La tesi del giorno
Donne in Iran, la rivolta della campionessa di nuoto Elham Asghari
Elham Asghari nuota da quando aveva 5 anni. A 17 ha iniziato ad insegnare alle più giovani e a 32 ha battuto il record iraniano di 20 chilometri in mare aperto, con indosso una muta, una cuffia e un lungo foulard nero. Indumenti che in acqua arrivano a pesare fino a 6 chili. Ma Elham non ha alternative: se una donna in Iran vuole nuotare deve essere coperta da capo a piedi. Nonostante ciò, la Federazione nuoto iraniana le ha negato il primato, a quanto pare perché durante la gara si erano comunque intraviste le sue forme femminili. «C'erano sei ufficiali di gara a certificare la mia impresa. Nessuno aveva avuto da eccepire. Solo dopo, la Federazione ha ritoccato il record a 18 chilometri e poi deciso di non registrarlo» ha dichiarato Elham al quotidiano inglese Guardian, «hanno detto che non importa quanto islamico fosse il mio costume: era comunque inaccettabile».
In effetti, nuotare in Iran è quasi impossibile per una donna. Secondo quanto riportato da Repubblica, le donne "possono utilizzare le piscine pubbliche solo in giorni e orari particolari e sono obbligate a frequentare spiagge "femminili" dove comunque devono stare completamente coperte: e soprattutto non possono avventurarsi in mare aperto. Le atlete hanno poche possibilità di competere: le nuotatrici iraniane non possono partecipare a gare fuori del paese e l'unica competizione internazionale dove sono ammesse sono i Women Islamic Games, giochi femminili islamici che si tengono ogni quattro anni proprio a Teheran".
Ma Elham Asghari non ha nessuna intenzione di piegarsi. Subito dopo il record negato, ha realizzato, con il giornalista Farvartish Rezvaniyeh, un video di protesta.
«Nessun nuotatore accetterebbe mai di nuotare con questi costumi da bagno; nuotare con questi costumi fa male [...] Ho nuotato 20 km a Nowshahr (città settentrionale dell'Iran), ma hanno detto che avevo nuotato per 15 km, ho protestato e hanno accettato 18 km. Eppure adesso il record non è ancora registrato [...] Il mio record di 20 km è ostaggio nelle mani di persone che non riuscirebbero a nuotare nemmeno 20 metri. Ho passato giorni e notti difficili. È incredibile. Ma non cederò alle pressioni. Il nuoto non è solo per gli uomini - anche noi donne siamo molto brave».
La storia di Elham Asghari si aggiunge a quella delle tante donne iraniane che - in qualche modo - si ribellano al Regime e al trattamento ingiusto e discriminatorio a loro riservato. Eppure, prima della Rivoluzione Islamica, la cultura iraniana si era sempre contraddistinta per essere una delle più raffinate di tutto il Medio Oriente, nonché fortemente egualitaria. La grande trasformazione, infatti, portata dall'ayatollah Khomeini nel 1979 non è stata solo politica, ma ha mutato nel profondo le strutture sociali e culturali del paese. E a farne le spese sono state soprattutto le donne. Basti pensare alle parole pronunciate il 7 giugno del 1986 da Hashemi Rafsanjani, ex presidente iraniano (considerato un moderato): «L’eguaglianza non è primaria rispetto alla giustizia... Giustizia non vuol dire che tutte le leggi debbano essere le stesse per gli uomini e per le donne. Le differenze come la statura, la vitalità, la voce, lo sviluppo, la qualità muscolare e la forza fisica, mostrano che gli uomini sono più forti e più capaci in tutti i campi. Il cervello degli uomini è più grande... Queste differenze hanno effetto sull’assegnazione delle responsabilità, dei diritti e dei doveri».
La frase è riportata da Gemma Mancinelli nella sua tesi, Shirin Neshat, una voce femminile. Un’artista iraniana che guarda alle contraddizioni della sua terra. Il lavoro di Gemma Mancinelli si concentra su un'altra "ribelle" del Regime di Teheran, Shirin Nesha, fotografa e videoartista nata in Iran, ma cresciuta negli Stati Uniti, che con i suoi lavori racconta le contraddizioni e le assurdità del suo paese d’origine. Famosa per le sue foto in cui vengono ritratti parti del corpo femminile, come mani e piedi, ricoperti di scritte in farsi (la lingua persiana), nel 2009 Shirin Nesha vinse il festival del cinema di Venezia con il film Donne senza Uomini, ambientato a Teheran durante il colpo di stato del 1953, organizzato da americani e inglesi per evitare la nazionalizzazione della Anglo-Iranian Oil Company. Il film, come la stessa regista ha detto, è «dedicato alla memoria di coloro che hanno perso la vita nella lotta per la libertà e la democrazia in Iran dalla Rivoluzione costituzionale del 1906 al Movimento Verde del 2009».
La libertà di espressione di Shirin Neshat dipende, in buona parte, dell'essere andata via dall'Iran poco prima della Rivoluzione khomeinista, per studiare all'Università di Berkley in California. Stessa "fortuna" di Marjane Satrapi, divenuta famosa grazie a Persepolis, fumetti autobiografici in cui racconta dell'adolescenza in Iran e degli anni vissuti in Francia, ma soprattutto in cui denuncia i soprusi del regime di Teheran. Donne queste, come Elham Asghari, che attraverso l'arte e il racconto autobiografico lottano per "liberare" un paese oppresso da un regime autoritario. Oltre a sensibilizzare l'opinione pubblica estera, il vero destinatario del video realizzato da Elham Asghari, infatti, è Hassan Rouhani, il neo presidente iraniano, le cui posizioni dovrebbero essere più moderate rispetto al suo predecessore, Mahmud Ahmadinejad. Anche se le possibilità di cambiamento sembrano molto limitate in Iran, non possiamo non ammirare il coraggio di Elham Asghari che decide di ribellarsi, pur rimanendo nel suo paese.
Immagine di apertura presa qui.