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APPROFONDIMENTI

Autismo e gioco

21/04/2006

Autismo e gioco

L’autismo è un disturbo che compromette il normale sviluppo di tre aree principali: interazione sociale- comunicazione- immaginazione, determinando interessi ristretti e ripetitivi nelle persone che ne sono colpite.
La compromissione della capacità immaginativa, comporta, negli individui con autismo, il disturbo caratteristico nell’abilità nel gioco di finzione o simbolico.
Proprio questa ultima area deficitaria (immaginazione), è quella che determina, in questi individui, le difficoltà di comprendere e tenere presente il punto di vista delle altre persone “teoria della mente”, cioè il fatto che gli “altri” possano avere una mente, che può pensare in modo differente dalla propria.
Da questa premessa già si può dedurre che il gioco è un fattore importante per comprendere il disturbo autistico, ed è usato sia dal punto di vista diagnostico che terapeutico.
Attraverso l’analisi del gioco di un bambino con autismo possiamo individuare le caratteristiche più particolari del disturbo, una tra tutte il deficit nel gioco di finzione.
Tornando alla teoria della mente, molto si è fatto negli ultimi 20 anni, nell’affascinante campo delle neuroscienze cognitive in questo senso. Le ricerche in questo campo hanno provato ad individuare come, quando e perché le abilità che noi usiamo continuamente per relazionarci agli altri, delle quali fanno parte appunto la già citata teoria della mente, ma che implicano anche le capacità empatiche, si sviluppano. Per poter comprendere questo, è importante avere chiaro quali sono i precursori di queste due importanti abilità, come ad esempio l’imitazione, la quale è alla base dello sviluppo del linguaggio, e della comunicazione più in generale. Infatti il famoso gruppo di ricerca di Parma, guidato da Giacomo Rizzolatti, ha da tempo individuato il substrato neurale che è alla base delle capacità imitative, i cosiddetti “mirror neurons”, il sistema mirror sarebbe distribuito in più aree della corteccia cerebrale, ed una di queste è quella corrispondente negli esseri umani, all’area di Brocà, importante centro di produzione del linguaggio.
Sotto il termine di autismo si usa raggruppare un ampio e vario numero di persone che hanno, si un disturbo che interessa principalmente le tre aree di cui ci siamo occupati in precedenza, ma che tra di loro possono avere delle grandi differenze, per quanto riguarda il loro livello intellettivo, l’età in cui è avvenuta la diagnosi, le capacità di comunicazione, ecc…. . Per questo preferiamo parlare di “spettro dei disturbi dell’autismo” (ASD-Autism Spectrum Disorders), perché grazie a questo termine abbiamo la possibilità di parlare di un gruppo di persone con lo stesso disturbo, ma che tra di loro hanno delle ampie differenze.
Nel mio lavoro : “Disturbo autistico: Caratteristiche del gioco”, maturato dopo più di un anno di esperienza con bambini autistici attraverso tecniche riabilitative di tipo comportamentistico (A.B.A.), ho voluto mettere in relazione l’autismo con il gioco, proprio perché esso è un mezzo molto importante al fine dello sviluppo nel bambino tipico, di quelle competenze sociali come: l’attenzione condivisa, le capacità imitative, lo scambio del turno, e l’interazione faccia-a-faccia ; tutte competenze queste, indispensabili allo sviluppo delle abilità linguistiche.
Sono proprio queste le abilità che sono maggiormente deficitarie nell’autismo, oltre a quelle del gioco simbolico, il cui sviluppo, nelle varie ricerche, è risultato andare di pari passo al livello raggiunto nel linguaggio.
E’ per questi motivi che il gioco riveste molta importanza nella valutazione delle abilità del bambino con spettro dei disturbi autistici, perché una volta individuate le aree maggiormente deficitarie rispetto ad altre, sarà possibile programmare per il meglio l’intervento, che avrà lo scopo di permettere lo sviluppo, se possibile, di quelle competenze che hanno la possibilità di emergere.
Lo stesso intervento riabilitativo, è basato sul gioco, con oggetti o senza, sull’imitazione di azioni, e sullo sviluppo delle autonomie e del linguaggio.
Per quanto riguarda i risultati dell’intervento terapeutico, bisogna dire che un metodo non è universalmente migliore di un altro, in quanto ogni individuo con autismo è differente, per questo motivo è consigliabile fare riferimento a più di un intervento, in modo che ci possa essere una integrazione di tecniche, che permette i migliori benefici.
In genere i fattori che possono contribuire ad un maggiore o minore successo di un intervento terapeutico sull’autismo, sono: la precocità della diagnosi, il livello intellettivo, lo sviluppo del linguaggio al momento dell’inizio dell’intervento, oltre all’intensità e alla qualità stessa della terapia.
Comunque bisogna essere realisti sull’incertezza e sulla variabilità delle possibilità di sviluppo delle competenze deficitarie negli individui con autismo, soprattutto per non illudere i familiari di queste persone, con delle aspettative di cura di un disturbo che, è bene ricordare, in oltre il 70 % delle persone che ne sono colpite è accompagnato da un ritardo mentale più o meno grave.
E’ dunque necessario diffidare di chi sostiene di avere raggiunto notevoli successi con un metodo valido in assoluto, perché nell’esperienza di chi pratica tecniche terapeutiche sull’autismo, sono solo una minoranza i casi di persone che hanno raggiunto la piena autonomia ed una qualità di vita accettabile.


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