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APPROFONDIMENTI

Le linee di continuità e discontinuità tra femminismi in diverse epoche e culture

11/06/2010

Le linee di continuità e discontinuità tra femminismi in diverse epoche e culture

Quasi tutte le culture passate e presenti, in misura maggiore o minore, hanno praticato e praticano discriminazione nei confronti delle donne. Per quanto questa sia, in particolare, una caratteristica delle culture religiose che cercano nel passato indicazioni o regole su come vivere nel mondo contemporaneo, bisogna sottolineare come quasi tutte le culture abbiano elaborato strutture di socializzazione, rituali, usanze matrimoniali e, in generale, pratiche culturali che mirano a controllare il corpo della donna. Se l'obiettivo primario è porre la sessualità e il potenziale riproduttivo delle donne sotto il controllo degli uomini a causa dell'incertezza della paternità e della necessità di tutela della stirpe, il relegare la donna in ambito domestico funge anche da garanzia dell'integrità familiare. Sebbene sia stato considerevolmente mitigato nelle versioni più progressiste e riformate delle religioni, questo approccio nei confronti delle donne resta ancora forte nelle versioni più ortodosse o fondamentaliste. La spinta patriarcale non è, però, circoscritta a culture particolarmente arretrate, ma è propria sia della cultura di stati-nazione con un passato di conquista e di colonizzazione sia di quella occidentale.

A causa di stereotipi che i colonizzatori occidentali hanno proiettato sul mondo musulmano, l'Islam è considerata, nell'immaginario comune, la religione maggiormente predisposta al maltrattamento delle donne. Se da una parte nessuna religione è stata così tanto demonizzata per le sue pratiche di genere, dall'altra nessuna si è arroccata con tale forza a difesa delle proprie tradizioni. Da parte occidentale, per legittimare la dominazione coloniale, caratteristiche come la domesticità, la purezza sessuale e la castità femminili, considerate appropriate per le donne europee, vennero presentate nel mondo musulmano come evidenze della schiavitù sessuale delle donne ed esponenti di una cultura colonialista, antifemministi in patria, usarono, per legittimare il proprio dominio coloniale, la retorica del femminismo. Da parte musulmana, invece, cercando di combattere le visioni islamofobiche e orientaliste si cadde, spesso, nella difesa di pratiche di segregazione di genere totalmente indifendibili.

È importante notare come la condizione della donna nelle diverse società è sostanzialmente determinata dalle caratteristiche e dai compiti che l'uomo decide che la donna debba avere. Se nel mondo musulmano è la separazione tra pubblico e privato che determina il ruolo della donna, in occidente la differenza essenziale è quella tra essere e apparire, tra intelligenza e bellezza. Nel caso delle donne occidentali, infatti, le capacità di emancipazione sono paralizzate più da codici fisici che non da limiti spaziali. Dando particolare importanza alla bellezza, alla magrezza e alla giovane età per quanto riguarda le donne, e a doti intellettuali e forza fisica, nel caso dell'uomo, si pone una netta differenziazione tra l'apparire femminile e l'essere maschile. L’essere femminile, in un circolo vizioso che porta a un collasso dell'autostima, è ridotto ad oggetto che vive attraverso lo sguardo dell'osservatore, con l’ossessione del peso e dell'aspetto fisico. Tratto saliente della cultura musulmana, totalmente assente in quella occidentale, è, invece, la paura che le donne possano destabilizzare l'ordine maschile. Questo avviene perché gli uomini musulmani temono che, introducendo l'eterogeneità all'interno della società, si renda necessaria l'istituzionalizzazione del pluralismo e dell’eguaglianza. Se le donne islamiche dovessero invadere lo spazio pubblico la supremazia maschile sarebbe messa in discussione e, per questo, nel momento in cui le donne, grazie a istruzione e possibilità lavorative, hanno travalicato l'ambito domestico è stato imposto un velo che ridelimitasse in maniera visibile il confine tra lo spazio pubblico maschile e quello privato femminile.

La risposta a tutto questo è stata la nascita di movimenti femministi che, negli anni, hanno dato diverse interpretazioni della realtà e differenti contributi al processo di emancipazione femminile. La storia mostra, infatti, che il femminismo non è né esclusivamente occidentale né monolitico essendo stato declinato nei diversi punti del pianeta a seconda delle caratteristiche locali. Le diverse teorizzazioni, però, sono entrate spesso in conflitto e se, storicamente, un primo punto di tensione tra femminismo occidentale e altre pratiche femministe è emerso intorno all'incompatibilità tra femminismo e nazionalismo, le divergenze si sono presentate con forza nel rapporto tra femminismo e islamismo. In questo secondo caso le femministe europee, critiche verso i comportamenti e le idee dei loro connazionali rispetto alle donne, hanno sottoscritto e diffuso l'immagine che di queste società veniva fatta scagliandosi contro il velo e le usanze locali. Il femminismo occidentale, utilizzato in maniera strumentale rispetto a obiettivi coloniali, ha creato, così, una distanza tra donne occidentali e donne musulmane difficile da colmare. I modelli di emancipazione femminile elaborati in occidente, vacillando sotto l'accusa di assimilazionismo, di imperialismo culturale, di femminismo patriarcale occidentale, si sono frantumati di fronte ad una realtà differenziata e complessa. Se da una parte molte battaglie tradizionali delle femministe bianche occidentali sono sembrate futili alle donne mediorientali, dall'altra l'avversione verso le femministe occidentali è nata proprio dall’attitudine post-colonialista con la quale quest’ultime si sono approcciate ai problemi delle donne dei paesi in via di sviluppo. La costruzione dell'immagine della donna del sud del mondo come soggetto oppresso dimostra quanto le donne occidentali si siano poste come unici soggetti del mutamento storico di cui le donne musulmane possono essere solamente oggetti. La diversa storia del femminismo in Medio Oriente e nel mondo occidentale indica, però, che, in quest'ultimo, la lotta per l'emancipazione è cominciata prima non per via del suo minor tasso di misoginia o di androcentrismo, bensì perche le donne occidentali hanno saputo sfruttare idee e istituzioni a salvaguardia dei propri interessi.

In contrapposizione a questa islamofobia dell'occidente i maggiori studiosi islamici hanno fatto fronte comune per dare al mondo musulmano i mezzi per difendersi da un’eventuale colonizzazione culturale. Questo, nel caso del femminismo, è consistito nel coniugare Islam e femminismo in modo da dare alle donne la possibilità di rivendicare i propri diritti all'interno di un contesto islamico. In una condizione di inasprimento e radicalizzazione della concezione dicotomica del mondo, promossa sia da forze islamiste radicali che da gran parte dei media e dei poteri politici occidentali, è stato quasi inevitabile per le donne musulmane legittimare le proprie rivendicazioni di parità e piena cittadinanza attraverso l'adesione alla religione islamica. Nell'urgenza di produrre contro-discorsi che facessero da contrappeso a visioni orientaliste, però, si è finito con lo sposare visioni totalmente acritiche anche nei confronti di aspetti deplorevoli delle società e dei regimi musulmani. D’altra parte queste considerazioni devono essere lette in maniera critica evitando di marginalizzare come estremista e fondamentalista tutta quella vastità di soggettività e movimenti estremamente diversificati al loro interno che, nelle proprie pratiche, propongono la piena compatibilità tra cultura, religione e principi di uguaglianza tra generi. Se da un lato appare chiaro che l'idea che l'emancipazione delle donne sia realizzabile solo attraverso l'abbandono dei costumi di una cultura androcentrica locale in favore di un'altra cultura non ha alcuna valenza, dall’altra appoggiare in toto un discorso islamista sarebbe perdente considerando che la linea di demarcazione tra tutela della cultura autoctona e copertura dell'ingiustizia contro le donne è molto labile.

Molte musulmane, sospinte da una critica dei modelli occidentali e da una crescente islamizzazione del discorso politico, rivendicano, invece, diritti differenti sia da quelli indicati dai modelli occidentali sia da quelli consolidati nelle tradizioni locali. Per quanto la ricerca di un’eredità storica limitata solo ad alcuni aspetti, come ad esempio il lato religioso, rischia di creare divisioni spaccando il fronte comune femminile, togliere dignità a questi femminismi significherebbe ribadire il principio per cui le idee possono essere partorite solo in occidente e da qui esportate in un resto del mondo totalmente passivo. Se per molte autrici femministe dietro queste posizioni si celerebbe la presunzione che le donne occidentali possano perseguire obiettivi femministi criticando e ridefinendo la propria cultura nazionale mentre le musulmane possano emanciparsi solo rinunciando ad essa e assimilando la cultura non androcentrica e non misogina dell'occidente, per altre consigliare alle donne mediorientali di ancorare le rivendicazioni dei propri diritti ad ideologie culturali locali significa sostenere che il femminismo è, e deve rimanere, una prerogativa e un privilegio delle donne occidentali.


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