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La lotta all'AIDS nel mondo arabo tra riconoscimento ufficiale e omertà: uno sguardo al caso siriano

L'Aids (Acquired Immune Deficiency Sindrome, ossia Sindrome da Immunodeficienza Acquisita), non è solo un'emergenza nell'immediato, ma un fenomeno che ci accompagnerà a lungo e che necessita la tempestiva azione di tutti i settori della società per invertire i pericolosi trend di propagazione a cui oggi si assiste. Recentemente, il Segretario generale delle Nazioni Unite Ban-Ki Moon si è rivolto ad un gruppo di leader religiosi descrivendo l'epidemia come "la cicatrice morale sulla nostra coscienza" e parlando del "sacro dovere condiviso" di mobilitarsi per combattere la malattia .
La pandemia dell'Aids non è un'entità isolata: è la crisi e il collasso delle società e ricalca la stessa crisi e lo stesso collasso che il virus provoca nel sistema immunitario del corpo umano.
Ad oggi, non ha più senso parlare di Aids facendo riferimento solo ai paesi occidentali: la malattia infatti si è diffusa e ha colpito anche il Medio Oriente. La popolazione araba, che dal 1983 - anno in cui il virus è stato identificato - è sempre stata all'oscuro del problema, ha infatti iniziato a prenderne reale coscienza solo da alcuni anni; con il passare del tempo e l'osservazione dell'aumento dei tassi di contagio anche nel loro mondo, le società del Medio Oriente sono arrivate alla progressiva accettazione dell'esistenza della malattia.
I dati epidemiologici rilevati in diversi paesi arabi di fede musulmana sono limitati e spesso non c'è traccia di statistiche ufficiali: questo dovrebbe far supporre che in questi luoghi l'Aids non esista; ciò non corrisponde a verità, ma a causa di fattori socio-politici, nonché economici, tutto viene taciuto. Il Medio Oriente registra infatti alti numeri di contagio da Hiv, soprattutto tra gli uomini e in zone urbane; nonostante il sesso a pagamento non protetto sia il fattore chiave della diffusione del virus in gran parte del mondo arabo (così come nel resto del mondo tra l'altro), l'esposizione e il contatto con gli strumenti per l'utilizzo delle droghe iniettabili risulta essere la principale via di trasmissione in paesi come Afghanistan, Iran, Libia, Algeria, Marocco e Pakistan.
Uno degli obiettivi fondamentali delle iniziative che verranno e che sono state già intraprese dalle varie organizzazioni, sia a livello regionale, nazionale e internazionale, è quello di eliminare il pregiudizio, la stigmatizzazione e la discriminazione che ancora prevale in molte società nei confronti di chi vive con l'Aids; un altro, ma non meno importante, è quello di agire attivamente contro le ingiustizie e le ineguaglianze che alimentano la diffusione del virus stesso, ad esempio la discriminazione verso gay, immigrati, minoranze etniche, tossicodipendenti e prostitute: persone che spesso sono spinte ai margini della società e che, rifiutate da tutti, sono più esposte al rischio di contagio.
Fornire una panoramica sul problema dell'Hiv/Aids nel mondo arabo è il tema centrale di questa trattazione; il focus è stato posto in particolare sul Medio Oriente, dove si assiste ad un fenomeno bipolare: il riconoscimento ufficiale da una parte e il silenzio che ancora circonda la questione dall'altra. La ricerca bibliografica (lunga e per alcuni versi complessa), effettuata tramite biblioteche e web, ha permesso di reperire varie tipologie di documenti e pubblicazioni, tutte rigorosamente in lingua araba e inglese. Si sottolinea la primaria importanza che il preparatorio lavoro di traduzione inedita ha svolto nella stesura di questa trattazione. Attraverso l'analisi di questo materiale è stato possibile tracciare un quadro della risposta del mondo arabo e panarabo all'epidemia: una risposta che appare poliedrica a tutti gli effetti, visti i diversi settori della società che sono coinvolti nella lotta all'Aids nei diversi paesi del Medio Oriente; è stato altresì possibile constatare come, sebbene in alcuni paesi non ci sia una manifesta accettazione dell'esistenza della malattia, le strategie di informazione, le iniziative legislative e le campagne di sensibilizzazione svolgano un ruolo determinante nella società e siano chiaramente rivolte a combattere la diffusione del virus tra la popolazione.
L'analisi di materiali provenienti da organizzazioni, associazioni ed enti appartenenti a settori diversi ha come fine la comprensione dei fattori che possono contribuire alla diffusione del contagio e soprattutto quella dell'immaginario collettivo legato all'Hiv/Aids nel mondo arabo: lo sviluppo di un approccio culturalmente sensibile nell'ideare e attuare strategie e programmi di prevenzione rappresenta sicuramente uno dei mezzi migliori per costruire una risposta efficace, sostenibile e duratura alla diffusione del virus.

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4 INTRODUZIONE L’Aids (Acquired Immune Deficiency Sindrome, ossia Sindrome da Immunodeficienza Acquisita), non è solo un’emergenza nell’immediato, ma un fenomeno che ci accompagnerà a lungo e che necessita la tempestiva azione di tutti i settori della società per invertire i pericolosi trend di propagazione a cui oggi si assiste. Recentemente, il Segretario generale delle Nazioni Unite Ban-Ki Moon si è rivolto ad un gruppo di leader religiosi descrivendo l’epidemia come “la cicatrice morale sulla nostra coscienza” e parlando del “sacro dovere condiviso” di mobilitarsi per combattere la malattia 1 . La pandemia dell’Aids non è un’entità isolata: è la crisi e il collasso delle società e ricalca la stessa crisi e lo stesso collasso che il virus provoca nel sistema immunitario del corpo umano. Ad oggi, non ha più senso parlare di Aids facendo riferimento solo ai paesi occidentali: la malattia infatti si è diffusa e ha colpito anche il Medio Oriente. La popolazione araba, che dal 1983 - anno in cui il virus è stato identificato - è sempre stata all’oscuro del problema, ha infatti iniziato a prenderne reale coscienza solo da alcuni anni; con il passare del tempo e l’osservazione dell’aumento dei tassi di contagio anche nel loro mondo, le società del Medio Oriente sono arrivate alla progressiva accettazione dell’esistenza della malattia. I dati epidemiologici rilevati in diversi paesi arabi di fede musulmana sono limitati e spesso non c’è traccia di statistiche ufficiali: questo dovrebbe far supporre che in questi luoghi 2 l’Aids non esista; ciò non corrisponde a verità, ma a causa di fattori socio- politici, nonché economici, tutto viene taciuto. Il Medio Oriente registra infatti alti numeri di contagio da Hiv, soprattutto tra gli uomini e in zone urbane; nonostante il sesso a pagamento non protetto sia il fattore chiave della diffusione del virus in gran parte del mondo arabo (così come nel resto del mondo tra l’altro), l’esposizione e il contatto con 1 Islam and Aids, Between Scorn, Pity and Justice, di F. Esack e S. Chiddy, Oxford, Oneworld Publications, 2009. 2 Questi paesi includono l’Arabia Saudita, il Kuwait, gli Emirati Arabi Uniti, il Qatar e la Siria. UNAIDS, International Statistical Classification of Disorders and Related Problems, 2007.

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Informazioni tesi

  Autore: Chiara Cianciulli
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2008-09
  Università: Libera Università degli Studi San Pio V di Roma
  Facoltà: Facoltà di Interpretariato e Traduzione
  Corso: Traduzione letteraria e traduzione tecnico-scientifica
  Relatore: Paola Pizzi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 371

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Parole chiave

aids
campagne di sensibilizzazione
campagne sociali
contesti di sviluppo
contraddizione
dati epidemiologici
discriminazione
hiv
iniziative arabe e panarabe
l'omosessualità secondo il corano
la sessualità nel dar al-islam
lega araba
mondo arabo
nazioni unite
organizzazioni internazionali
pregiudizio
settore privato
sharia
società civile
stigmatizzazione
strategie e programmi di prevenzione
tossicodipendenza
turismo sessuale
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