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I trasferimenti degli enti locali


Tenete conto che in certi casi il loro peso si è ridotto nel finanziamento degli enti locali ma tuttavia la componente dei trasferimenti è sempre una componente di grossa rilevanza. Mediamente siamo su circa il 40% delle entrate correnti. La media dei paesi più sviluppati è 40% trasferimenti, 40% entrate tributarie e 20% entrate extra-tributarie (queste sono sostanzialmente le entrate basate sul principio della controprestazione). Se andiamo a sommare le entrate tributarie ed extra-tributarie abbiamo un 60% di entrate autogestite di cui sono responsabili le amministrazioni locali. L'altro 40% sono risorse che arrivano dal centro e quindi in qualche misura legano la periferia al centro.
Si parla infatti di coordinamento finanziario. Uno dei massimi strumenti di coordinamento finanziario sono appunto le manovre di trasferimenti.
Perchè ci sono i trasferimenti?
- Abbiamo visto che non ci sono tante imposte amministrabili senza difficoltà a livello locale. Questo per i problemi sopratutto della concorrenza fiscale, delle esportazione delle imposte e della differenziazione della distribuzione territoriale della base imponibile. Tutto ciò in parallelo di comunque di trasferimento di funzione dal centro alla periferia. Questa grande tendenza alla decentralizzazione può essere vista sia a fronte delle entrate ma anche sul fronte della spesa. Tante volte abbiamo visto un grande trasferimento di funzioni senza trasferimenti equivalenti in termini di entrate autonome. Questa differenza deve essere colmata dalla stato.
- Una seconda ragione è quella redistributiva. L'abbiamo vista quando abbiamo parlato dei differenziali di basi imponibili.  Abbiamo visto ad esempio l'enorme differenze tra Calabria e Lombardia e questo ci pone un grosso problema se noi rendessimo completamente autonomi tutti i governi locali. Questi per garantire un uguale livello di spesa pubblica o di servizi pubblici locali richiederebbero pressioni fiscali molto differenziate. Quindi in Calabria ci dovrebbe essere una pressione fiscale del 70% e in Lombardia del 20%. Tutto ciò incide sull'equità. Se noi abbiamo queste differenze dobbiamo fare in modo, seguendo il principio dell'equità,di avvicinare alle zone piu ricche chi per cause non adducibili a suoi comportamenti presenta livelli di base imponibili molto piu basse. Quindi occorre effettuare una redistribuzione di risorse tra le aree piu ricche a quelle più povere. Si parla di redistribuzione di tipo territoriale. Attenzione che queste risorse che si trasferiscono vengono recapitate al soggetto politico istituzionale. Non è detto che quello che trasferisco al soggetto politico istituzionale vada poi veramente, all'interno di quella Regione, alle persone che sono le più disagiate.
- La terza motivazione è la correzione delle esternalità. E' legata al problema del mancato rispetto del principio di corrispondenza. A volte non sussiste nelle aree territoriali situazioni in cui tutti i servizi servizio abbiano la dimensione ottima. E' possibile fare una una giurisdizione per ogni servizio? Ci possono essere diverse soluzioni. Una soluzione è quella di un intervento di livello superiore che attraverso  i trasferimenti stimolano la produzione del servizio fino al raggiungimento della soglia efficiente.
- L'ultima ragione, dal punto di vista analitico non sempre definita, è quella che consiste nella garanzia di raggiungere livelli minimi di servizi per tutti i cittadini in certi settori. Questo principio è stato recepito nel nuovo art. 117 della costituzione. I principali settori sono sanità, istruzione e in parte trasporto. Lo stato dice che vuole che le amministrazioni locali forniscono questo servizio almeno ad un determinato livello. Lo Stato da alle amministrazioni le capacità per raggiungere quel livello e se non viene raggiunto lo Stato multa l'amministrazione.
Se ci avviciniamo invece ad un modello federale avremo che lo Stato federale deve garantire la capacità di raggiungere quel servizio. Se poi l'amministrazione sub-federale non lo raggiunge è un problema suo. Nel sistema federale quindi si può accettare le differenze che possono venire fuori dalla diversa capacità politico amministrazioni.
Questi quattro motivi perchè sono importanti? Oltre al fatto che spiegano i trasferimenti sono importanti perchè si possono distinguere in due categorie.
Precisazione: Le prime due motivazioni dello squilibrio verticale e redistribuivo  in realtà servono a correggere lo squilibrio orizzontale. Lo squilibrio verticale è un'insufficienza di risorse delle amministrazioni sub nazionali per svolgere le loro funzioni e lo Stato mette la differenza. Il grosso problema che ha lo Stato è di come distribuire questa differenza tra tutte le amministrazioni locali. Qui c'è il secondo punto ovvero come copro lo squilibrio orizzontale. Come faccio in modo che tutte le amministrazioni con un analogo equivalente sforzo di capacità fiscale possa fornirmi un livello adeguato di servizi. Per fare ciò allora io devo redistribuire i trasferimenti con dei criteri che vedremo.
Questa tipologia di trasferimenti (prima e seconda motivazione) siccome servono per far funzionare il sistema del governo locale in maniera complessiva e indifferenziata sono definiti trasferimenti di tipo generale. Sono trasferimenti che non hanno delle finalità specifiche.  Sono come un entrata tributaria generale che gli enti locali ricevono per fornire tutti i servizi.
La differenza emerge nelle due successive tipologie di trasferimenti correlati a quell'obiettivo. I trasferimenti per la correzione delle esternalità e per il raggiungimento dei livelli minimi di servizi diventano trasferimenti di tipo settoriale. Questo perchè per le esternalità io voglio essere sicuro. Ugualmente se io voglio che si raggiunga un livello minimo di servizi della sanità  ed assistenza voglio essere sicuro che usi le risorse per quel motivo.
Quindi queste due grandi categorie di trasferimenti sono da tenere distinti. Certamente dal punto di vista dei principi autonomistici la tendenza è quella di privilegiare i trasferimenti di tipo generale per cui anche nel caso dell'ultima tipologia (finalità di certi trasferimenti ad un livello unico di servizi) i più filo federalisti difendono il principio di dare trasferimenti di tipo generale. Sulle esternalità invece è difficile eliminare un vincolo di destinazione.
Lo squilibrio verticale è facile da misurare dalla contabilità. Infatti basta rapportare le entrate delle amministrazioni locali rispetto al totale delle amministrazioni pubbliche complessive rapportandole allo stesso livello della quota delle spese. Ovviamente quanto più è alta il rapporto tra la colonna A e la colonna B tanto è minore l'equilibrio verticale.
Abbiamo detto che i trasferimenti servono a coprire lo squilibrio verticale. Devo fare in modo che ci siano sufficienti risorse per svolgere i servizi e le funzioni pubbliche dei livelli sub nazionali di governo. Come posso fare in modo da quantificare esattamente  lo squilibrio verticale? Questa è una delle cose più difficili da mettere in piedi quando svolgiamo un processo di decentralizzazione. Lo Stato ha dato nuove risorse agli enti locali. Lo stesso deve vedere quanto ti manca nonostante ti abbia dato queste nuove risorse e quindi quanto ti deve trasferire. Fare questi i conti sono complesse.
Ci sono due sistemi. Il primo è quello di stabilire un quantum all'anno zero. Nel 2011 parte la riforma in Italia e alle amministrazioni servono 40 miliardi di trasferimenti e io decido che  questi 40 mil sono stanziati con un determinato titolo di bilancio. A questo punto per il primo anno sono ok. Come posso garantire una dinamica? Qui le soluzioni sono state diverse. Possiamo dire che oggi 40 mil di euro equivalgono al 15% dell'irpef. Allora io stabilisco per legge che il 15%  dell'irpef d'ora in poi va alle amministrazioni locali. In questa maniera ho la soluzione al fatto che do un finanziamento che comunque si muove e segue la dinamica dell'irpef.
L'altra ipotesi è di fare delle verifiche a periodi predefiniti di tempo e stabilire quanto si può trasferire ogni anno dopo aver calcolato il primo anno. E' chiaro qui si risponde alle esigenze dello Stato di mantenere un forte strumento dell'economia perchè in casi di crisi fiscale o casi in cui c'è bisogno di un intervento di politica economica è chiaro che se ho ancorato una certa percentuale prefissata di risorse fiscale è chiaro che ho meno margini di manovra nel bilancio complessivo.
La scelta quindi è tra discrezionale ed automatico. Nel caso della discrezionalità e anche nel caso dell'automaticità comunque noi potremmo avere delle soluzioni intermedie. Una che è molto in uso è quella di dire che sia se è discrezionale o sia automatica, adattiamo la soluzione ad un periodo di tempo nel senso di dire che nel caso dell'automatismo diciamo che il 20 % dell'irpef viene dato per i prossimi cinque anni. Dopo se ne ridiscute. Anche nel caso discrezionale si potrebbe dire che lo Stato da un finanziamento annuale non ancorato al gettito ma quantificato per almeno due tre anni.
Quindi:
- trasferimenti generali: Senza vincoli di destinazione. L'ente locale può utilizzarlo per quello che vuole.
- trasferimenti specifici: Finalizzati con vincoli più o meno specifici. Possiamo avere il caso dove lo Stato da un trasferimento da usare per il servizio sanitario. Un'altra cosa è dire che ti do un trasferimento per comprare delle macchine specifiche. I vincoli possono oscillare molto.
Questi trasferimenti hanno tre suddivisioni dal punto di vista finanziario. Possono essere dati in percentuale della spesa dell'amministrazione locale senza limiti. Si può dire che io ti do il 20% della tua spesa per gli asili nido. Cerco di incentivare la tua spesa per gli asili nido però se tu me la raddoppi continuo a darti il 20%. A fronte del rischio di stimolare comportamenti opportunistici in termini di spesa a volte l'amministrazione che eroga il trasferimento fa un trasferimento settoriale in percentuale (matching grants) della spesa dell'amministrazione.
Il secondo caso il trasferimento con limite massimo. Ovvero io ti do il 20% delle spese per gli asili nido però al massimo ti do 1 miliardo.
Oppure ancora di più non c'è una logica di stimolo alla spesa locale e viene dato un trasferimento in somma fissa per fare qualcosa.
Dal punto di vista economico, in genere, possiamo dire che i trasferimenti vengono dati sostanzialmente per due motivi. Ovvero per ragioni di efficienza ( pensiamo al caso delle esternalità in cui si vuole incentivare la produzione perchè cosi si raggiunge un ottimo sociale) oppure per ragioni di equità ( i motivi possono diversi per esempio uno può essere la copertura degli squilibri orizzontali necessari per fare in modo che tutti abbiano lo stesso livello di servizi).
Rispetto a questi due tipi di motivazioni ci sono dei modelli economici di riferimento abbastanza interessanti che è bene richiamare.
Per quanto concerne l'efficienza in realtà, al di la del discorso che abbiamo visto delle esternalità, il grosso problema che hanno affrontato gli economisti è quello di evitare che ci siano situazioni all'interno dei governi di livello locale che incentivino una mobilità della popolazione con motivi puramente fiscale e non legati a situazioni dei mercati.
Il modello si basa su alcuni ipotesi semplificatorie. Se noi abbiamo un governo con un  sistema decentralizzato lo immaginiamo con due soli livelli di governo. La regione A e la Regione B. Ipotizziamo che i cittadini che vivono nelle due regioni hanno la stessa capacità lavorativa e quindi hanno redditi di lavoro uguale. Non ci sono fenomeni di esportazione di imposte e non ci sono effetti di traboccamento ed estermalità. Si ipotizza un regime di rendimenti decrescenti e si ipotizza una situazione di preferenze omogenee all'interno delle singole collettività. Come è possibile misurare il benessere di un individuo i nelle due regioni. Questo può essere misurato dal suo reddito complessivo che è dato dalla somma del suo salario da cui si deve prelevare le imposte che lui paga e al quale va aggiunto il beneficio che a lui deriva dai servizi pubblici forniti da quel governo regionale. Quand'è che non non abbiamo migrazioni tra le due Regioni? Quando il reddito complessivo delle due regioni è uguale in ambedue le Regioni. Allora come si calcola il beneficio che deriva all'individuo dalla spesa pubblica regionale?  Qui è calcolato dividendo il beneficio della regione A diviso  N elevato ad Alfa. Alfa è un parametro che indica il livello di pubblicità di un bene. Nel caso di un bene pubblico non rivale puro sarà uguale a zero e quindi troveremo che Gi=Ga coè i beni e i servizi che riceve il cittadino sono uguali alla fornitura pubblica di quel servizio. Ciò vuole dire che la quantità di ogni individuo è sostanzialmente uguale a quella prodotta.  Per intendersi è un bene pubblico puro.
Se in questo caso abbiamo un bene pubblico puro allora noi avremo che eventuali migrazioni non comportano una riduzione di quel servizio per i cittadini che già sono residenti nel territorio dove arrivano i cittadini dell'altra Regione.
Nel caso invece di Alfa uguale a 1 abbiamo il caso di un bene con caratteristiche private e quindi se ci fossero eventuali migrazioni queste riducono il livello di servizio.
Come si calcola il beneficio fiscale nette per un cittadino? Questo è dato dalla differenza dei benefici che derivano all'individuo i dalla spesa effettuata dalla regione e l'imposta che i paga. Allora come si pagano i costi di efficienza delle migrazioni nel caso in cui ci sia equilibrio di bilancio (vale a dire che la spesa sia uguale al gettito dell'imposte che vengono ricevute). Abbiamo due situazioni. Una nel bene pubblico puro e una nel bene con le caratteristiche private. Nel primo caso vediamo che con quei semplici passaggi ogni individuo che emigra verso una regione riceverà un beneficio netto uguale costo dei servizi pubblici pagati da tutti gli altri residenti. In questo modo c'è l'incentivo ad emigrare verso le Regioni che occupa il beneficio fiscale netto piu elevato, quindi con la popolazione più elevata, imposte più basse e probabilmente può avere un efficienza maggiore. Emigrando questo individuo offre delle esternalità positive ai cittadini già residenti perchè pagando la sua quota di imposta riduce l'imposta pagate dagli altri cittadini senza ridurre il consumo.
Nel caso invece in cui la Regione produce un bene con caratteristiche private, il beneficio fiscale netto diventa uguale a zero. In questo caso non c'è alcun vantaggio per chi emigra a spostarsi di Regione. In questo caso chi emigra non porta nemmeno una esternalità positiva perchè non siamo in presenza di un bene pubblico.
Quindi quali sono le indicazione di questo modello? Le migrazioni hanno luogo solo quando i governi locali producono beni pubblici e hanno dimensioni diverse in termini di popolazione. Quindi maggiore è il numero di abitanti minore è la quota individuale di imposte che pagano ognuno di essi. Ovviamente sempre considerando tutte le imposte semplificatrici. Inoltre con da lavori uguali in tutte le regioni le differenze nel beneficio fiscale netto derivano unicamente dalla dimensione delle Regioni e ciò genera inefficienze.  Le scelte di residenza e di localizzazione non sono legale alla continuità delle aree in termini non solo di produzione ma solo all'ampiezza della cooperazione che c'è.
Questo problema dei trasferimenti basati sul principio dell'efficienza è ben spiegato anche nel caso in cui gli individui hanno una diversa capacità di guadagno. Quindi noi abbiamo delle giurisdizioni che hanno una situazione diversa in termini di redditi guadagnati. Possiamo avere una giurisdizione con 2 ricchi  che guadagnano 4000 euro ognuno e 1 povero che guadagna 1000 euro e un'altra giurisdizione  dove c'è un ricco e un povero. Aggregando tutte queste popolazioni nelle singole giurisdizioni noi abbiamo che mediamente avremo un'imposta procapite di 300 nella giurisdizione A  con un aliquota del 10% e l'imposta procapite di 200 nella giurisdizione B con aliquota del 10%. Quindi cosa succede? Succede che il gettito procapire nella giurisdizione A sarà 300 (questa è uguale alla spesa che finanzia un bene privato fornito pubblicamente)  e quindi avremo  un beneficio netto pari (negativo) a -100 per il ricco e a + 200 per il povero. Nella giurisdizione B arriviamo alla conclusione che avremo invece un beneficio netto (definito anche residuo fiscale) pari a – 200 per il ricco e + 100 per il povero. Questo è il problema che può stimolare una migrazione tra le due giurisdizioni dovute proprio a questo fatto. Il luogo di residenza sarà determinato dalla differenza dei benefici netti e ciò induce a migrazioni inefficiente perchè dettate da vantaggi e costi privati e non di quelli sociali quali le esternalità e i costi di congestione. Quindi i trasferimenti cosa devono fare? Devono uguagliare questa situazione. Allora noi possiamo ipotizzare un …....di perequazione orizzontale in cui si togliono 150 euro dalla giurisdizione A e se ne danno 150 alla giurisdizione B. Questo ci porta ad una situazione di uguaglianza di imposta totale pari a 750 per ognuna delle due giurisdizioni. Questo può essere uno schema di perequazione che può essere imposto dal governo centrale. Si chiama di perequazione orizzontale perchè in questo caso il governo centrale toglie uno per dare all'altro. Ci possono essere schemi di perequazione verticale in cui il governo centrale interviene magari dando direttamente 150 alla seconda giurisdizione.
Bisogna dire che l'economista è tanto attento ad evitare la mobilità della popolazione dovute a vantaggi netti dei servizi pubblici. Bisogna sempre considerare il beneficio netto ovvero la spesa pubblica procapite al netto delle imposte pagate dal cittadino. È li che si gioca, sul residuo fiscale. Il residuo fiscale è un concetto che è stato elaborato sia al livello spaziale che a livello territoriale, vale a dire che si può parlare di residui fiscali aggregati (es. il Piemonte e la Lombardia pagano piu imposte di quello che ricevono in termini di spesa pubblica: questo è il residuo fiscale spaziale. Però questo non ci dice nulla da un punto di vista interpersonale.

Le giustificazioni del finanziamento dei trasferimenti sono basate sul principio di equità. In particolare parliamo del principio dell'equità orizzontale.
Questo può essere definito come: le persone che si trovano in situazioni uguali devono essere trattate in modo uguale dalle politiche pubbliche: il residuo fiscale netto deve essere uguale nelle varie giurisdizioni.
Quindi non c'è solo il problema di rendere simili quei residui fiscali che abbiamo già visto nel caso dell'efficienza, però questo ragionamento lo possiamo fare anche tenendo conto del principio di equità orizzontale. Voi lo vedete in questo grafico. Nell'asse delle ascisse avete  il reddito medio famigliare nelle diverse Regioni. Nell'asse delle ordinarie avete il valore dell'imposta e i benefici delle spese erogate dalle amministrazioni. Il caso da cui  si parte è di un reddito uguale a tutte le Regioni  pari a Y. Se si fissa un'aliquota di imposta in base alla quale chi ha un reddito medio paga un'imposta uguale al beneficio della spesa avremo un bilancio in pareggio nella Regione. Si fa l'esempio di 4000 euro di reddito medio, una spesa procapite delle amministrazione Regionale di 400 con il 10% la finanziamo. Il gettito totale sarà pari a 400 moltiplicato per il numero degli abitanti. Quindi se tutte le regioni avessero tutto lo stesso reddito medio, in ogni regione il beneficio fiscale netto differisce solo in base al livello di reddito. Sarà positivo per le famiglie povere e negativo per quelle ricche.
Se però abbandoniamo l'ipotesi di uguale reddito medio e incominciamo a pensare che una Regione è in crisi economica succede che a questa gli si abbassa  il reddito medio. Ipotizziamo che la Regione che entra in crisi ha un reddito medio che diventa Yp. Immaginiamo anche che un'altra Regione subisce un aumento di reddito Yr. Se la spesa  e l'aliquota non variano allora la Regione A( quella che diventa ricca) avrà un surplus di bilancio che è rappresentato dalla distanza tra B e T all'altezza di  Yr. Viceversa per la Regione B avrà un disavanzo di bilancio misurato dalla distanza tra B e T nel punto Yp. Disavanzo ed Avanzo tendono a non poter essere mantenuti a lungo per ragioni sostanzialmente politiche e quindi le regioni si mettono in linea per correggere queste situazioni. Come si interviene? La regione B dovrà aumentare le imposte e la Regione piu ricca potrà diminuirle. Quindi la Regione ricca può trovarsi ad abbassare la retta T che diventa Tr per aver un livello di equilibrio al nuovo livello di reddito medio. Viceversa la retta della regione più povera diventa Tp. Cosa vuol dire questo? Che nella regione B noi avremo un residuo fiscale  positivo per le persone povere però inferiore a quello presente nella regione più ricca. Ugualmente per quanto concerne le persone più ricche il residuo sarà negativo in tutte e due le giurisdizioni però in quella più povera sarà molto più negativo rispetto a quella più ricca. Anche in questo caso per una ragione di equità bisognerebbe correggere questa situazione per uguagliare i residui fiscali e su questo ci possono essere diversi soluzioni. La prima ipotesi è un intervento con un'imposta nazionale con un'aliquota uniforme da redistribuire. Se noi usassimo i dati che abbiamo usato nell'esempio precedente, basterebbe un'aliquota del 2% il cui gettito potrebbe essere redistribuito procapite a tutti i residenti della regione più povera. Oppure  si potrebbe mettere un'imposta in somma fissa solo ai residenti della regione più ricca e trasferirla alla regione piu povera (caso di perequazione orizzontale). Più semplice intervento potrebbe essere di perequazione verticale con l'imposta nazione distribuendo i suoi gettiti in modo da pareggiare i residui. Qui c'è una sottile distinzione che vedremo poi nel senso che quando si parla di trasferimenti abbiamo visto che fino ad ora abbiamo parlato di residui fiscali a livello interpersonale. In questo caso il governo nazionale  potrebbe pareggiare i residui fiscale per le diverse classi di reddito direttamente. In presenza di governi sub-nazionali invece il trasferimento del governo centrale va alle amministrazioni regionali dove si sono queste situazioni di squilibrio in termini di residui fiscali per classi di reddito. Però a quel punto è l'amministrazione regionale che deve operare. Qui a teoria ci dice che quando si fanno dei trasferimenti alle amministrazioni locali per queste finalità non si ha lo stesso effetto che si avrebbe con dei trasferimenti diretti ai cittadini. La scelta che farebbero i cittadini è diversa da quella che faranno le amministrazioni regionali nel senso che la teoria sostiene che c'è una minore riduzione di spesa pubblica rispetto a quella che si avrebbe rispetto ad un trasferimento diretto ai cittadini. Questo si chiama flypaper effect vale a dire che quanto i soldi quando vengono intermediati da un soggetto politico istituzionale rimangono li attaccati. Se io do delle risorse alle amministrazioni locali per ridurre le imposte succede che queste riducono meno le imposte per poter spendere comunque di più.
Dal punto di vista concreto al di la  degli obiettivi che hanno i trasferimenti, quando noi arriviamo al problema completo di distribuire i trasferimenti noi abbiamo la necessità di identificare delle tecniche di riparto. Il primo grosso problema è decidere quant'è lo squilibrio verticale e cioè quanti soldi devo ripartire per tutte le amministrazioni  locali. Quando ho scelto questo nasce il problema di coprire gli squilibri orizzontali e cioè quanto do ad ogni livello di governo.
Posso quindi avere varie ipotesi per ripartire i trasferimenti tra i vari soggetti beneficiari. Stiamo parlando di trasferimenti generali.
Di cosa dobbiamo tenero conto quando noi ripartiamo queste risorse? La prima cosa che dobbiamo tenere conto è la ricchezza delle amministrazioni locali ovvero quella che abbiamo chiamato capacità fiscali. E' chiaro che amministrazioni con una capacità fiscale molto forte avrà tendenzialmente meno bisogno rispetto alle amministrazioni con basi imponibile molto piu povere.
Altro fattore determinante delle esigenze di finanziamento degli enti locali sono i fabbisogni di spesa tenendo conto che sono le amministrazioni locali che devono fornire gli stessi servizi pubblici  ma tuttavia non possono fornirli tutti con lo stesso livello di spesa perchè hanno dei costi differenziati dovuti sopratutto alle caratteristiche strutturali dei territori di riferimento. Abbaimo fatto l'esempio delle densità e dell'altitudine. E' un fattore oggettivo il fatto che nelle amministrazioni più ricche ci sono basi imponibili più elavati e quindi c'è un livello di sviluppo economico maggiore. Quindi molto spesso noi ci troviamo davanti alla difficoltà di identificare veramente i fattori determinanti delle spese pubbliche locali che differenziano i fabbisogno di spesa. Il costo di fornitura di un servizio pubblico di un comune può essere diverso da quello di un altro comune.
Vediamo che ci sono 4 metodi di riparto. Ce n'è una molto semplice che qualcuno nei paesi piccoli ha usato che è quello del riparto in somma fissa. Sostanzialmente cosa si dice? Dice che io non mi occupo di basi imponibili, fabbisogni di spesa. Io dico che ogni cittadino di questo paese ha diritto a 100 euro di trasferimento procapite e poi se la vedono loro. Questa è una soluzione  che può sembrare molto approssimativa in certi casi.
E' ovvio che le strutture più avanzate di riparto sono le altre tre. Secondo le possibilità di finanziamento, secondo i fabbisogni di spesa e come ultima una combinazione tra fabbisogni e capacità.
Secondo le possibilità di finanziamento il modello piu semplice sarebbe quello di erogare i finanziamenti direttamente sulla base del gettito fiscale tariffario che viene tenuto dalla diverse amministrazioni. Quindi io posso definire uno standard di riferimento al quale va affrontato il gettito delle amministrazioni locali. Guardo rispetto a quello standard quanto incassa con le sue risorse il governo locale e gli do la differenza.

Un'alternativa rispetto a questo sistema può essere se il governo centrale non decide discrezionalmente il valore Ii ma decide un valore medio ovvero prende per esempio il valore del gettito fiscale medio e tariffario degli enti locali procapite. Dopo di che va a vedere ente per ente chi è sotto riceve la differenza chi è sopra non riceve nulla.
qual è il problema di queste due ipotesi? Sostanzialmente rischiano di creare degli incentivi  perversi. Sopratutto nel primo caso succede? Cosa puo fare l'ente locale? Siccome sa che gli aspetta quel livello prefissato, lo Stato gli garantisce quella differenza e quindi può tranquillamente ridurre la sua pressione tariffaria tanto riceverà lo stesso la differenza. Questo è il motivo per cui in genere si preferisce l'ultima soluzione ovvero la soluzione detta responsabilizzante in cui si da riferimento alla formula della distribuzione non al gettito effettivo ma proprio alla capacità fiscale e tariffaria cioè a quello che un comune in condizione normale potrebbe ottenere sulla base della sua ricchezza. Quindi il governo centrale li coprirà una differenza non rispetto al gettito effettivo ma rispetto al gettito potenziale che quell'ente può ottenere applicando la sua base imponibile una aliquota fiscale media che sarà definita. Per cui se lui diminuisce le sue entrate io comunque non li riconosco più quella differenza.
Fabbisogni di spesa: In questo caso diciamo che io ti do un trasferimento che tiene conto delle differenze nelle necessita di spesa. Cioè io posso tenere conto, sulla base di adeguati studi, che c'è un livello di spesa standard media per un settore F che alcuni comuni hanno bisogno. Questo livello di spesa però viene corretto da un parametro Fi che è legato alle caratteristiche del comune per esempio quella dell'altitudine. Si può dire che rispetto a quel livello di spesa F, io so che ogni tot metri di altitudine la spese tende ad aumentare x%. quindi io ti riporto solo questa differenza. Ovvio che quanto tengo conto di una ripartizione basato solo sui livelli di spesa tralascio tutto il problema dell'autofinanziamento degli enti locali e quindi tralascio tutto il sistema degli incentivi che io dovrei dare all'ente locale perchè ottimizzi al massimo le sue risorse. Ecco perchè diciamo che la soluzione generalmente accettata è quella di ripartire i trasferimenti tenendo conto in maniera combinata sia dei fabbisogni che della capacità. Questo è il modello che nel mondo anglosassone viene definito fiscal gap. L'ideale è vedere una ripartizione che dovrebbe al limite a calcolare la differenza tra i fabbisogni di spesa e la capacità fiscale che mi darebbe proprio l'esigenza per una perequazione orizzontale.
Questo problema della quantificazione dello squilibrio verticale è stato da tenere conto dopo la riforma costituzionale. In questo schema si è calcolato tendenzialmente qual'era la spesa aggiuntiva che sarebbe stata necessaria per le amministrazioni Regionali. Quindi le spese di competenza centrale da trasferire agli enti locali. Mentre le risorse aggiuntive sono il totale delle risorse necessarie per eliminando i trasferimenti statali. Questo vuol dire che se non avessimo  adibito a tutte le nuove funzioni del 117 della costituzione alle amministrazioni regionali servivano circa 63 milioni di euro . Ma perchè le risorse aggiuntive sono 141 miliardi? Perchè in queste ipotesi che avevano fatto analizzare si diceva facciamo una simulazione per coprire tutto lo squilibrio verticale e quindi eliminiamo tutti i trasferimenti statali che venivano dati. Dobbiamo tenere conto che il piu grosso  della spesa aggiuntiva, il 60/70%, si sarebbe dovuta all'attribuzione delle competenze di istruzione, il pagamento dei salari e stipendi. Queste sono le risorse in gioco ma tuttavia dal 2001 non è più stato fatto nulla però probabilmente oggi sono anche un po' più alte però questo schema mi da un'idea dell'entità e della rilevanza della posta in gioco.
Questa è un'altra stima sempre partendo da quella precedente fatta a livello regionale. Stima dell'aumento delle risorse necessarie per finanziare le nuove funzioni eliminando i trasferimenti dallo Stato alle Regioni e agli enti locali. Questa è interessante perchè fa emergere il problema della perequazione. Il valore delle risorse aggiuntive procapite è molto più alto nelle regioni del centro-sud. Tuttavia le regioni a statuto speciale hanno una situazione diversa e lo vediamo sopratutto in termini percentuali sul PIL. Questo vuol dire che se tutte le regioni si dovessero autofinanziare e non coprissimo lo squilibrio verticale con i trasferimenti vediamo che le risorse necessarie rispetto al Pil e quindi la pressione fiscale potenziale necessaria sarebbe molto più alta nelle regioni del sud che sono ovviamente le regioni più povere.
Le misure dello squilibrio orizzontale:Lo squilibrio orizzontale e quindi la redistribuzione del fondo avviene tramite il fiscal gap che tiene conto insieme dei fabbisogni di spesa e della capacità fiscale. Qualcuno toglie anche i trasferimenti specifici residui però questo lo possiamo tralasciare.
Poi una volta identificato il fiscal Gap il trasferimento può essere calcolato sull'entità complessiva del fondo sulla base della percentuale del fical gap o di qualsiasi  indicatore che volessimo organizzare. E' chiaro che il fiscal gap può essere coperto al 100% o no. Se io non riesco a coprire tutte le differenze tra il fabbisogno di spesa e la capacità fiscale le coprirò in una certa percentuale e quindi riproporzionerò la distribuzione sulla base del fiscal gap ente per ente.
Metodi alternativi di ripartizione: il fondo può essere diviso tra due finestre cioè una quota può essere usata per una certa finalità perequativa e un'altra quota per un'altra. Il meccanismo può diventare una formula dove i valori di x sono per esempio la popolazione, la popolazione in età giovanile, il reddito ecc. A questi vengono associati dei pesi. Io posso decidere politicamente e discrezionalmente che peso di più la popolazione e meno il reddito.
In ogni caso per quantificare il trasferimento dobbiamo determinare quali governi locali hanno diritto al trasferimento e in quale ammontare e dobbiamo quindi scegliere una formula che tenga conto della combinazione fabbisogno e capacità fiscali pari al sistema che meglio corrisponda  all'esigenze di efficienza e di equità.
I trasferimenti tra i diversi livelli di governo presentano aspetti più rilevanti dell’aspetto fiscale, anche dal punto di vista applicativo i modelli della ripartizione dei trasferimenti sono quelli in cui più si appuntano anche i commenti tecnici e i dibattiti politico- istituzionali, soprattutto quando si occupano anche della riforma del sistema dei trasferimenti come è ad esempio il caso attuale in Italia, dove voi sapete  si sta proprio rimodellando complessivamente il sistema dei trasferimenti statali verso le regioni, le province e i comuni e non solo ma possono anche esserci  trasferimenti tra i livelli subnazionali di governo e questo crea ulteriori problemi perche ovviamente ci  deve essere un minimo di coordinamento finanziario tra i trasferimenti che vengono distribuiti dallo stato e quelli che ad esempio vengono distribuiti dalle regioni agli enti locali, i beneficiari sono sempre gli stessi è ovvio che c’è un problema di coerenza e coordinamento tra questi due tipi di trasferimento. Parlando di trasferimenti, vi ricordate abbiamo ricordato  che il problema dei trasferimenti, parte dalla necessità di avere un sorta di quantificazione aggregata del complessivo dei trasferimenti che sono necessari per tutti i governi locali, da qui lo squilibrio verticale,però  poi abbiamo però abbiamo un problema piu complesso, una volta che abbiamo definito questo squilibrio verticale che generalmente nasce da un’analisi aggregata non da valutazione fatti a livello di singoli eventi, come ripartirlo tra i singoli enti e quando noi soprattutto operiamo nel sistema dei trasferimenti cosa può succedere? Che l’ente che aveva un trasferimento del valore X con il nuovo modello si vedrà assegnare magari un trasferimento superiore al precedente X oppure inferiore e questo può ovviamente creare dei problemi, questa è la ragione per cui quando si operano dei cambiamenti come sta avvenendo ora in Italia si prevede sempre una fase cosiddetta con il termine inglese “fase to in”, cioè introduzione graduale nel senso che si può dire “bene tu hai avuto un trasferimento X adesso ti potrebbe essere ridotto con il nuovo modello del 15%, io te lo riduco solo del 15% in 2-3-5-addirittura in 10 anni” , cosi si consente un strategia di riassorbimento di questa riduzione,  oppure nel caso di enti che abbiano diritto a maggiori trasferimenti in base alla nuove formule, si da una graduazione nell’aumento di risorse che vengono loro erogate, quindi i due problemi sono la determinazione dello squilibrio, l’ identificazione dei criteri e dei parametri di ripartizione secondo quelle varie tecniche alternative sostanzialmente che possono essere in due grandissime tipologie, quella che si basa sulle capacità fiscali e sulle risorse e quella che si basa sull’individuazione del  fabbisogno di spese, da questa è derivata l’ipotesi che la soluzione migliore è una combinazione dei due modelli, il modello dei fabbisogni e il modello della capacità, per arrivare a quello che abbiamo definito il modello del fiscal gap, cioè se io riesco ad identificare qual è la capacità fiscale standard  e nello stesso tempo quali sono i fabbisogni di spesa standard, io vedo per ogni ente, attraverso parametri che avrò definito qual è la differenza e l’accordo, la posso coprire a 100% se come amministrazione centrale ho adeguate risorse invece se ne ho  meno , coprirò un livello proporzionalmente inferiore e distribuirò la copertura del deficit proporzionalmente alla distribuzione dei fiscal gaps per ogni singolo ente.
Questo in termini molto generali, sono i passaggi necessari che dovete ricordare , perche dopo di che certo si  può entrare nelle formule, che oscillano da quelle più semplici che abbiamo in parte visto, (ripartizione in base a parametri popolazione, reddito classe di età e cosi via) a quelle piu  complicate in cui si stimano le funzioni  di spesa, ci sono operazioni, modellini che sono in uso in diversi paesi e tutto sommato quanto più  sono semplici quanto più se sono accettati, funzionano meglio,  perche se no è sempre molto difficile aggiornare i parametri soprattutto in situazioni in cui c’è un gran numero di enti, pensate al caso italiano, ci sono più di 8000 comuni, identificare la capacità fiscale di ogni comune, l’operazione è più  complicata. È quello che la riforma ha previsto e attualmente è stata operata una operazione di rilevazione di una serie di  dati attraverso un questionario in tutti i comuni, per identificare i fabbisogni di spesa di quelli che sono considerate le funzioni fondamentali  delle amministrazioni provinciali e comunali e l’operazione è molto complessa per altro è quella che descrive la legge 42 e che è stato recepito da uno dei decreti delegati attuativi, l’operazione è in corso, sono partiti dei questionari gestita dalla società per gli studi di settore dello stato in  collaborazione con fa fondazione Iter, che è una fondazione dell’associazione nazionale dei comuni italiani e con la  collaborazione anche del ministero.
I primi  risultati per solo due funzioni amministrative polizia locale e amministrazione generale, si vedranno probabilmente solo alla fine dell’anno, sono curioso di vedere cosa verrà fuori, ho qualche dubbio che questo sia l’approccio migliore perche è microanalitico, molto complicato e sulla base di esperienze che ci sono state in tanti altri paesi, forse sarebbe preferibile trovare soluzioni più semplici staremo a vedere per chi è interessato questo è un anno cruciale per le cose che stiamo vedendo.
È difficile operare queste trasformazioni in un momento particolare e complicato della finanza pubblica.
Il discorso collegato all’identificazione delle misure dello squilibrio verticale, delle misure dello squilibrio orizzontale, si vede che la quantificazione dell’ammontare dei trasferimenti che noi possiamo decidere di determinare, quote di imposta nazionali che è un sistema che da più garanzia agli enti locali, perche ci si aggancia ad un certo tipo di imposte, si tratta di decidere quali siano le imposte, oppure decisioni ad hoc sono gli stanziamenti che ogni anno, non so che il ministero dell’economia può fare delle leggi finanziarie pensando al caso italiano, oppure l’ultima colonna è un rimborso di spesa approvato dal governo centrale nel caso avessimo un sistema di tipo deconcentrato che  basato sulla decentralizzazione politica o basato su un’assegnazione di funzioni delegate non trasferite alle amministrazioni sub nazionali. Per la copertura degli squilibri orizzontali, voi vedete che possiamo partire da un’ipotesi in cui la copertura viene lasciata a una territorializzazione delle imposte, in questo caso noi di fatto non avremo il trasferimento perequativo, si dice in base a una compartecipazione delle imposte nazionali, le amministrazioni sub nazionali sono finanziate. Se no il caso attraverso una formula il montante stabilito nella quantificazione dello squilibrio verticale viene ripartito secondo una delle formule che abbiamo visto. Lo stesso il rimborso totale e parziale dei costi può avvenire in caso di funzioni più concentrate o delegate.
Distribuzioni ad hoc sono quelle sostanzialmente sconsigliate dalla teoria, che si basano se non sulla contrattazione bilaterale tra amministrazioni centrali e amministrazioni sub nazionali individualmente, è un po’ il meccanismo che purtroppo si è visto spesso anche nel nostro paese quando ci sono stati interventi amministrazioni centrali e certe amministrazioni comunali per coprire i deficit , le scelte discrezionali ad hoc sono al di fuori di ogni criterio di ripartizione razionale.
Quindi quali sono i principi generali che noi dovremmo seguire quando andiamo a costruire un sistema di trasferimenti per le amministrazioni sub nazionali? Il primo e fondamentale è partire da una situazione di adeguatezza del fondo, per fondo si intende il fondo perequativo perche i trasferimenti in linea di massima hanno una funzione di perequazione cioè di riduzione, eliminazione di tutti gli squilibri orizzontali. L’adeguatezza deriva da un bilanciamento tra le esigenze nazionali di controllo della finanza pubblica, con l’esigenza del rispetto dell’autonomia locale, cioè di avere per le amministrazioni locali risorse adeguate allo svolgimento delle funzioni che sono assegnate dalla costituzione e dalle leggi attuative della costituzione. L’adeguatezza del fondo soprattutto nell’anno 0 di una riforma è fondamentale, perché evita poi continue conflittualità, perche tutte le volte che si stabilisce un fondo, magari una stessa legge prevede un comma in cui si dice “stabilito in via transitoria, fino a successiva determinazione”, si apre la strada per  successive continue, logoranti contrattazioni tra le rappresentanze del governo nazionale e quello locale, è un po anche questo il rischio della fase attuale in cui la legge di stabilità, i decreti attuativi del 42 sulla quantificazione dei trasferimenti, la fiscalità che poi in sostanza è la quantificazione dell’attuale squilibrio verticale, non  chiarisce mai se questo fondo iniziale è quello definitivamente acquisito ed accettato da tutti i livelli di governo. Se invece questo è adeguato, quindi c’è un’accettazione della quantificazione del fondo dell’anno 0 della riforma e nei parametri da utilizzare per una sua eventuale crescita, non discrezionaria (inflazione), oppure discrezionaria ma ci deve essere un criterio per cui il fondo abbia una sua crescita, se no in termini reali andrebbe sostanzialmente ad annullarsi. Superato questo c’è la distribuzione del fondo al fine di perequazione e qui dobbiamo identificare le formule migliori dal punto di vista  dei dati e degli obiettivi che si vogliono raggiungere. Altro aspetto molto rilevante che viene sottolineato dalla letteratura  e che è collegato ai primi due ovviamente, è creare un sistema di trasferimenti che consenta alle amministrazioni locali la possibilità di prevedere ragionevolmente il flusso di risorse che si possono aspettare nel medio  periodo, il medio periodo tendenzialmente oggi si parla dai tre ai cinque anni. Gli schemi di programmazione finanziaria in uso in altri paesi, documenti di programmazione finanziaria di medio termine sono sempre tra i tre e i cinque anni. Oggi in Italia fare una cosa simile  è stato praticamente impossibile perche le leggi finanziarie hanno sempre stabilito norme per il finanziamento degli enti locali pari a un anno magari due però sempre con delle incertezze sul secondo anno.
Questo spiega perche numerosi strumenti che sono previsti, non vengano mai praticamente utilizzati, sono una mera perdita di tempo negli uffici comunali, si pensi ai bilanci pluriennali, sono strumenti fatti perche c’è un obbligo di legge ma nessuno guarda, e molto spesso le previsioni dei tre anni sono uguali anche perche non ci sono strumenti, criteri per poterlo fare, lo stesso le relazioni previsionali programmatiche degli enti locali che sono strumenti obbligatori per legge. Tutti questi strumenti  potrebbero diventare degli strumenti di programmazione, se si rispettassero questi principi.
Quarto punto che qui viene segnalato è che i trasferimenti e gli incentivi siano inefficienti, qui vi rinvio ai discorsi che abbiamo fatto ma anche soprattutto agli altri schemi che abbiamo visto ad esempio anche la creazione di trasferimenti finalizzati al controllo,  oppure trasferimenti che le loro formule non consentano i cosiddetti comportamenti strategici da parte degli enti locali, il caso tipico dell’identificazione dei fabbisogni di spesa, noi dobbiamo sempre trovare dei parametri che siano legati a fattori oggettivi al di fuori del controllo degli enti locali, abbiamo fatto l’esempio degli stipendi degli enti locali, c’è sempre il rischio che l’ente locale deve  pagare stipendi più alti perche è una zona a più alto reddito e invece non si faccia altro che finanziare aumenti discrezionali dei salari non giustificati  dalle condizioni economiche reali.
L’ultimo punto è la continuità nel tempo, cioè è utile evitare i drastici cambiamenti nei sistemi di trasferimento repentini e continui, anche qui noi siamo partiti da un obiettivo, specie la prima riforma delle autonomie locali del 1990, la  legge 142 di creare un un sistema che andasse avanti per 10-15 anni, in realtà invece di avere un sistema fissato da una legge che poteva valere 10-15 anni, siamo andati avanti con 15 leggi se non di piu, uno due all’anno, e questo è proprio contrario a questo quinto principio generale. Questi sono i principi che dovrebbero stare dietro alla creazione di un sistema di trasferimenti.

Tratto da SCIENZE DELLE FINANZE di Andrea Balla
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