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La tesi del giorno

Lucio Dalla, da musicista a autore di testi

Lucio Dalla, da musicista a autore di testi"Mi regalarono un clarino a dodici anni: a quindici suonavo con Chet Baker. […] Chet Baker viveva a Bologna, e c’erano vari gruppi che lo accompagnavano; io ero uno dei più presenti perché mancava proprio questo tipo di strumento: il clarino. […] Per le stesse ragioni, ancora più giovane, mi capitò di suonare l’anno prima con Bud Powell, Charlie Mingus, Eric Dolphy (al Festival europeo di Juan Le Pen). Fino a un mese fa ero convinto che loro mi facessero suonare perché mi avevano preso in simpatia. Mi sono reso conto invece dopo cinquant’anni […] che mi prendevano a suonare perché suonavo bene".

Così raccontava di sè Lucio Dalla in una famosa intervista rilasciata a Vincenzo Mollica qualche anno fa. "Queste parole, meglio di qualsiasi altre", scrive Filippo Maria Caggiani nella sua tesi Poetiche del ritmo. Il rapporto tra musica e parole nella canzone italiana d'autore, "possono rendere bene l’idea del suo talento precoce. Già a sei anni si esibiva con la fisarmonica in divertenti numeri di varietà sui palcoscenici bolognesi. La sua solida formazione musicale, prevalentemente jazzistica, è in contrasto con il ritardo con cui invece comincia a scrivere i testi delle sue canzoni".

Tra il 1967 e il 1968 scrive il testo di "Non sono matto (o la capra Elisabetta)", che verrà inclusa nel suo secondo album intitolato "Terra di Gaibola" (1970), ma questo episodio rimarrà isolato per diversi anni. "Dalla preferisce invece affidarsi per i testi ad autori come Sergio Bardotti, Gianfranco Baldazzi o Paola Pallottino, dalla cui collaborazione nascono brani come "Occhi di ragazza" (1970, portata al successo da Gianni Morandi), "4/3/1943" (1971) o "Piazza Grande" (1972).

Nei primi anni settanta comincia a percorrere la strada della sperimentazione affidando la stesura dei testi al poeta Roberto Roversi, con cui realizza tre album. Solo alla fine di questa esperienza comincia a scrivere da sé le parole delle sue canzoni, "rivelando finalmente anche il suo non comune talento letterario con l’album "Com’è profondo il mare" (1977). Sentendosi prevalentemente un musicista, Dalla ritarda questa prova perché non ancora sicuro delle sue capacità di scrittura e perché sa di poter contare su un gruppo di autori collaudato".

Quando comincia a proporsi anche come autore dei testi, ne esce fuori "una poesia che parte dal basso, che aspira a farsi voce della gente e pretende di essere gridata, anzi, cantata". Per lui è molto più semplice adattare la musica al testo piuttosto che non il contrario. "Quando scopro di aver composto il testo giusto, posso rifare la musica dall’inizio alla fine". La musicalità delle parole è un elemento che Dalla sfrutta molto, in particolare nelle sue esibizioni dal vivo. Qui le sue canzoni vengono spesso interpretate con inserimenti di grottesche improvvisazioni che danno sfogo alla teatralità del loro istrionico autore. Che ci mancherà davvero tanto.

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