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APPROFONDIMENTI

Attraverso il video, dentro sé: Bill Viola

12/12/2008

Attraverso il video, dentro sé: Bill Viola

Buio, silenzio.
Impercettibile una figura avanza: un uomo, in abiti fluidi, cammina lentamente in un luogo sgombro come un hangar.
Davanti a lui, una fiammella votiva, che piano piano s’ingrandisce.
L’uomo si ferma, allarga le braccia e così si allarga anche la fiamma, una piramide di fuoco, tutto lo spazio è fuoco. E rumore assordante. Poi tutto di nuovo tace, e tutto è buio.
Buio, silenzio. Sul retro dello schermo, l’uomo avanza allo stesso modo, con lo stesso incedere fluido. Si ferma. Uno scroscio d’acqua, violento come una cascata lo investe, lo fradicia, lo annienta. Tutto è di nuovo buio. Accoglienza emotiva forte, quella che Bill Viola offre ai visitatori della mostra personale a Palazzo delle Esposizioni di Roma.
L’acqua, il fuoco, le origini primigenie; e ancora, il corpo e il suo annientamento, se letto come semplice immagine su schermo mentre è investito dalle forze della natura. Eppure, proprio il narrare per immagini di enorme dimensione dona all’umano un’aura cosmologica: quell’uomo non è un uomo ma la storia dello stesso, quel silenzio è il nostro raccoglimento coniugato in tutte le espressioni religiose, dal buddismo, al misticismo cristiano; quel rumore, il compiersi dei gesti universali, del camminare verso l’ignoto, del provenire dalla natura.
Credo sia questa la chiave di lettura dell’intera mostra: il concentrarsi sull’emozioni umane, espresse nei gesti più noti e ripetuti fino a coglierne ogni dettaglio che assuma rilevanza di specifico, o che porti al confondersi tra origine e fine, tra compianto e gioia, tra disperazione e liberazione.
In “Departing Angel” il video mostra la caduta di un corpo in acqua, apparentemente un cadavere, vestito di bianco, quasi un angelo nella luce diagonale che filtra dall’alto.
A ritroso nel tempo e nel moto, il corpo risale lentamente verso la superficie dell’acqua, ne è risucchiato: una voragine o un utero, non importa, quel corpo supera il tempo e la sua terrena consequenzialità, supera l’immanente e l’ulteriore, crea spiazzamento.
A questo punto gli interrogativi e lo stupore prendono il sopravvento: nel percorso buio delle prime sale, appare quasi rassicurante l’immagine statica del video “Emergence”. Ci sembra di conoscerla già, uno dei tanti compianti rinascimentali, potrebbe essere un Bellini, o Piero della Francesca. Due donne, una più giovane, l’altra più anziana, vestite con abiti lunghi, sovrapposti, sono accasciate ai lati di un sarcofago di marmo bianco. Addolorate, rivelano lo strazio in modo diverso: più composta la anziana, irrequieta, quasi in cerca di spiegazioni e appigli la giovane. Non si parlano, non si guardano per diversi minuti: la lentezza dei gesti ci pone dentro il loro pianto, ci curva davanti all’inesorabile con senso di inquieta accettazione. All’improvviso dal sarcofago trasborda dell’acqua, sempre più copiosa, bagna le donne: è un corpo che affiora, bianchissimo, rigido, con gli occhi chiusi. La donna più giovane inizia a baciargli il braccio, mentre l’anziana lo sorregge protettiva. Insieme, lo adagiano a terra, lo stringono, lo accarezzano incredule.
Di nuovo, resurrezione e nascita, pianto di dolore o pianto di gioia: i sentimenti sembrano non avere confine o causa.
E’ frequente la ripresa di stilemi antichi, per lo più rinascimentali, nei video di Viola: in “The Greeting” cita la Visitazione di Pontormo, dove la Vergine incinta incontra Elisabetta. Il video, della durata originale di 40 secondi è girato in 35 mm alla velocità di 300 fotogrammi al secondo, ma il tempo della proiezione è dilatato fino a raggiungere 10 minuti. L’espressione dei volti cambia così lentamente da poter valutare ogni sfumatura, ogni movimento del corpo: un vento apparentemente tempestoso, muove gli abiti sgargianti delle novelle Maria ed Elisabetta, mostrando l’evidente grembo della prima e la sorpresa della seconda. Una terza spettatrice, immobile, si staglia sullo sfondo di una città asettica e apparentemente disabitata.
Il prima e il dopo, la contemplazione rinascimentale e la riproduzione contemporanea, la santità rivelata dal pittore e la surreale irriverenza del videoartista: il flusso visivo ci permette di godere una temporalità percettivamente rielaborata, di sviluppare un itinerario di sdoppiamenti tra naturale e artificiale, tra memoria ed immaginazione, tra ceneri e battesimo.
Nell’ultimo video esposto, “ocean without a shore” uomini e donne incedono lentamente dall’ombra alla luce: raggiunto il limite, raccolgono la forza per oltrepassarlo ed essere investiti da un violento scroscio d’acqua che li inizia alla dimensione terrena. Un’oceano senza sponda è l’infinito, un uscio senza soglia il limite: non si può aspettare e il tempo dilatato, come il continuum della visione e l’inesplorabilità dell’altrove questo ci insegnano.


Scritto da: Daniela Morandi


Bill Viola, visioni interiori
21 ottobre-6 gennaio 2009 Palazzo delle Esposizioni, Roma


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