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APPROFONDIMENTI

Costruzionismo delle norme e oggettività morale

04/06/2014

Che cos'è una norma?

È una legge, una regola il cui scopo è, appunto, "regolare" i rapporti di convivenza di due o più soggetti coinvolti in una data situazione.
Per essere valida una norma necessita del riconoscimento di almeno due soggetti: deve essere intersoggettiva, in altre parole! Detto altrimenti: se io soltanto riconosco la validità di una norma, essa non sarà effettivamente valida in quanto soltanto io all'interno della situazione la rispetterò.
E, scendendo più a fondo, di che cosa necessita una norma per essere riconosciuta? Beh, di primo acchito, da fedele "allieva" di Kant mi sento di rispondere che una norma, per meritarsi il riconoscimento dei soggetti coinvolti nella situazione in cui è chiamata a regolare, deve essere giusta dove con il termine "giusta" intendo, sempre fedele a Kant e ancor più a J. Habermas, "universalmente accettabile", cioè accettabile da tutti gli interessati a prescindere da provenienza e appartenenza scio- culturale, religione e personali scelte di vita.

Tuttavia il discorso che intendo approfondire in questo articolo è un altro; non mi soffermerò tanto sul riconoscimento della giustezza di una norma sociale quanto sulla sua nascita. Come e perché nasce una norma? I soggetti non solo la riconoscono ma soprattutto e innanzitutto la creano! E già: le regole vengono "create" dall'essere umano, sono frutto di una costruzione sociale, non esistono già in natura belle e pronte da riconoscere e osservare, non appartengono, in altre parole, al regno della "natura", al mondo oggettivo dei fatti.
I fatti naturali, infatti, esistono a prescindere e indipendentemente dall'essere umano: i dinosauri, il mare, le montagne esisterebbero anche se non esistesse nessun uomo e anche se tutti volessero negarne l'esistenza continuerebbero ad esistere.
Lo stesso non può dirsi per le norme sociali: l'uomo non le trova già pronte in natura ma deve crearle e , in un secondo step, fare in modo che i suoi simili le riconoscano come giuste affinché possano essere valide e messe, dunque, in atto.

Cosa spinge uno o più esseri umani a voler creare una norma?

Probabilmente succede un po' come per i problemi di natura scientifica: quando qualcosa entra in crisi e manda in tilt tutto il sistema allora urge il bisogno di trovare qualcosa che "funzioni", ovvero che, almeno temporaneamente, faccia sbloccare la situazione e consenta di andare avanti.
Dunque per fare "funzionare" una società popolata da individui con interessi differenti si rende necessario un apparato normativo che regoli i rapporti intersoggettivi appianando il più possibile i conflitti.
Una norma, allora, nasce per far fronte a problemi pratici? Nasce per una sorta di pubblica utilità? Ma allora si tratta semplicemente di optare per il "modus vivendi" che in quel dato momento e in quella data scietà o specifica situazione sembra funzionare meglio senza appellarsi ad alcun fondamento morale?

Che cosa determina il passaggio dalla "ragione pratica" alla "ragione pura" per dirla con Kant?

Se una regola nascesse soltanto per scopi utilitaristici in quanto funzionale in una dato momento e in un dato luogo allora sarebbe condannata al relativismo in quanto ciò che è funzionale qui e ora non necessariamente lo sarà anche in un altro luogo o in un'altra situazione.
Detto così non sembra grave ma facciamo un esempio pratico: prendiamo il caso della pedofilia. Chi potrebbe accettare che in un dato luogo o in un dato momento un reato disumano come la pedofilia potrebbe essere accettato e non punito in quanto funzionale? O anche la violenza sessuale, l'omicidio colposo e milioni di altri reati che non slo per legge ma anche moralmente condanniamo e riteniamo sbagliati a prescindere da qualunque luogo e situazione particolare!
Ma se facciamo coincidere costruzionismo con relativismo allora anche le norme che puniscono suddetti reati in quanto nate per mettere un freno alla violenza e regolare i rapporti tra gli individui e, dunque, in quanto frutto di costruzione sociale da parte di uomini, non potrebbero rivendicare alcun tipo di oggettività e dovrebbero essere riconosciute solo come relative e funzionali a soddisfare un'esigenza "hic et nunc" - Personalmente mi trovo in disaccordo con questa posizione di relativismo morale.

La risposta sta, a mio avviso, nel sopracitato "universalismo": una norma non può fondare la sua oggettività facendo appello ad una natura oggettiva che, come ho spiegato sopra, non le è propria in quanto non appartenente al mondo oggettivo dei fatti. Deve dunque fare appello alla sua universalizzabilità, ovvero alla possibilità di essere universalmente accettabile da tutte le parti coinvolte a prescindere da credo, scelte di vita personali e appartenenza socio-culturale. Pertanto, pur essendo frutto di una costruzione sociale ad opera di esseri umani, una norma può rivendicare una sua oggettività e deve, quindi, essere riconosciuta come oggettiva e non relativa in nome della sua possibile accettazione universale.


Biografia Autrice

Samanta Airoldi nasce a Genova nel 1984.
Nel 2008 consegue la Laurea specialistica in Filosofia presso l'Università degli studi di Genova con una tesi dal titolo Morale e agire comunicativo in J. Habermas, riportando la votazione di 110 con lode.
Nel marzo 2012, presso la medesima Università, consegue il Dottorato di ricerca, sempre in Filosofia, presentando la tesi Universalismo e pluralismo in dialogo.
Attualmente vive a Milano e continua a coltivare i suoi interessi nel campo delle scienze umane con particolare attenzione al rapporto tra i differenti gruppi culturali che convivono nella stessa società nonché alle dinamiche che legano gli individui alle comunità di appartenenza anche in riferimento allo sviluppo psicologico e morale dei singoli.


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