2
CAPITOLO I 
 
La realtà della disabilità 
 
1.1) La nozione di disabilità 
 
“La disabilità è una condizione permanente che si introduce con violenza 
nell’esistenza delle persone, all’inizio o nel corso della vita. Il disabile non è in 
perfetta salute, ma non è neanche malato”
2
. 
La disabilità non è solo una lesione fisica, mentale o sensoriale, ma coinvolge 
l’individuo completamente, per tutta la vita, nella sua soggettività e nelle sue 
relazioni sociali: “l’handicap è un modo di esistere”
3
.    
   Il termine “disabilità” ed “handicap” vengono spesso confusi, ma hanno un 
significato differente. Per disabilità si intende infatti la minorazione fisica, psichica o 
sensoriale, stabilizzata o progressiva che causa difficoltà di apprendimento, 
relazione, integrazione tale da determinare uno svantaggio sociale o emarginazione
4
; 
la disabilità può riguardare il confinamento (stare chiusi in casa), il movimento, le 
funzioni di vita quotidiana, la comunicazione, costituisce una restrizione delle attività 
personali, viene intesa come la conseguenza od il risultato di una complessa 
relazione tra la condizione di salute di un individuo e fattori personali ed ambientali 
che rappresentino le circostanze in cui vive
5
. L’handicap, invece, indica la 
condizione di svantaggio conseguente alla disabilità: oggi si usa più diffusamente 
l’espressione “diversamente abile”. L’handicap si riferisce alla restrizione della 
partecipazione o ad una diversa partecipazione sociale: è considerato come 
un’alterazione dello stato di salute comprendente fattori personali – contestuali – 
ambientali. 
Il termine “persone con disabilità” è quello universalmente accettato a livello 
internazionale, nonché quello più diffuso nella letteratura italiana sia giuridica che 
sociologica: nel testo della mia tesi verrà dunque utilizzato il termine “disabilità”. 
                                                 
2
 M. SCHIANCHI, La terza nazione del mondo, Feltrinelli Editore, Milano, 2009, p. 11. 
3 
Ibidem, p. 12. 
4
 R. SPEZIALE, Funzionamento, disabilità e salute, 2001, in www.asphi.it. 
5
 Ibidem. 
 3
            Nel 1980 l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) pubblicò un primo 
documento dal titolo “International Classification of Impairments, Disabilities and 
Handicaps” (ICIDH),                                                    nel cui testo veniva fatta 
l’importante distinzione fra “menomazione” (impairment), intesa come “perdita o 
anormalità a carico di una struttura o di una funzione psicologica, fisiologica o 
anatomica”, e gli altri due termini. Questi venivano rispettivamente definiti: 
“disabilità ” (disability) come “qualsiasi limitazione o perdita (conseguente a 
menomazione) della capacità di compiere un’attività nel modo o nell’ampiezza 
considerati normali per un essere umano” ed “handicap” come la “condizione di 
svantaggio conseguente a una menomazione o a una disabilità che in un certo 
soggetto limita o impedisce l’adempimento del ruolo normale per tale soggetto in 
relazione all’età, al sesso e ai fattori socioculturali”
6
. 
            L’aspetto significativo dell’ICIDH è stato quello di associare lo stato di un 
individuo non solo a funzioni e strutture del corpo umano, ma anche ad attività a 
livello individuale o di partecipazione alla vita sociale. 
    Il secondo documento  dell’OMS si intitola “International Classification of 
Functioning, Disability and Health” (ICF) ed è stato pubblicato nel 1990. Il titolo è 
indicativo di un cambiamento sostanziale in quanto sottolinea un’unificazione nelle 
forme di descrizione dello stato di una persona: non ci si riferisce più a un disturbo, 
strutturale o funzionale, senza prima rapportarlo a uno stato considerato di “salute”. 
Il nuovo documento sostituisce i termini “impairment”, “disability” ed “handicap”, 
che indicano una mancanza, rispetto al pieno “funzionamento”, con una differente 
terminologia: le “funzioni corporee” sono descritte come le funzioni fisiologiche dei 
sistemi corporei, incluse le funzioni psicologiche; le “strutture corporee” sono parti 
anatomiche del corpo come organi, arti e loro componenti; l’“attività ” costituisce 
l’esecuzione di un compito o di un’azione da parte di un individuo; la 
“partecipazione” è il coinvolgimento di un individuo in una situazione di vita; i 
“fattori ambientali”, infine, sono caratteristiche del mondo fisico, sociale e degli 
atteggiamenti, che possono avere impatto sulle prestazioni di un individuo in un 
determinato contesto
7
.                     
                                                 
6 
Fonte: C. BASSO, Differenza basilare tra disabilità ed handicap, 2002 in  
http://www.asphi.it/DisabilitaOggi/DefinizioniOMS.htm. Il sito della fondazione Avviamento e sviluppo di progetti per 
ridurre l’handicap mediante l’informatica; fornisce informazioni ed indicazioni sulle attività svolte nei settori di 
intervento dell’integrazione scolastica e lavorativa, della riabilitazione, della vita indipendente, dell’informazione e 
della sensibilizzazione ai temi dell’handicap.  
7
 Ibidem. 
 4
 L’ICF non riguarda solo le persone con disabilità, ma investe tutte le persone: 
ha dunque un uso ed un valore universale. A ciascun individuo possono essere 
associati uno o più indicatori che descrivono il suo “funzionamento”; per le funzioni 
e strutture del corpo il qualificatore può assumere i seguenti valori: “tra lo 0 – 4%, 
nessuna menomazione; tra il 5 – 24%, lieve menomazione; tra il 25 – 49%, moderata 
menomazione; tra il 50 – 95%, grave menomazione; tra il 96 – 100% totale 
menomazione”
8
 
Dal punto di vista giuridico, in Italia il concetto di disabilità viene definito 
all’interno della legge 5 febbraio 1992, n. 104, "Legge - quadro per l'assistenza, 
l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate". All’articolo 3 si 
definisce “persona “handicappata”
9
 colui che presenta una minorazione fisica, 
psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di 
apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un 
processo di svantaggio sociale o di emarginazione”. La legge 104 riveste 
un’importanza fondamentale: non si muove infatti nella ristretta ottica di promuovere 
alcuni servizi per i disabili, ma, al contrario, pone al centro la persona disabile, la sua 
famiglia, i suoi bisogni e chiama in causa tutte le istituzioni, pubbliche e private, 
perché facciano ciascuna la propria parte per garantire alla persona disabile pari 
opportunità di integrazione e di affermazione di sé
10
. Ha contribuito in maniera 
sostanziale all’espansione dei diritti delle persone disabili e nel contempo ha posto le 
basi per ulteriori iniziative legislative sia delle regioni che del Parlamento.         
            I concetti espressi dalla legge 104/92 sono stati accolti da testi normativi 
successivi: la legge 12 marzo 1999, n. 68, (Norme per il diritto al lavoro dei disabili), 
per esempio, definisce “persone disabili”:                                                                                 
a) “le persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali 
e i portatori di handicap intellettivo, che comportino una riduzione della capacità 
lavorativa superiore al 45 per cento”
11
(…); 
                                                 
8
 R. SCANO, La definizione di disabilità, 2003, in www.webaccessibile.org. 
9
 In questo caso utilizzo il concetto di persona “handicappata” e non “disabile”, in quanto il testo normativo della legge 
104/92 all’art. 3 utilizza appunto il termine “persona handicappata”.  
10
 Per fare un esempio, sono ora le Ferrovie dello Stato a dover prevedere che le stazioni ed i treni siano accessibili a 
tutti, sono le Telecomunicazioni e la RAI a dover operare per consentire a ciechi e sordi di seguire i programmi, è il 
CONI a dover promuovere lo sport, sono le ASL ed i Comuni a cui spetta la responsabilità dei servizi sanitari e sociali. 
 
 5
b) “le persone invalide del lavoro con un grado di invalidità superiore al 33 per 
cento”
12
(…); 
c) “le persone non vedenti o sordomute”
13
(…); 
d)“le persone invalide di guerra, invalide civili di guerra e invalide per servizio con 
minorazioni ascritte dalla prima all'ottava categoria di cui alle tabelle annesse al 
testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra”
14
(…). 
 Il successivo comma 2 indica la gravità delle carenze visive ed uditive che dà 
titolo all'applicazione della legge. Tutte le figure di disabilità prese in considerazione 
da questa norma rientrano nella definizione generale contenuta nell'art. 3 della legge 
n. 104/1992. 
Pertanto la definizione di disabilità propria dell'ordinamento statale è quella 
fissata in via generale nella legge-quadro 104/92, non contraddetta dagli elenchi di 
altre norme, che hanno soprattutto la finalità pratica di indicare con precisione i 
beneficiari dei provvedimenti agevolativi e si pongono rispetto alla definizione 
generale in un rapporto di specie a genere.  
Nelle fonti normative di origine internazionale il concetto di disabilità è 
esaminato nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con 
disabilità, entrata in vigore il 3 maggio 2008: è particolarmente significativo che la 
prima Convenzione universale sui diritti umani approvata nel terzo millennio 
riguardi le persone disabili. Nella definizione di disabilità essa afferma un concetto 
fondamentale, non identificandola con la sola menomazione, cioè con una 
caratteristica psicofisica, ma descrivendola come condizione che si costruisce 
all’interno delle relazioni sociali: “la disabilità è il risultato dell’interazione tra 
persone con menomazioni e barriere comportamentali ed ambientali, che 
impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di 
uguaglianza con gli altri”
15
. E' un assunto peraltro già espresso dalla sociologia negli 
anni Sessanta del XX secolo, quando si  affermava che la condizione di “normale”, 
così come quella di disabile e di stigmatizzato, “non nasce da specifiche proprietà 
                                                                                                                                                                  
11
 Legge 12 marzo 1999, n. 68, art. 1 lett. a. 
12
 Legge 12 marzo 1999, n. 68, art. 1 lett. b. 
13
 Legge 12 marzo 1999, n. 68, art. 1 lett. c. 
14
 Legge 12 marzo 1999, n. 68, art. 1 lett. d. 
15
 Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, 3 maggio 2008, (Preambolo). 
 6
delle persone, ma è il prodotto di un punto di vista, l’esito di concrete relazioni 
sociali”
16
. 
Come si vedrà nel capitolo successivo, il contenuto della Convenzione è 
entrato a far parte del nostro ordinamento giuridico con la legge di ratifica 3 marzo 
2009, n. 18: si renderà pertanto opportuno un aggiornamento normativo della 
definizione di disabilità, spostando il baricentro dalla menomazione in sé considerata 
alla relazione tra la menomazione stessa e l'ambiente fisico e sociale circostante. 
 
1.2) I Numeri della disabilità 
Secondo le stime delle Nazioni Unite, in tutto il mondo nel 2006 le persone 
disabili sono 650 milioni
17
: un dato che corrisponde al 10 per cento della popolazione 
globale
18
.                                                             Tutte insieme, popolerebbero la terza 
nazione del pianeta dopo Cina e India: sono le vittime di malattie (congenite o 
acquisite) o di eventi traumatici che causano una menomazione di tipo anatomico, 
psicologico o fisiologico, con la conseguente riduzione o perdita di capacità 
funzionali.      
 “In Italia sono colpite da gravi forme di disabilità circa 3 milioni di persone; 
se si considerano tutte le forme di invalidità, il dato raddoppia e si arriva a 6 milioni, 
oltre il 10 per cento degli italiani: un dato che ne farebbe la seconda regione del 
paese per numero di abitanti”
19
. Analizzando i dati dell’ INAIL ( Istituto Nazionale 
per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro), gli incidenti sul lavoro 
rappresentano una delle principali fonti di disabilità. In Italia, ogni anno, sugli oltre 
900.000 infortuni sul lavoro dichiarati, di cui un migliaio sono mortali, tra i 20.000 
ed i 30.000 procurano forme di invalidità permanenti: a queste cifre bisogna 
aggiungere il dato di circa 1.000 – 2.000 persone che contraggono annualmente 
                                                 
16
 E. GOFFMAN, Stigma. L’identità negata, Ombre corte, Verona, 2003, p. 9. 
17
 Fonte: M. LEOPARDI, I numeri della disabilità, 2007, in www.disabilitaincifre.it. Il sito fornisce dati statistici sulle 
persone con disabilità in Italia ed all’estero; il sito è parte del progetto “Sistema di informazione statistica sulla 
disabilità” promosso dal ministero della Solidarietà sociale e realizzato dall’Istat. 
18
 Ibidem. 
19
 M. SCHIANCHI, La terza nazione del mondo, cit. , p. 11. 
 7
malattie professionali causa di forme di inabilità permanente; “le persone disabili 
titolari di rendita INAIL sono oltre 830.000”
20
. 
 La sempre più intensa circolazione stradale provoca ogni anno in Italia circa 
20.000 incidenti con esiti invalidanti permanenti ed una media di 18 morti al giorno, 
1 milione di accessi al pronto soccorso, più di 300.000 feriti, 145.000 ricoveri 
ospedalieri: “una strage in linea con i parametri dell’Unione europea che conta, 
annualmente, 150.000 incidenti stradali causa di disabilità”
21
.                                                     
 A queste grandi categorie è necessario aggiungere, nelle cause e nei numeri, 
le imprecisate forme di invalidità prodotte da anomalie genetiche, malattie, forme 
tumorali, incidenti in ambito domestico e ludico, eventi traumatici di differente 
natura: i dati complessivi, per fasce d’età e per causa invalidante di questo dramma 
silenzioso, non sono conosciuti. Non è noto quanti italiani, tra i 3 milioni di vittime 
di incidenti domestici stimati ogni anno, riportino forme di invalidità permanente.          
 Il dato annuo di circa 2.000 incidenti invalidanti nell’ambito di attività 
sportive è certamente una percentuale minima rispetto al numero di traumi che 
avvengono nel complesso delle attività sportive e ludiche, “tra cui i malriusciti tuffi 
in mare ed in piscina sono i più frequenti”
22
.     
 Non si conosce l’incidenza dei fenomeni tumorali nella creazione di varie 
forme di disabilità, né quella delle malattie congenite e acquisite, ma il dato di 1800 
persone colpite annualmente in Italia da sclerosi multipla è già allarmante. Secondo 
alcune stime, l’incidenza della disabilità tra i neonati è dell’ordine del 4 per mille, ma 
le cadute, gli infortuni domestici, l’errata somministrazione di farmaci e alimenti, le 
attività sportive concorrono a creare disabili anche tra i bambini: in ogni caso, nelle 
scuole dell’obbligo italiane è iscritta una media che varia tra 160.000  e 180.000 
alunni disabili. Infine, “si sviluppano forme di disabilità in caso di aggressioni, in 
contesti di operazioni militari, in tentativi di suicidio malriusciti”
23
.            
 In sostanza, “le cause della disabilità sono numerose e risiedono nei rischi, 
nelle inadempienze e negli errori che produce il mondo che ci circonda; le 
                                                 
20
 Istituto nazionale di statistica, L’integrazione sociale delle persone con disabilità, 2004, in www.disabilitaincifre.it. 
21
 E. VALDINI, Strage continua, Chiare Lettere, Milano, 2008, p. 34. 
22
 C. ARRIGONI, Paralimpici. Lo sport per disabili: storie, discipline, personaggi, Hoepli, Milano, 2008, p. 55. 
23
 E. VALDINI, Strage continua, cit. , p. 61. 
 8
responsabilità sono individuali e collettive e le forme di prevenzione insufficienti. 
Allo stesso tempo, stanno anche nelle fatalità, nelle casualità e nelle assurdità cui 
sono soggette le nostre esistenze: secondo un calcolo approssimativo, in Italia 
l’handicap coinvolge direttamente oltre 40.000 nuovi soggetti all’anno”
24
. 
Ovviamente, al dato totale dei disabili è necessario aggiungere il numero di familiari, 
amici, professionisti, volontari coinvolti: un fenomeno complesso e dai grandi 
numeri, che in Italia riguarda oltre 10 milioni di persone. 
Inoltre, analizzando i dati dell’Unione Europea riguardanti le persone disabili, 
si osserva che,  all’accesso negato ai diritti, si sommano trattamenti fortemente 
discriminatori: più del 56% dei bambini con disabilità frequenta classi o scuole 
speciali in 25 dei Paesi membri; le differenze di trattamento e l’ineguaglianza di 
opportunità sono ancora la norma; l’istituzionalizzazione è ancora una politica 
importante degli Stati europei, visto che 500.000 persone con disabilità sono 
segregate a tutt’oggi in 2.500 istituti
25
. 
In pratica in Europa le persone con disabilità non godono dei diritti validi per 
gli altri cittadini europei, come la libertà di movimento e la tutela contro le 
discriminazioni. 
 
1.3) Il vicolo cieco della disabilità 
 “La disabilità è un verdetto inappellabile, vissuto sul proprio corpo”
26
: per 
coloro che vi sono coinvolti le cose non saranno mai più uguali a prima. Quel tragico 
giorno, che non si fatica a definire il peggiore di una vita intera, viene poi ritualizzato 
nella memoria di ciascun disabile e di coloro che gli stanno vicino: è il giorno in cui 
tutto è crollato e, in un certo senso, “si è morti una prima volta”
27
.  
                                                 
24
 M. SCHIANCHI, La terza nazione del mondo, cit. , p. 12. 
25
 Questi dati provengono dalla pubblicazione dell’Agenzia Europea per lo Sviluppo dell’Istruzione per Studenti 
Disabili (2004) pubblicata con il contributo di Eurydice, la rete di informazione sull’istruzione in Europa. 
26
 M. SCHIANCHI, La terza nazione del mondo, cit. , p. 37. 
27
 G. PONTIGGIA, Nati due volte, Mondadori Editore, Milano, 2002, p. 29. Giuseppe Pontiggia nasce a Como nel 
1934. Eredita dal padre, che muore quando il figlio è ancora giovane, la passione per i libri. Si impiega in banca e nel 
1959 si laurea alla Università Cattolica di Milano con una tesi su Svevo. Negli anni Sessanta lascia l’impiego in banca 
per dedicarsi all’insegnamento e a collaborazioni editoriali con le case editrici Adelphi e Mondadori: del periodo è 
L’arte in fuga (1968). Il romanzo che lo impone all’attenzione di pubblico e critica è Il giocatore invisibile (1978), cui 
seguono una nuova stesura della “Morte in banca” (1979), “Il raggio d’ombra” (1983), “La grande sera” (1989), le 
biografie immaginarie di “Vite di uomini non illustri” (1993) e “Nati due volte” (2000). Quest’ultimo romanzo è un