavoro, sia a sperimentare "nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa". È pertanto evidente come già nel 2015 gli istituti del telelavoro e dello smart working fossero tra loro autonomi.

Ancora, nella Direttiva n. 3 del 2017 si può osservare, al punto 1, lettera d, come lavoro agile e telelavoro vengano nettamente differenziati (anche da un punto di vista figurativo all'interno del layout di pagina). Più nello specifico, con riferimento al lavoro agile si parla di "modalità innovative, alternative al telelavoro" e di "innovative modalità spazio temporali di svolgimento della prestazione lavorativa". Alla luce delle considerazioni sopra richiamate, sembra possibile evidenziare l'esistenza di un preciso confine tra lavoro agile e telelavoro, istituti sì simili, ma che presentano allo stesso tempo significative differenze.

In primo luogo, è presente un eterogeno inquadramento della prestazione svolta al di fuori dei locali aziendali. Infatti, se l'articolo 1 dell'Accordo del 2004 richiede che questa venga all'esterno con regolarità, l'articolo 18 della legge n. 81 del 2017 parla di indispensabilità: lavorare in maniera costante al di fuori dei locali aziendali difficilmente rientrerebbe nell'istituto del lavoro agile. Un'ulteriore differenza attiene poi agli strumenti utilizzati dal lavoratore nello svolgimento della prestazione a distanza, in quanto l'articolo 18 della legge n. 81 del 2017 considera solo "possibile" l'utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento della prestazione lavorativa, mentre il D.P.R. n. 70 del 1999 ritiene tale utilizzo necessitato.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il lavoro agile oltre la pandemia: stato dell'arte e prospettive di riforma di una nuova filosofia manageriale

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Informazioni tesi

  Autore: Matteo Traversari
  Tipo: Tesi di Master
Master in PERSONNEL MANAGEMENT AND PAYROLL SPECIALIST (Addetto alla gestione del personale paghe e contributi)
Anno: 2022
Docente/Relatore: Ornelia Fiorella Lamonaca
Istituito da: UniCusano - Università degli Studi Niccolò Cusano
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 87

FAQ

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