La tesi del giorno
L'immagine degli eventi catastrofici
Il terrorismo ha colpito ancora, dopo l'attentato che ha visto coinvolto l'amministratore delegato di Ansaldo nucleare, Roberto Adinolfi e numerose sedi di Equitalia, si può dire che l'allarme è scoppiato. Alla luce degli ultimi episodi, è stato redatto il nuovo piano antiterroristico, che prevede un maggiore impiego dei militari nel controllo degli obiettivi a rischio. Sono oltre 14 mila gli obiettivi considerati a rischio e sottoposti a vigilanza da parte delle forze di polizia, con l'impiego di circa 18000 unità correlate alle diverse tipologie di vigilanza.
Ma qual è l'effetto che questi eventi hanno sulla gente?
La riflessione gravita intorno alla percezione dell'immagine. Molteplici sono gli eventi che hanno colpito la nostra società e il nostro territorio, e che hanno provocato la diffusione di immagini di estrema violenza, tanto che ci si può quasi considerare assuefatti da questo tipo di immagini. Gli attacchi terroristici, le guerre e la violenza hanno raggiunto un grado di spettacolarizzazione tale da non riuscire quasi più a creare stupore in ognuno di noi. Nella nostra contemporaneità, grazie all'uso dei media, si tende a mostrare senza pietà ciò che succede, perché si vuole rendere la notizia palpabile e reale. Si potrebbe dire di vivere in una società in cui assistiamo all'escalation della violenza nelle immagini, che si insediano nel nostro immaginario, fino a non colpirci più, rendendoci indifferenti di fronte ai fatti di cui siamo noi stessi vittime. Ci si chiede se davvero ci siamo abituati all'immagine di morte e di violenza a cui la nostra società ci ha messo di fronte.
Il dott. Andrea Brandino, nella sua tesi "“L’immagine” del dolore. Analisi semiotica delle immagini dell'attacco al World Trade Center e dell'alluvione nel messinese del 2009", ha affrontato il tema dell'assuefazione dell'immagine catastrofica prendendo come esempio, nella sua analisi, due eventi che hanno sconvolto la nostra società.
"Nel 1995 C. Mullin e D. Linz, docenti presso il dipartimento di comunicazione dell’Università di Santa Barbara in California, hanno condotto uno studio sull’assuefazione derivante dalla sempre maggiore esposizione dei soggetti/spettatori ad immagini di dolore."
"Questo studio sembrerebbe confermare la tesi che afferma che l’esposizione alle immagini del dolore in modo progressivamente crescente genererebbe assuefazione in chi le guarda"
"Oggigiorno sembra quasi che i media non aspettino che mostrarci qualcosa di sempre più forte. Si potrebbe paragonare la somministrazione di queste immagini ad una droga che col tempo finisce per logorare la nostra sensibilità ed il valore, la dignità del dolore e della sofferenza altrui. Sembrerebbe quasi che gli occhi degli spettatori da indignati si stiano trasformando in segreti cacciatori di “nuove emozioni”, spinti dalla curiosità di una cosa che sembra così distante da noi ma che in realtà ci appartiene: la morte. La consueta abitudine così finisce per essere rotta dallo shock improvviso e dal lugubre voyerismo, come se fossimo rassicurati dal vedere la morte e la sofferenza altrui."
Inoltre oggigiorno si nota sempre più la tendenza a documentare tutto ciò che ci sta intorno, grazie anche all'uso dei nuovi mezzi per poterlo fare. Rispetto al passato è più facile poter assistere in prima persona a ciò che accade e quindi documentare gli eventi catastrofici, diffondendone di conseguenza le relative immagini. La nostra società ci ha portati ad affrontare il dolore in modo più indifferente e naturale rispetto al passato, quando ancora tutto ciò non era possibile, rendendoci quasi insensibili di fronte alla sofferenza e alla violenza.
Rende bene l'idea il dott. Andrea Brandino, nel suo lavoro sulle immagini. "Mettendo a paragone gli attentati di Madrid dell’11 Marzo 2004 con quelli di Londra del 7 Luglio 2005 notiamo come in un anno sia aumentata la possibilità di documentare autonomamente le tragedie che capitavano sotto gli occhi di tutti. Così che i fatti di cronaca saranno sempre più documentati da gente di passaggio, dagli stessi protagonisti della tragedia. Sarà ovvio dire che questi fotografi improvvisati avranno un netto vantaggio sui professionisti, che invece sono costretti ad arrivare sul luogo solo in seguito all’accaduto drammatico. Col passare del tempo sono nate vere e proprie agenzie di stampa che hanno il compito di ricevere le immagini amatoriali e proporle al vasto pubblico; ad esempio l’inglese Scoopt ha costruito la sua fortuna proprio su tale logica, posizionandosi come intermediaria tra i fotografi occasionali e i giornali o le reti televisive trattenendo per sé il 50% dei diritti d’autore sulle immagini proposte e successivamente diffuse."
"L’autonomia di documento del reale ha ormai superato le messe in scena delle guerre mondiali. Ma risulta spontaneo porsi una domanda: questa quantità di immagini, sempre maggiore, non finirà per assuefare coloro i quali la masticano quotidianamente e ormai quasi in modo indifferente?
D'altronde è solo con le immagini che si può avere piena consapevolezza di ciò che sta succedendo e quindi di prendere coscienza della realtà che ci circonda. Ed è solo con la consapevolezza di ciò che accade che si può cercare di migliorare e, forse, di cambiare.
Visita la tesi:
"L'immagine" del dolore. Analisi semiotica delle immagini dell'attacco al World Trade Center e dell'alluvione nel messinese del 2009
