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I media nei Balcani: da costruttori di odio a ponti per la democrazia

Gli anni Novanta sono stati anni di intensi combattimenti in tutte le regioni Balcaniche: dopo l’ascesa al potere di Miloševid è iniziato un periodo di costruzione e di diramazione di forti sentimenti nazionalistici; il progetto di espansione della “Grande Serbia” ha cavalcato gli ideali di conquista ed ha fomentato l’odio e la paura del diverso attraverso la propagazione di messaggi e di notizie errate o fortemente compromesse. Il popolo è stato preparato al conflitto già dagli anni Ottanta, quando tutte le Nazioni dell’ex Jugoslavia erano pronte ad affrontare una guerra dura e cruenta, caratterizzata dal mancato rispetto delle Convenzioni internazionali, del Diritto Internazionale Umanitario e tristemente famosa per la moltitudine di crimini commessi a sfondo razziale. In questo panorama il ruolo dei media locali non è stato certamente secondario. Televisioni, radio e giornali erano controllate dal governo centrale e solo in rari casi riuscivano a fornire al pubblico un’informazione diversa dalla “tanto amata” versione ufficiale. Il lavoro dei giornalisti era reso complesso dalla paura di incappare in ritorsioni fisiche o economiche e di conseguenza non tutti erano in grado di ribellarsi ad un sistema così rigido come quello del regime.
“Ho un amico che all’epoca di Miloševid aveva ricevuto un’eredità ed aveva deciso di comprare un appartamento. Sceglieva la casa andando in giro con una radiolina portatile in mano. Più importante della localizzazione, della quadratura e della qualità dell’immobile era verificare se si captava la stazione radio B92. Se non c’era ricezione non se ne faceva nulla dell’acquisto.”
Dragon Petrovic, la radio nella Serbia del dopo Miloševid, Unicopli, Milano 2005.
Il presente lavoro si pone come obiettivo quello di analizzare la situazione in tre Paesi dell’ex Jugoslavia: Croazia, Bosnia e Serbia. La scelta di questi tre Stati ricade principalmente su fattori personali. Durante la mia permanenza nell’entroterra croato ed a Sarajevo sono rimasto colpito da quanto fossero ancora tangibili i segni lasciati dal conflitto. È inoltre indispensabile, per avere una chiara lettura d’insieme, inserire nell’analisi anche il Paese dal quale ebbe tutto origine: la Serbia. Il filo logico seguito per la stesura di questa tesi racchiude in sé diversi passaggi: le chiavi di lettura sono di tipo temporale e ripercorrono il percorso del ruolo dei media dagli anni novanta ad oggi, concludendosi nell’analisi delle prospettive di sviluppo futuro che riguardano questi tre Stati.
Il primo capitolo tratta quindi la ricostruzione degli eventi che hanno portato al conflitto centrandosi sul ruolo dei media come “costruttori di odio”. Vengono utilizzate diverse interpretazioni di questo fenomeno che spaziano dalla teoria della creazione del panico morale, a quella evoluzionistica del controllo mediatico per arrivare alle strategie di controllo vere e proprie che il governo centrale utilizzava per impedire la libera circolazione di informazioni. Vengono inoltre analizzati i casi di “resistenza mediatica” ed il ruolo dei media liberi che cercavano di combattere il regime attraverso un’informazione chiara e trasparente. Ci si concentra inoltre sul ruolo dei new media e sulla collaborazione tra gli organi di informazione locale e quelli internazionali.
Il secondo capitolo analizza nel dettaglio la situazione attuale di Croazia, Bosnia e Serbia: partendo dallo sviluppo tecnologico che questi tre Paesi hanno raggiunto oggi si analizzano i dati raccolti in merito alla questione legislativa attuale, ai broadcaster pubblici e privati presenti sul territorio ed al modo in cui questi vengono sovvenzionati. L’obiettivo è quello di comprendere come sia strutturato il menù mediatico e quanto siano rilevanti, ove presenti, gli investimenti dei grandi broadcaster internazionali in termini di pluralismo.
Il terzo capitolo parla invece del futuro e delle possibili prospettive di sviluppo, sia in termini di libertà di stampa che in termini di evoluzione tecnologica. Per raggiungere questo scopo sono state condotte otto interviste qualitative a giornalisti ed esperti del settore provenienti da tutte le realtà balcaniche.
La tesi segue quindi un duplice percorso: da un lato si sofferma sulla ricostruzione degli eventi passati e dall’altro indaga su quali potrebbero essere le risorse da mettere in campo per risolvere i molti problemi che ancora attanagliano questi Paesi, sia in termini di libertà di stampa che in termini di sviluppo tecnologico.

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4 PREMESSA Dapprima Sarajevo e successivamente Karlovac. Due esperienze di scambi internazionali in due Paesi dei Balcani non battuti dal turismo di massa e, proprio per questo, molto interessanti. Chi oltrepassa la frontiera nota immediatamente quanto siano ancora evidenti i segni del conflitto, ormai terminato da quasi vent’anni. Sulle costruzioni si trovano ancora i fori lasciati dai proiettili, sulle strade meno battute è necessario porre attenzione agli smottamenti provocati dai bombardamenti, le associazioni di volontariato lottano tutt’oggi per la bonifica di alcune zone dalle mine, e le persone che hanno vissuto quel periodo raccontano ancora dettagliatamente le difficoltà che hanno dovuto affrontare. Ricordo che la parola più utilizzata da alcuni esponenti della Croce Rossa locale era “propaganda”. Mi riferivano che le televisioni, le radio ed i giornali locali fomentavano l’odio etnico, demonizzando i popoli dei Paesi confinanti, dapprima fratelli e successivamente indicati come nemici da combattere e da eliminare. Non è colpa delle diversità culturali o religiose, dicevano, se sono state imbracciate le armi. È colpa dei media che hanno attuato questa politica di controllo e di influenza sulla popolazione. Mi sono arrivate molte notizie confuse, difficili da interpretare al momento ma che mi hanno incuriosito molto. Sono tornato in Italia con diverse domande e poche risposte: Sarà vero che i media hanno avuto questa responsabilità? Come saranno organizzati adesso? Potrebbero essere gestiti come in Italia o saranno gestiti in maniera del tutto diversa? Da questi interrogativi è nata l’idea di realizzare questo lavoro, che spiega qual è stato realmente il ruolo dei media durante il conflitto ed in che maniera sono gestiti ed organizzati oggi. Questa ricerca è stata resa possibile anche grazie al contributo di “Paralleli – Istituto Euromediterraneo del Nord Ovest”. Per questo un ringraziamento particolare va alla Dott.ssa Campana ed a tutti gli intervistati. Grazie alla raccolta dei loro pareri attraverso interviste dettagliate ho cercato di dare una possibile visione del futuro, in termini di libertà di stampa e di gestione dei media di questi Paesi, a mio parere ancora poco conosciuti dai più.

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Informazioni tesi

  Autore: Matteo Graziana
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Pubblicità e comunicazione d'impresa
  Relatore: Cristopher Cepernich
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 164

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