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Il trattamento penitenziario dello straniero

La mediazione culturale

Tra le novità introdotte dal nuovo Regolamento Penitenziario, la più significativa, a fronte dei seri problemi concernenti le condizioni di trattamento dei detenuti stranieri, fin qui esposti, è la figura del mediatore culturale.
L'art. 35 co. 1 Reg. Es. prevede che "nell'esecuzione delle misure privative della libertà nei confronti dei cittadini stranieri, si deve tener
conto delle difficoltà linguistiche e delle differenze culturali", incoraggiando, altresì, i contatti con le autorità consolari del loro Paese; il
comma 2 statuisce inoltre che "deve essere […] favorito l'intervento di operatori di mediazione culturale, anche attraverso convenzioni con gli
enti locali o con organizzazioni di volontariato".
Il mediatore culturale, più che il semplice interprete, appare infatti indispensabile al fine di garantire un livello minimo di comprensione e
interazione tra l'Amministrazione penitenziaria e i detenuti di lingua e cultura differente dalla nostra. Nella relazione illustrativa dello schema di regolamento, inoltre, l'intervento del mediatore culturale è considerato utile anche "per poter disporre interventi trattamentali spendibili nei Paesi d'origine dei condannati", verso i quali la maggior parte di essi, scontata la pena, saranno espulsi. La mediazione culturale rappresenta un valido strumento su più fronti: per comprendere il detenuto straniero, la sua cultura e i suoi comportamenti, per facilitare la sua relazione con gli operatori penitenziari e per aiutarlo a conoscere il contesto giuridico e culturale italiano. Da quanto emerge dalle visite effettuate da Antigone in alcuni istituti penitenziari, il carcere è palcoscenico di una spiccata conflittualità interetnica: come già accennato, molto frequentemente si tenta di risolvere il problema attraverso la divisione etnica delle celle. In alcune strutture penitenziarie si rileva il rifiuto dei detenuti italiani di dividere la cella con stranieri: tale rifiuto, in particolare nella casa di reclusione di Padova, è attribuito al fatto che i detenuti stranieri hanno solitamente rapporti più tesi con gli agenti di polizia penitenziaria. In molte altre carceri sono gruppi di stranieri a contrapporsi tra loro, originando risse ed aggressioni e inducendo i responsabili degli istituti a contenere gli episodi di violenza attraverso il distanziamento fisico dei detenuti: per esempio, nella casa circondariale di La Spezia sono frequenti gli scontri tra marocchini e tunisini, negli istituti penitenziari di Mantova e di Firenze le contrapposizioni avvengono tra magrebini e albanesi. Nei casi delle carceri di Bologna e di Trento emerge anche il problema dei conflitti intraetnici, ovvero tra detenuti provenienti da aree diverse dello stesso Paese: in particolare a Bologna tra tunisini di Tunisi e Sfax; a Trento, invece, tra gruppi di albanesi.
Alla luce di questi episodi, appare necessario l'intervento di figure professionali, quali i mediatori culturali, che possano favorire una maggiore conoscenza delle diversità culturali e incentivare il dialogo. Nelle regioni italiane sono stati proposti alcuni progetti: proprio di
recente, a Savona, per esempio, l'Arcisolidarietà Savona, il Distretto Socio-Sanitario 7 Savonese e la Casa Circondariale di Savona hanno promosso in data 28 ottobre 2008 il progetto "Interventi polivalenti di mediazione culturale, linguistica, sociale nel territorio di Distretto sociosanitario 7 savonese" il quale prevede la presenza del mediatore culturale, in generale a sostegno degli operatori sociali del distretto, per migliorare l'accoglienza delle famiglie straniere, superando le difficoltà di tipo linguistico e culturale, e in particolare a supporto dei minori stranieri iscritti alle scuole del savonese e dei cittadini stranieri ospiti della Casa Circondariale di Savona. In quest'ultimo specifico contesto il ruolo del mediatore culturale è quello di "promuovere l'attivazione di percorsi di accoglienza e supporto alle persone che accedono alla detenzione, azioni educative realizzate nell'ambito dell'area trattamentale del carcere, funzioni di raccordo, comunicazione ed accompagnamento dei detenuti in fase di dimissione verso i servizi territoriali e dello sportello informativo". Il progetto inoltre offre l'opportunità di avviare al lavoro cittadini di origine straniera, che hanno ottenuto la qualifica di mediatore culturale con i corsi promossi dalla Provincia di Savona nel 2003 e nel 2007.
La mediazione culturale, infatti, se da un lato consente di far fronte alle problematiche connesse all'interculturalismo, dall'altro offre importanti possibilità di lavoro agli immigrati: c'è chi sostiene che il lavoro del mediatore culturale dovrebbe essere di dominio degli stranieri, in quanto sarebbero gli unici, specie in situazioni delicate, a poter comunicare davvero con altre persone straniere; inoltre, questa professione è considerata dagli immigrati l'unico "lavoro di qualità" che possono svolgere "senza che un italiano li scavalchi e senza la necessità di compiere il lungo (spesso impossibile) percorso del riconoscimento della propria laurea o professione". Un altro esempio per quanto riguarda importanti progetti attivati nell'ambito della mediazione culturale è il caso dell'Emilia Romagna, dove, a seguito della sigla di un Protocollo d'intesa tra la Regione e il Provveditorato dell'Amministrazione Penitenziario, ha preso il via, già nel 1998, il progetto regionale "Sportello informazioni e acceso ai diritti per immigrati detenuti", articolato in due livelli: nell'apertura di sportelli informativi rivolti ai detenuti immigrati all'interno delle carceri regionali e nell'organizzazione d'incontri seminariali sul tema "mediazione.carcere-immigrazione" rivolto agli operatori penitenziari. Il progetto ha previsto la presenza, all'interno degli sportelli informativi, di mediatori culturali di lingua araba e albanese, di operatori legali e degli enti locali al fine di effettuare colloqui con i detenuti, di fornire loro le necessarie informazioni rispetto a documenti, permessi, posizione giuridica, di facilitare i collegamenti con gli operatori penitenziari e i servizi territoriali, di orientare i detenuti rispetto alle possibilità di reinserimento, di svolgere una funzione di supporto e di accompagnamento e di contribuire ad alleggerire il clima comunicativo, in grado di contenere la loro angoscia e di rassicurarli. Inoltre, il giudizio sul ruolo del mediatore culturale è stato in generale molto positivo: i detenuti stranieri si sono dichiarati sollevati dal fatto di poter parlare nella loro lingua con qualcuno che li capisse e di parlare di sé con un immigrato che potesse comprendere le sofferenze della migrazione. Altri invece si sono espressi in modo critico nei confronti del mediatore culturale: alcuni hanno chiesto che si facesse conoscere meglio, altri, guardando con sospetto, hanno supposto che fosse un collaboratore della polizia, altri ancora hanno denunciato la mancanza di spazi e di mezzi
all'interno del carcere necessari al suo intervento.
Alla luce di tali considerazioni, al fine di rendere, ove esistente, più efficiente il servizio offerto dagli sportelli informativi potrebbe essere utile tenere conto dei suggerimenti che provengono proprio dai detenuti: estendere gli orari di apertura degli sportelli e la presenza di mediatori, avere mediatori di più nazionalità, fornire in modo maggiore assistenza concreta, sostenere di più il detenuto soprattutto nelle richieste di lavoro e garantire la presenza dei mediatori nelle sezioni dell'istituto penitenziario.
Il ruolo del mediatore culturale all'interno del carcere dovrebbe essere, in generale, quello di sopperire alle carenze del nostro sistema che nonostante garantisca l'uguaglianza formale tra detenuti italiani e detenuti stranieri nelle norme concernenti il trattamento, non è in grado di garantire l'uguaglianza sostanziale costituzionalmente intesa. E' importante, quindi, attuare degli interventi che possano rimuovere
quegli ostacoli che, come esposto nei paragrafi precedenti, impediscono di fatto la parità tra stranieri e autoctoni per quanto concerne le opportunità trattamentali.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il trattamento penitenziario dello straniero

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Informazioni tesi

  Autore: Deborah Attene
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2007-08
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze del servizio sociale
  Relatore: Barbara Giors
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 124

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Parole chiave

extracomunitari
immigrati
carcere
stranieri
trattamento penitenziario
ordinamento penitenziario
funzione rieducativa
diritto penale e penitenziario

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