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Dal brevetto comunitario al brevetto UE

Verso il brevetto unico europeo

Il brevetto, come si è in precedenza affermato, viene universalmente riconosciuto come un titolo giuridico grazie al quale colui che ne è titolare, acquisisce un monopolio, temporalmente esteso alla durata di venti anni, grazie al quale può sfruttare una qualsiasi invenzione.
La Commissione Europea aveva presentato, nel 2000, una proposta di regolamento sulla creazione di un brevetto unico, il quale fosse giuridicamente valido in tutta l’Unione Europea e di un sistema giurisdizionale unico in materia di brevetti allo scopo di garantire la protezione dei titolari di brevetto in modo uniforme sul territorio UE.
La proposta prevedeva che il brevetto unico, rilasciato dall'UEB in una delle sue lingue ufficiali (inglese, francese o tedesco) e, successivamente, pubblicato nella medesima lingua unitamente ad una traduzione delle rivendicazioni nelle altre due lingue, avesse efficacia nell'ambito dell'Unione.
L’esame di tale proposta aveva già presentato profili di particolare criticità poiché emergeva l’impossibilità di raggiungere un accordo in seno al Consiglio sul regime linguistico proposto dalla Commissione.
Attraverso il Trattato di Lisbona, è stato possibile uscire dalla situazione di stallo; l’articolo 118 del TFUE, infatti, fornisce una adeguata base giuridica specifica per la creazione di titoli di proprietà intellettuale nell'UE che prevede il voto all’unanimità per le decisioni sul regime linguistico dei titoli, mentre tutti gli altri aspetti vengono decisi a maggioranza qualificata.
Sulla base di tali sviluppi, il 4 dicembre 2009 il Consiglio competitività raggiunse un accordo sulla proposta considerata complessivamente, decidendo di stralciare, affrontandola separatamente, la questione del regime linguistico.
Di conseguenza, il 30 giugno 2010 la Commissione presentò una specifica proposta di regolamento riguardante il regime di traduzione del futuro brevetto dell’UE, la quale ricalcava il regime linguistico basato sul modus operandi dell’UEB, giustificando tale scelta con la considerazione che poiché l’UEB sarà competente per il rilascio del brevetto unico europeo, il relativo regime di traduzione dovrà necessariamente basarsi sulla procedura in vigore presso lo stesso UEB.
L’opzione prescelta all’interno della proposta tiene conto, altresì, dell’uso delle lingue da parte della maggior parte dei richiedenti.
Malgrado la nuova proposta della Commissione e gli sforzi della Presidenza del Consiglio dell’Unione Europea al fine di favorire un compromesso, non è stato possibile superare le divergenze sul regime linguistico.
Ciò è stato provocato soprattutto a causa della netta posizione di contrarietà di Italia e Spagna che, in sede di Consiglio, hanno posto il veto, impedendo in tal modo l’adozione del regolamento.
Vista l’impossibilità di conseguire entro un periodo di tempo ragionevole l’obiettivo di istituire una tutela brevettuale unitaria a livello UE, su richiesta di dodici Stati membri (Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Slovenia, Svezia e Regno Unito), la Commissione ha chiesto al Consiglio di autorizzare una cooperazione rafforzata per l’istituzione di una tutela brevettuale unitaria.
Successivamente anche Belgio, Austria, Irlanda, Portogallo, Malta, Bulgaria, Romania, Repubblica ceca, Slovacchia, Ungheria, Lettonia, Grecia e Cipro hanno chiesto di prendere parte alla cooperazione rafforzata.
Si ricorda che, analizzando sommariamente la posizione di netto contrasto espressa dal Governo italiano, in seguito all’esame della proposta di regolamento sul regime di traduzione del futuro brevetto dell’UE, il 22 dicembre 2010 la Commissione Attività produttive ha adottato un documento finale che, unitamente al parere della Commissione Politiche dell’UE, è stato trasmesso alle Istituzioni europee nell’ambito del cosiddetto “dialogo politico informale”.
In particolare, è stato sottolineato che l’opzione proposta di utilizzare solo inglese, francese e tedesco appare, oltre che palesemente contraria al principio della parità di trattamento tra tutte le lingue ufficiali dell’UE stabilito dal TFUE, risulta anche essere in grado di creare ingiustificate sperequazioni tra le imprese italiane e le imprese dei Paesi le cui lingue fanno parte del regime di traduzione proposto.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Dal brevetto comunitario al brevetto UE

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Informazioni tesi

  Autore: Maria Rando
  Tipo: Tesi di Specializzazione/Perfezionamento
Specializzazione in Diritto dell'Unione Europea
Anno: 2011
Docente/Relatore: Marina Castellaneta
Istituito da: Università degli Studi di Bari
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 88

FAQ

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