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Capitolo 3. L’azione preventiva della scuola e la figura
dell’insegnante
In questo capitolo ragioniamo sulla pedagogia della devianza, sulla responsabilità
educativa della scuola e dell’insegnante ma anche sul ruolo della famiglia.
Trattare del ruolo della scuola e della famiglia significa andare alla radice del
ruolo formativo, educativo e istruttivo delle due comunità educanti principali.
L’analisi dei fenomeni descritti in precedenza ci porta a riflettere sulla necessità di
osservare quel tipo di devianza che non è ancora delinquenza vera e propria, ma
che minaccia di diventarlo. Pertanto nelle prime agenzie educative che lavorano a
stretto contatto con i bambini è importante mettere in atto delle politiche
d’intervento precoce che contrastino la devianza a monte, intervenendo sui
comportamenti a rischio e sulle forme di disagio evolutivo, senza lasciare che
sfocino in delinquenza e criminalità in età adulta. Infatti, la prevenzione è la
miglior terapia! L’azione preventiva che avviene nelle fasi dell’infanzia è utile e
importante poiché i minori si presentano più propositivi e fiduciosi nei confronti
degli adulti, delle istituzioni e della società stessa.
Si offrono strumenti interpretativi e operativi relativi alle sfide dei bisogni
educativi emergenti e percorsi di prevenzione primaria dei disturbi della condotta
e delle devianze, attraverso il potenziamento delle abilità di vita e delle
competenze sociali, all’interno di un contesto sicuro, affettivo e coerente.
Nell’attuale momento storico il progressivo indebolimento dell’agenzia educativa
fondamentale quale la famiglia e le sue trasformazioni ha comportato nuove
urgenze educative e l’emergere di nuovi bisogni educativi. La varietà delle
manifestazioni possibili di devianza rende evidente la necessità e l’urgenza di un
importante impegno educativo. Le famiglie e la società nel suo insieme tendono
oggi a delegare alla scuola molti ruoli, compiti, funzioni. Essa assume un ruolo
importante nell’educazione dei minori affiancando o, molte volte, sostituendo
quello svolto dalle famiglie. Il vuoto di generatività sollecita la scuola ad
esercitare quella funzione sussidiaria della legge invocata dalla carta
fondamentale come strumento di tutela in tutte le ipotesi in cui i genitori si
72
manifestino incapaci di assolvere ai loro compiti
150
. Le assenze psicologiche o
fisiche di entrambi i genitori vengono sostituite dalla scuola, ai quali si affidano i
compiti della socializzazione, dello sviluppo identitario e dell’apprendimento
delle regole.
1. La funzione preventiva ed educativa della scuola
L’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), nel settembre del 2015, stabilisce
come quarto dei 17 obiettivi prioritari da realizzarsi, obbligatoriamente all’interno
di ogni Stato, entro il 2030, quello di: “Offrire un’educazione di qualità, inclusiva
e paritaria e promuovere le opportunità di apprendimento durante la vita per tutti”.
In altri termini l’ONU ha impostato una politica generale, vincolante per ogni
Paese aderente alla sua organizzazione, per una “educazione …inclusiva”, in
quanto ritiene, giustamente, che l’inclusione scolastica può vincere, unito alle
sinergie provenienti dalla famiglia e dalle altre comunità educanti, il fenomeno del
disagio (economico e sociale) e della dispersione degli studenti, che
costituiscono spesso, purtroppo, l’anticamera della devianza e della criminalità
151
.
La scuola ha il compito di svolgere un’azione preventiva e protettiva dei
comportamenti devianti. Essa riveste da sempre un ruolo essenziale nella crescita
dei bambini per la sua funzione educativa, è chiamata a cogliere i primi segnali di
disagio nel minore e sulla base di questi progettare interventi mirati per la
realizzazione del benessere scolastico. È importante riconoscere tali disturbi prima
dell’ingresso alla scuola primaria al fine di intervenire precocemente e consentire
al bambino l’acquisizione di atteggiamenti prosociali.
Nella sua azione preventiva la scuola ha il compito di intervenire, con strategie e
metodologie, sulle condotte problematiche, sulle forme di disagio e disfunzioni
affettivo-relazionali. L’obiettivo è quello di migliorare le condizioni di vita dei
suoi alunni promuovendo in loro competenze personali e sociali, abilità prosociali
e di problem solving, gestione degli impulsi e delle emozioni, senso di
150
MARZULLO, Pedagogia del recupero, p. 9
151
Puntare su istruzione ed educazione per arginare devianza e criminalità, 5 febbraio 2020,
poliziapenitenziaria.it, https://www.poliziapenitenziaria.it/puntare-su-istruzione-ed-educazione-
per-arginare-devianza-e-criminalita/
73
appartenenza alla comunità scolastica nel rispetto delle regole di un’adeguata
convivenza civile. Inoltre la scuola interviene sulle difficoltà scolastiche,
rendimento scolastico e sui fenomeni di dispersione. L’azione preventiva della
scuola “deve servire da un lato a fornire le coordinate valoriali che permettono di
assumere determinate norme di comportamento come aspetti necessari e condivisi
della vita sociale; dall’altro lato essa dovrebbe trasmettere informazioni e saperi,
nozioni e strumenti che servono per comprendere gli effetti e i rischi connessi a
determinate condotte pericolose”
152
. La pedagogia della scuola si impegna a
rendere l’esperienza scolastica significativa per il singolo e la comunità, luogo di
autoaffermazione, di sperimentazione di relazioni significative e positive con
adulti e coetanei in un contesto finalizzato all’agire produttivo ed alla crescita
della persona, dall’infanzia fino alla giovinezza
153
. L’azione educativa è proiettata
verso il futuro, pensata per condurre il soggetto in formazione verso la conquista
consapevole del sé, elaborando le esperienze del passato per tradurle in uno
strumento di conquista della sua identità libera ed autentica
154
.
Ogni bambino è il riflesso dei valori e delle abitudini che trovano le loro radici
nella vita familiare e nello stile di vita del nucleo di appartenenza. Il lavoro
educativo, perciò, si confronta con le condizioni concrete della vita quotidiana di
bambini/e ed è rivolto a generare cambiamenti (cognitivi, relazionali, emotivi,
comportamentali) dei soggetti in rapporto a queste condizioni. In riferimento a ciò
la scuola si è negli ultimi decenni fatta promotrice di una vera e propria
rivoluzione pedagogica che ha consentito di affiancare ad un approccio
tradizionale disciplinare, un’ampia gamma di offerte formative finalizzate a porre
in risalto la risposta ai bisogni più profondi degli allievi. Tale trasformazione può
ben essere raccontata attraverso la definizione di un POF (Piano dell’Offerta
Formativa) che si connota come il contratto che l’istituzione scuola fa con le
famiglie e con i propri alunni e in cui viene specificato il progetto complessivo
sulla crescita intellettuale e umana dell’alunno ottenibile grazie all’offerta
educativa proposta dal complesso delle iniziative previste in ambito di istituto.
152
BARONE, Pedagogia della marginalità e della devianza, p. 124
153
RICCI – RESICO, Pedagogia della devianza, p. 93
154
MARZULLO, Pedagogia del recupero, p. 196
74
Sono probabilmente queste le motivazioni che rendono la scuola il sistema che si
trova costantemente in prima linea nello sviluppo di strategie preventive ed
educative finalizzate alla riduzione dei comportamenti a rischio e alla diffusione
dei comportamenti protettivi in età evolutiva.
1.1 Il diritto all’educazione e all’istruzione
“Con animo attento ai bisogni dei nostri bambini, dobbiamo sforzarci di
essere sempre più preparati, addestrati, consapevoli che nulla è più
importante dell’educare, cioè dell’entrare in sintonia con chi ci chiede
aiuto per crescere in autonomia, responsabilità e libertà”
155
.
Ricordiamoci sempre che “se non c’è educazione c’è catastrofe”. Solo
l’educazione ci potrà permettere di combattere contro una società che sempre più
dimentica l’umanità dell’uomo, è necessario educare per umanare l’uomo
156
.
Il diritto all’educazione e all’istruzione trova il suo fondamento nel
riconoscimento del valore della persona come soggetto di diritti. Uomini non si
nasce ma si diventa solo attraverso l’educazione, per questo l’educazione è il
primo, fondamentale, basilare diritto di ogni “cucciolo d’uomo”
157
, non solo
intesa come istruzione ma come piena formazione della sua personalità, con la
maturazione della capacità di volere e di perseguire il bene personale ed il bene
comune, una formazione completa, che sia, non solo cognitiva, ma anche
affettiva, emotiva, sociale, morale ecc. Negli anni '60 e '70 si è affermato con
forza il diritto all'educazione e all'istruzione, impegnando la scuola e la società ad
affrontare radicalmente e più adeguatamente anche il problema dell'educazione
degli alunni svantaggiati e degli alunni portatori di handicap. Nella Dichiarazione
dei diritti del bambino si afferma:
“Il bambino che si trova in situazione di minorazione fisica, mentale o
sociale ha diritto a ricevere il trattamento, l'educazione e le cure speciali
di cui abbisogna per il suo stato o per la sua condizione... Egli ha diritto
155
RICCI – RESICO, Pedagogia della devianza, p. 71
156
Ibi, p. 72
157
TENUTA, Handicap e svantaggio socioculturale, p. 1
75
a godere di un'educazione che contribuisca alla sua cultura generale e gli
consenta, in una situazione di eguaglianza di possibilità, di sviluppare le
sue facoltà, il suo giudizio personale e il suo senso di responsabilità
morale e sociale, e di divenire un membro utile alla società
158
”.
Successivamente ci si è impegnati ad affrontare il problema degli alunni socio-
culturalmente svantaggiati e della loro integrazione. Nella Relazione di Fassino si
legge che:
“Ciascun fanciullo viene a scuola con un patrimonio variamente
sviluppato di esperienze, che possono aver sollecitato in misura pure
varia le sue capacità. Alle spalle della scuola stanno pertanto numerosi
fattori, naturali e sociali, che non mettono tutti sulla stessa linea di
partenza: alcuni di essi pongono limiti e resistenze, altri offrono
possibilità positive. La scuola deve prendere atto di tali diversità,
facendo di tutto per evitare che esse si trasformino in disuguaglianze sul
piano sociale e civile. Una certa varietà di motivazioni e tendenze, di
curiosità e di gusti, di atteggiamenti e di preferenze non costituisce
pregiudizio all'opera educativa, anzi ne può costituire un utile supporto.
Per contro, carenze familiari ed affettive, situazioni di disagio
economico e sociale, divari culturali e dialettali dovuti a recente
immigrazione in ambiente lontano da quello di origine, scarsità di
stimolazioni intellettuali in situazioni deprivate costituiscono fattori di
resistenza o di rallentamento. Infine, minorazioni fisiche e/o sensoriali,
insufficienze mentali o disturbi del comportamento sociale possono
ancora più seriamente rendere difficile l'opera della scuola. È tuttavia
importante che le condizioni di svantaggio culturale, di problemi
comportamentali, di difficoltà di apprendimento che nella scuola trovano
talora fattori di aggravamento, mentre in essa dovrebbero incontrare
normali interventi compensativi
159
”.
158
Dichiarazione dei diritti del bambino, Assemblea generale delle Nazioni Unite, 1959 in Tenuta
p. 4
159
Ibi, p. 5
76
Gli alunni che presentano disturbi d’apprendimento, disturbi di iperattività e
problematicità psicologiche, comportamentali, relazionali e situazioni di
svantaggio socio-culturale rientrano nella categoria dei Bisogni Educativi Speciali
(BES). In particolare lo svantaggio socio-culturale si riferisce a carenze familiari
ed affettive, a situazioni di disagio economico e sociale, a fattori ambientali che
incidono sullo sviluppo della personalità. Per questo si pensi alla possibilità di un
suo superamento attraverso specifici interventi volti a colmare le carenze di
sviluppo, di socializzazione e di apprendimento (un’educazione compensativa).
La normativa italiana ha, perciò, posto l’attenzione a tali situazioni problematiche.
Con la Legge 170/2010 sui DSA, la direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012 e
la C. M. 6 marzo 2013 sui BES si vuole dare visibilità e un adeguato
riconoscimento di diritti ad una popolazione scolastica in difficoltà di
apprendimento e a rischio di insuccesso formativo, per lungo tempo rimasta poco
considerata, in quando non tutelata da certificazioni attestanti i deficit. Con le
nuove disposizioni il sistema scolastico si assume la responsabilità di porre le
condizioni per garantire a tutti e a ciascuno il raggiungimento delle mete più
elevate possibili di educazione e istruzione
160
. La scuola ha il compito di
comprendere e accorgersi in tempo delle difficoltà degli alunni e delle condizioni
di rischio, anche di quelle meno evidenti. Rispondere in modo inclusivo, efficace
ed efficiente alle difficoltà, attivando tutte le risorse della comunità scolastica. Le
varie tipologie di BES vengono individuate sulla base di elementi oggettivi (come
ad esempio una segnalazione degli operatori dei servizi sociali) e su ben fondate
considerazioni psicopedagogiche e didattiche. In sede di elaborazione della
programmazione educativa e della programmazione didattica annuale, gli
insegnanti devono impegnarsi ad accertare le situazioni di partenza di ogni
singolo alunno, anche in riferimento alle situazioni familiari e socioculturali di
provenienza, con la collaborazione dei genitori, degli insegnanti di scuola materna
e degli operatori delle U.S.L., e non si può concludere all'inizio dell'anno
scolastico, ma deve continuare durante tutta la scolarità
161
.
160
L. COTTINI, Didattica speciale e inclusione scolastica, Carocci, Roma, 2017, p. 43
161
TENUTA, Handicap e svantaggio socioculturale, p. 25
77
1.2 Gli interventi individualizzati
Tali problematiche sono accumunate dal diritto a ricevere un’attenzione
educativo-didattica sufficientemente individualizzata e personalizzata attraverso
approcci metodologici e strategie per realizzare una didattica inclusiva che
risponde alle esigenze educative specifiche del minore. I percorsi individualizzati
e personalizzati vengono esplicitati all’interno del PDP (Piano Didattico
Personalizzato) con l’obiettivo di creare le condizioni di un efficace ed efficiente
apprendimento nell’allievo. “Esso è lo strumento in cui potranno includere
progettazioni didattico-educative calibrate sui livelli minimi attesi per le
competenze in uscita, strumenti programmatici utili in maggior misura rispetto a
compensazioni o dispense, a carattere squisitamente didattico-strumentale”
162
.
Ogni scuola elabora, poi, un Piano annuale per l’inclusione (PAI) da inserire nel
PTOF che espliciti l’effettivo impegno programmatico dell’istituzione verso una
prospettiva di educazione realmente inclusiva.
Importante è l’azione di decondizionamento socioculturale resa possibile dalla
scuola che secondo la Legge 148/1990 prevede non solo specifiche attività e
interventi educativi personalizzati ma anche attività “di recupero individualizzato
o per gruppi ristretti di alunni con ritardo nei processi di apprendimento” e “una
organizzazione didattica adeguata alle effettive capacità ed esigenze di
apprendimento degli alunni”
163
.
Gli interventi volti a combattere lo svantaggio socioculturale devono essere
quanto più possibile tempestivi. Già dall'ingresso nella scuola materna occorre
procedere ad accurate verifiche ed all'attuazione di specifiche iniziative. Per i
bambini le cui difficoltà e i cui svantaggi risalgono a condizionamento di natura
socio-culturale, “la loro integrazione deve essere favorita con ogni mezzo, in
modo da rispondere ai loro specifici bisogni relazionali e cognitivi e da sviluppare
e rafforzare le capacità individuali”
164
. Successivamente, nella logica della
continuità educativa, è opportuno che gli insegnanti di Scuola Primaria
162
C. M. 8/2013 in Cottini, p. 45
163
TENUTA, Handicap e svantaggio socioculturale, p. 26
164
Orientamenti del 1991 in Tenuta, p. 26
78
stabiliscano intese con gli insegnanti delle Scuole dell’Infanzia in modo da
verificare difficoltà e ritardi e concordare interventi compensativi più intensivi da
attuare sin dall'inizio e nel corso della scolarità elementare. Sono attività di
didattica differenziata per aree di intervento specifico, coordinate all'attività
didattica generale. Gli insegnanti individuano i disturbi e le difficoltà sulle quali,
poi, impostare l'azione didattica e specifiche strategie didattiche. Solo così si potrà
evitare che le "diversità" si trasformino in difficoltà di apprendimento ed in
problemi di comportamento, sfociando in fenomeni di insuccesso e di mortalità
scolastica e conseguentemente a disuguaglianze sul piano sociale e civile.
Le attività sono finalizzate allo sviluppo delle potenzialità e al miglioramento del
proprio comportamento. È importante che le esperienze offerte siano
adeguatamente progettate a beneficio della personalità del singolo perché non
siano paradossalmente fonte di ulteriori frustrazioni e insuccessi. Per gli alunni
che presentano svantaggi e condotte problematiche, educare al dialogo, al
confronto, alla gestione costruttiva dei conflitti e all’apertura verso una situazione
di vita il più possibile comunitaria, sono elementi che vanno considerati e inseriti
nella scelta e progettazione delle attività. È indispensabili educare alle norme
sociali.
2. Un’alleanza educativa
Sarebbe opportuno l’impegno della comunità per migliorare la qualità della vita di
ogni essere vivente. La pratica educativa si fonda sull’alleanza educativa, sul
cooperative teaching che vede coinvolti tutti gli attori che sono inseriti in quello
straordinario evento che è l’educare. Nel suo compito di prevenzione e gestione
della devianza, la scuola ha il compito di attivare collaborazioni con i servizi
territoriali e le famiglie. Molte problematiche minorili potrebbero essere gestite
meglio grazie a una maggiore interazione scuola-famiglia-società, focalizzandosi
verso un impegno che rimetta in primo piano la comune consapevolezza della
genitorialità. Le reti educative sono strategie efficaci per la complessità dei
problemi da affrontare, consentono di recuperare risorse, di creare sinergie
attraverso la relazione mostrando un modello di società solidale. Il lavoro di
squadra tra la famiglia, la scuola e tutte le altre agenzie extrascolastiche permette
79
di sviluppare in qualsiasi processo educativo e formativo, le qualità del pudore,
l’amore e l’onestà.
2.1 La sinergia con il territorio
La scuola vive e pulsa nel proprio territorio di riferimento e si connota per la
propria capacità di costruire reti e connessioni con altre agenzie (educative e non)
presenti nella comunità. Con l’aiuto di figure professionali e servizi diversi tra
loro è possibile creare, all’interno del “sistema scuola”, una serie di azioni e
interventi ad hoc che sarebbero irrealizzabili altrove. Istanze e agenzie territoriali
cooperano col mondo della scuola promuovendo azioni a sostegno del benessere
del singolo e della comunità tutta. L’obiettivo è quello di affrontare il problema in
maniera rapida e produttiva creando un linguaggio condiviso allo scopo di
definire e condividere una valutazione sul caso evitando divergenze e
incomprensioni tra gli operatori. Gli insegnanti sono un’antenna sensibile ai
segnali di disagio espressi dall’alunno e per tale motivo vanno sostenuti mediante
un lavoro cooperativo tra docenti, dirigente scolastico, famiglie e servizi
territoriali. La co-costruzione di una modalità operativa è indispensabile per la
buona riuscita di un intervento educativo.
Il Ministero della Pubblica Istruzione ha promosso in tutte le province, piani di
intervento che prevedono un’azione integrata, interistituzionale che assuma come
centrale la realtà dell’alunno all’interno di un sistema di relazioni e sia funzionale
all’organizzazione e realizzazione di un sevizio integrato alla persona
165
.
L’organizzazione dei suddetti piani, ha previsto la costituzione di Osservatori, a
livello provinciale e di area che hanno consentito l’individuazione di compiti
rispetto all’analisi del territorio, la ricognizione dei bisogni, la progettazione
integrata, la gestione delle risorse, al fine di rinforzare sul territorio il sistema
formativo integrato. Il modello d’intervento ha visto la scuola e il territorio gestire
le problematiche legate al disagio e alla devianza, integrando competenze e
165
Devianza minorile ed esperienze di prevenzione : un impegno per operatori, nuovi servizi e
comunita’, 8 novembre 2001, diritto.it, https://www.diritto.it/devianza-minorile-ed-esperienze-di-
prevenzione-un-impegno-per-operatori-nuovi-servizi-e-comunita/
80
compiti dei diversi attori. Per consolidare le relazioni sono stati adottati protocolli
d’intesa, accordi di programma protocolli operativi a sostegno dei progetti.
Nella Carta di Lussemburgo che promuove una scuola inclusiva per tutti e per
ciascuno viene considerato importante il ruolo che in questo processo rivestono i
genitori nella realizzazione di un intervento precoce e attento ai bisogni
dell’individuo e dell’ambiente familiare. Per questo la scuola ha il compito di
creare una rete da costruire con famiglie, specialisti, soggetti pubblici e privati
operanti sul territorio, a supporto dei processi inclusivi e con cui si realizza la
definizione e la condivisione del Progetto individuale
166
.
2.2 Un patto di corresponsabilità
Molto importante è la costruzione di un’adeguata sinergia con le famiglie. In una
mentalità di tutela e di rete di solidarietà per la salute dell’infanzia, la scuola,
globalmente intesa e nei suoi singoli rappresentanti, svolge un ruolo fondamentale
a fianco della famiglia, di cui è il principale interlocutore e collaboratore,
promovendo un’educazione alla convivenza civile in cui la cura delle relazioni
interpersonali e dell’affettività occupano un posto privilegiato.
I rapporti scuola-famiglia hanno l’obiettivo di promuovere e sviluppare le
competenze familiari sul piano affettivo e della responsabilità educativa
167
attraverso l’attivazione da parte della scuola di progetti ed iniziative di
sensibilizzazione su alcune tematiche sociali come il bullismo, progetti di
prevenzione dei comportamenti a rischio, di legalità, incontri, colloqui, dibattiti
sulle difficoltà familiari, attraverso percorsi di sostegno alla genitorialità, sia come
corsi di formazione per i genitori sia attraverso l’estensione della presenza di uno
psicologo scolastico.
Progressivamente si sta facendo strada l’idea che la famiglia è un polo
imprescindibile nella costruzione dell’alleanza educativa con cui è necessario
riuscire a costruire una relazione efficace attraverso quel patto di corresponsabilità
che definisce diritto e doveri nel rapporto tra istituzione scolastica e utenza. Tutti i
166
COTTINI, Didattica speciale e inclusione scolastica, p. 47
167
RICCI – RESICO, Pedagogia della devianza, p. 129
81
componenti (insegnanti, genitori, alunni e personale scolastico) devono
impegnarsi a porre in atto una serie di atteggiamenti e comportamenti che
attengano al rispetto degli altri e delle regole della comunità scolastica. Non si
tratta di rapporti da stringere solo in momenti critici, ma di relazioni costanti che
riconoscano reciproci ruoli e che si supportino vicendevolmente nelle comuni
finalità educative. La famiglia si impegna ad instaurare un dialogo costruttivo con
i docenti, rispettando la loro libertà di insegnamento e la loro competenza
valutativa; si impegna a comunicare alle insegnanti eventuali problemi del
bambino (di salute, familiari, comportamentali, altro), partecipa a riunioni,
colloqui e varie attività che la scuola propone nel corso dell’anno scolastico.
Inoltre ha il compito di verificare attraverso un contatto frequente con i docenti
che l’alunno segua gli impegni di studio e che rispetti le regole della scuola,
prendendo parte attiva e responsabile ad essa.
In questo modo si auspica un rafforzamento del dialogo tra le due istituzioni pur
rimanendo ognuna nell’ambito delle proprie competenze senza ostacolarsi o
contrapporsi. Quando genitori e insegnanti si sostengono reciprocamente anche
per i ragazzi l’apprendimento diventa un’esperienza più facile. Nei colloqui con i
genitori gli insegnanti devono essere in grado di instaurare rapporti proficui che
modifichino in modo positivo l’immagine della scuola anche in coloro che
portano un ricordo negativo di questa istituzione. Sono gli insegnanti che, a partire
dai loro giudizi e dalle loro valutazioni dello svantaggio scolastico, possono
intraprendere una ricerca di contenuti, prassi e metodi al fine di raggiungere
l’uguaglianza scolastica
168
.
Tuttavia non sempre si presenta facile la cooperazione con i genitori degli alunni.
A volte gli insegnanti trovano una scarsa percezione del problema da parte della
famiglia e un debole attivismo per farvi fronte. Solo con il riconoscimento del
problema da parte dei minore e della famiglia si può dare avvio ad un intervento
educativo, in caso contrario le sole intenzioni scolastiche potrebbero avere un
esito nullo.
168
L’incidenza dello svantaggio socio-culturale della famiglia nella riuscita scolastica dei figli, 18
Dicembre 2006, assistentisociali.org, http://blog.assistentisociali.org/2006/12/18/l-incidenza-dello-
svantaggio-socio-culturale-della-famiglia-nella-riuscita-scolastica-dei-figli/