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Da Weber a Thompson : uno studio sul concetto di razionalità nella storia del pensiero organizzativo.

Herbert Simon : rivoluzione dei principi classici e i processi decisionali

Herbert Simon (1906 – 2001) è stato premio Nobel per l’economia, sociologo e uno dei principali fondatori dell’analisi dei processi decisionali. Egli riconosce, per il sostegno dei suoi studi, importanti debiti intellettuali a Barnard li riafferma più volte durante la sua carriera.
Simon, nel campo del pensiero organizzativo, rappresenta fin dagli anni ’40, la maggior alternativa teorica al funzionalismo e la sua scuola viene chiamata “comportamentista” per sottolineare che il suo oggetto di analisi sono i comportamenti umani all’interno delle organizzazioni. Secondo gli studi del settore ciò che, quindi, realmente rende importante e Simon e il suo lavoro è la rivoluzione che egli apporta al modo di concepire le organizzazioni e il comportamento al loro interno. Questa rivoluzione può essere spiegata articolandola in tre punti fondamentali:
a) Una nuova visione per lo studio delle organizzazioni. Simon critica l’idea di un’organizzazione descritta come un’entità che assegna semplicemente dei ruoli, in quanto, con uno schema di questo tipo, è impossibile osservare il comportamento (l’agire razionale) dei membri. Per far ciò è necessario quindi iniziare l’analisi partendo dagli uomini che fanno parte dell’organizzazione e che, all’interno di essa, sono posti di fronte a continue decisioni, che rappresentano l’oggetto fondamentale della conoscenza organizzativa. Simone introduce quindi , come nuova e più specifica unità di analisi, la “premessa” e afferma che “ogni decisione dipende da molte premesse che sono numerose nella definizione di un solo ruolo” (Simon,1947). La nuova visione intende quindi l’organizzazione come un’entità nella quale i membri prendono delle decisioni coordinate tra loro, e che quindi essa ha uno schema che “fornisce a ogni appartenente al gruppo buona parte dell’informazione, delle premesse, degli obiettivi e degli atteggiamenti che influenzano le sue decisioni”.
b) L’uomo ha una “razionalità limitata”. Simon rivoluziona l’idea classica, secondo cui l’uomo è un individuo perfettamente razionale, introducendo il concetto di “limiti oggettivi della conoscenza”. Questi limiti, dovuti alla formazione culturale, alle preferenze, all’incertezza, all’impossibilità di considerare troppe variabili insieme (cause, conseguenze), portano quindi l’individuo a prendere delle decisioni non in condizioni di “massima” razionalità, ma solo con “sufficienza”.
c) Il modello di equilibrio tra “incentivi e contributi” proposto da C. Barnard, va ri-esaminato tenendo conto dei due punti precedenti della rivoluzione simoniana. Quindi l’equilibrio precedentemente descritto, è formato da decisioni prese in modo razionalmente limitato.
Nei suoi studi, finalizzati alla rivoluzione e alla riformulazione dei principi classici, Simon, all’interno della sua opera più significativa, Administrative Behavior (1947), propone una dura critica ai principi “cardine” dell’amministrazione, così come venivano esposti dalla scuola classica, cioè come dei punti universalmente validi.
Primo di questi principi è quello secondo cui, attraverso una specializzazione del lavoro, l’efficienza del lavoratore aumenti.
Simon sostiene che i membri di un’organizzazione si specializzano in due modi diversi: specializzazione in una data funzione e specializzazione su una determinata area. Dato che,nelle teorie classiche, non viene descritto quale dei due criteri di specializzazione sia il migliore, esse non possono costituire un principio amministrativo valido.
Continuando nell’analisi, viene criticato il principio di “unità di comando”, nel quale si sostiene, che per un miglior rendimento, l’individuo debba ricevere le direttive soltanto da un unico superiore. Questo principio è considerato incompleto, in quanto, a causa dell’esistenza di moltissime tipologie di competenza, è impossibile affidare il controllo unico delle operazioni ad un solo dirigente.
Altro principio criticato è quello di “controllo”, secondo cui “più i gruppi sono piccoli tanto più è facile controllarli e quindi maggiore è l’efficienza. Applicare tale principio, significa optare per una struttura a maglie strette le quali devono essere coordinate in modo da garantire le comunicazioni verticali e orizzontali. Tale principio contrasta con un altro secondo cui l’efficienza aumenta se si riduce il numero dei livelli amministrativi attraverso i quali passano le comunicazioni (Bonazzi ,1989).
L’ultima critica di Simon interessa il principio secondo cui, se il personale è “raggruppato” per fine, procedimenti, clientela e territorio, viene ad aumentare l’efficienza. Questo no è possibile in quanto i risultati prodotti da tre di questi criteri, porteranno sempre al “fallimento” del quarto( sono criteri concorrenti).
Terminata la critica a questi punti della teoria organizzativa classica, Simon continua il suo lavoro quest’ultime affrontato precedentemente, mette in evidenza e tratta due importanti categorie di giudizi: quelli “di fatto” e quelli “di valore”.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Da Weber a Thompson : uno studio sul concetto di razionalità nella storia del pensiero organizzativo.

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Informazioni tesi

  Autore: Simone Pascal
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze politiche e delle relazioni internazionali
  Relatore: Stefania Palmisano
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 39

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