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Ricostruzione massmediatica di quattro casi di omicidio-suicidio in Romagna

Premesse metodologiche della ricerca e inquadramento dell'omicidio-­suicidio

Dopo questa breve introduzione, con la quale ho cercato di inquadrare il tema dell'elaborato, passo a riportare i risultati scaturiti dall'analisi delle edizioni locali di due delle principali testate giornalistiche regionali, il Resto Del Carlino e La Voce di Romagna, nonché dei siti web Quotidiano.net, RomagnaOggi.it e Liquida - che raccoglie notizie da vari blog - per evidenziare in che modo tali delitti vengono analizzati in base ad alcune variabili: quantitative, ossia il totale degli articoli pubblicati e le loro dimensioni, nonché lo spazio riservato alla vittima, all'autore, al movente e all'eventuale relazione tra i due attori; qualitative, ossia relative, in riferimento alle sole fonti cartacee, alla posizione riservata all'evento all'interno del giornale e, più in generale, allo spazio destinato agli aspetti riguardanti la meccanica dell'evento, ad esempio arma e luogo del crimine.
Infine, ho confrontato le informazioni in mio possesso con le statistiche elaborate dall'Eures che, inserite nell'omonimo “Rapporto Eures-Ansa 2009”, fanno riferimento ai delitti familiari verificatisi fra il 2000 e il 2008 sul territorio nazionale, per evidenziare eventuali analogie e/o differenze con i casi da me considerati, avvenuti nel biennio 2008-2010, e scelti, fra i numerosi avvenuti in Emilia-Romagna nel medesimo intervallo temporale, in base a tre parametri:

- topografico, avendo focalizzato la mia attenzione solo su fatti avvenuti in Romagna, in particolare nelle province di Rimini e Ravenna;

- metodologico, avendo optato per eventi per i quali è stato possibile reperire almeno due articoli da ogni fonte considerata;

- criminodinamico, avendo scelto solo casi di omicidio-suicidio, che si sono cioè conclusi con la morte di entrambi gli attori.

Quest'ultima fattispecie delittuosa rappresenta, a mio avviso, la sublimazione dell'insicurezza e della sfiducia nel futuro, tanto in un contesto macro come la comunità di riferimento quanto in uno micro come la famiglia, nonché della impossibilità, qualora si perdano punti di riferimento importanti sia a livello lavorativo che affettivo-relazionale, di costruirne di nuovi e ancor più solidi.
Soffermandoci sulle dinamiche interpersonali familiari, l'omicidio-suicidio non va inteso come atto di amore o di altruismo, bensì di disagio e disperazione, raramente causato
o aggravato da una ben strutturata instabilità psicopatologica. Focalizzando la nostra attenzione sui casi esaminati, possiamo identificare quale elemento comune la percezione da parte del soggetto agente di un opprimente senso di angoscia e di minaccia per la propria esistenza.
Tale sensazione può così proiettarsi e concretizzarsi nel gesto estremo su due gruppi di individui: il primo è rappresentato da coloro che, senza colpa alcuna, vengono fagocitati dalla distorta rappresentazione di realtà dell'agente che, spinto da uno pseudo-senso di altruismo, ne vuole alleviare le sofferenze dovute a patologie invalidanti e/o terminali. A questa categoria appartengono quegli omicidi-suicidi che gran parte della letteratura americana classifica come dipendenti-protettivi, in cui la scintilla che spinge all'azione è identificata nella paura di non essere più capaci di mantenere un certo status quo che poggia su una realtà altamente stressogena e distorta da isolamento, frustrazione e, in alcuni casi, da una componente psicopatologica a polarità depressiva.

Il secondo gruppo è invece costituito da coloro che, legati all'omicida da vincoli di parentela di grado variabile, subiscono una sorta di trasfigurazione identitaria, diventando, agli occhi dell'autore, i principali responsabili del proprio insuccesso, coloro su cui sfogare rabbia e disperazione nel modo più violento possibile, talvolta ricorrendo ad armi improprie -o addirittura ponendo in essere condotte di overkilling -per annientare totalmente il proprio obiettivo, involontariamente ipostatizzato a capro espiatorio.

Esaminando la realtà italiana nel range temporale compreso fra il 2000 e il 2008 in base al Rapporto Eures 2009, possiamo constatare l'assenza di un trend lineare del fenomeno, dato che dei 339 eventi registrati in tale intervallo di tempo, l'acme è raggiunto nel biennio 2002-2003, mentre il nadir in quello successivo(2004-2005): a questo segue un andamento altalenante, con un ulteriore incremento dei casi nel 2006 e una successiva tendenziale diminuzione nei due anni seguenti.
Analogamente, il numero delle vittime sembra essere in un rapporto di diretta proporzionalità con quello degli eventi registrati, essendo maggiore nel biennio 2002-2003 e nel 2006 per poi ridursi progressivamente fra il 2007 e il 2008.
Inoltre, la maggiore peculiarità dell'omicidio-suicidio riguarda il suo stretto legame con i delitti di prossimità, fra cui quelli consumatisi in ambito familiare che rappresentano la quasi totalità dei casi censiti nel range 2000-2008. Analizzando più specificamente la relazione tra vittima e autore all'interno della fattispecie delittuosa in esame, possiamo osservare come siano proprio le relazioni fra i membri dello stesso nucleo familiare quelle maggiormente a rischio, in particolare fra coniugi o conviventi e fra genitori e figli.
Proprio in correlazione col setting risultato prevalente e passando alla valutazione del profilo della vittima, si nota come siano le donne, soprattutto nella fascia d'età fra i 35 e i 44 e sopra i 64 anni, a soccombere alla violenza dell'aggressore che, come abbiamo già sottolineato, risulta essere solitamente un familiare di sesso maschile.
Per quanto riguarda la distribuzione geografica, analogamente a quanto rilevato per i delitti domestici, l'omicidio-suicidio si concentra soprattutto nell'Italia settentrionale, in particolare nell'area orientale, verificandosi in misura minore nelle regioni centro-meridionali e nelle Isole.

Cattolica, Vergiano, San Romualdo e Rimini: quattro delitti e nove persone cadute; quattro autori, tutti di sesso maschile; cinque vittime, di cui quattro donne.
Tre tipi differenti di arma: un fucile, due pistole e una balestra.
Quattro diversi moventi, accomunati dall'irrefrenabile impulso dell'assassino di eliminare
persone a cui era legato affettivamente: una moglie, una compagna e una probabile futura suocera, un figlio e una nipote. Quattro suicidi: tre avvenuti nello stesso luogo in cui poco prima si è consumato l'omicidio, uno a distanza di ore e di chilometri dalla scena del delitto. Quattro casi rapidamente archiviati.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Ricostruzione massmediatica di quattro casi di omicidio-suicidio in Romagna

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Informazioni tesi

  Autore: Daniele Genick
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze sociologiche
  Relatore: Roberta Bisi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 44

FAQ

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Parole chiave

famiglia
relazioni familiari
sociologia
criminologia
fatto sociale
criminodinamica
medicalizzazione
omicidio-suicidio
spettacolarizzazione massmediatica del crimine
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